Capitolo 3

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«Gli amminoacidi sono l'unità formante delle proteine, sono molecole organiche relativamente piccole in cui a un atomo centrale di carbonio sono legati un atomo di idrogeno, un gruppo carbossilico acido, un gruppo amminico basico e un gruppo variabile...Ehi, ma mi stai ascoltando?»

Alzai lo sguardo con fare annoiato dal foglio di carta che avevo di fronte. In teoria dovevo prendere appunti su quello che stava dicendo, in pratica stavo scarabocchiando con la penna disegni senza alcun senso. Akira era di fronte alla lavagna la mano ancora sospesa nel gesto dello scrivere.

Aveva già abbozzato quella che pareva una struttura chimica a me del tutto sconosciuta. Forse era per via del mio immenso odio nei confronti di quella materia. L'unica che mi interessava era l'anatomia e nello specifico il sistema muscolare dato che a un calciatore poteva venir comodo conoscere i muscoli implicati nel movimento. E ancora forse quello respiratorio e circolatorio. Quindi delle molecole organiche, inorganiche poteva fregarmene poco o niente. Anche di carboidrati e simili l'importante per me era solo sapere quanti mangiarne per mantenere una forma pressoché perfetta per le prestazioni. Poi come fossero fatte era una cosa di poco conto. Era già il terzo giorno di tortura e ancora continuava a pretendere la mia attenzione. Ancora non aveva capito che non mi fregava nulla di tutto quello?

Akira emise un sospiro che mi parve di stizza ma finsi di non averlo intuito.

«Qualche problema sensei cinese?»

Lui mi rifilò un'occhiataccia a cui risposi con un sorrisetto impertinente.

«Ti ho già detto che non sono cinese? Mi dà un po' fastidio essere considerato tale».

«Che differenza ci sarebbe? Avete tutti gli occhi a mandorla e un colorito itterico».

Akira mi scoccò un'occhiata più intensa e si, guardandolo mi rendevo conto che il suo colorito non era affatto come l'avevo appena descritto. In verità non volevo sembrare offensivo, le mie parole dovevano solo avere il potere di irritarlo e così rinunciare a quella che mi pareva una tortura mentale. Ma davvero sperava di farmi imparare tutte quelle cose in un mese scarso? Tra l'altro oltre a quelle perse doveva anche spiegarmi quelle che mi stavo perdendo in quei giorni, rendendo l'impresa umanamente impossibile. Perché allora continuare con questa farsa?

«Dimmi Luca, a te non darebbe un certo fastidio se ti dessero del francese, o dell'inglese?»

Del mangiatore di baguette e bevitore di thè? Eh certo che mi avrebbe irritato.

Glielo dissi e lui di tutta risposta mi regalò un pallido sorriso, anche se continuavo a scorgere l'irritazione in fondo ai suoi occhi.

«Questo è essenzialmente simile. Come può dare fastidio a me potrebbe farlo anche a un cinese o coreano. Per cui ti pregherei di smetterla». Fece un sospiro e aggiunse: «Senti, so che per te è difficile ma non pensare che per me sia una passeggiata cercare di condensare il programma fatto in così poco tempo. Siamo tutti e due sulla stessa barca e ci terrei molto che collaborassi anziché rendere le cose difficili».

Oh, ma allora Occhi a Mandola aveva capito qual era il mio obiettivo.

«Se per te è così pesante perché hai accettato? Nessuno ti ha costretto o sbaglio?»

Le sue goti si colorarono di un tenue rosso come se fosse un imbarazzo. Oh, avevo toccato un nervo scoperto.

Lui aprì la bocca due, tre volte prima di parlare.

«Anata ga totemo suki*» mormorò a voce talmente bassa che quasi mi ero perso le sue parole, pronunciate senza dubbio in quella che era la sua lingua madre assieme all'italiano. Trovavo, però, irritante il fatto di non averci capito un accidenti.

È Tutta Una Questione di ChimicaDonde viven las historias. Descúbrelo ahora