Capitolo 27

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Convincere i prof che stessi male fu una bazzecola. Feci finta di dover rimettere sulla cattedra a cui mi ero affiancato, simulando un mal di pancia di proporzioni epiche.

Come avevo immaginato la prof indietreggiò inorridita dalla possibilità che le potessi rimettere sul suo maglioncino bianco e mi fece firmare la giustificazione d'uscita. Che bello essere maggiorenni.

Chiamai in fretta un taxi in modo da poterlo trovare appena uscito da scuola. Raccolsi le mie cose, nessuno si premurò di aiutarmi a parte Gianbattista e non appena uscì dalla classe, sotto lo sguardo timoroso della prof e incuriosito dei miei compagni, finsi ancora un po'. Se dovevo farlo era meglio in grande stile.

Appena uscito dell'edificio ruppi ancora una volta le scatole allo Stronzo per farmi rivelare dove fosse seppellito Fabio e anche in quel caso, dopo futili manie di protagonismo, riuscì a strappargli quella preziosissima informazione, la mia meta dove avrei trovato Akira.

Non dovetti aspettare molto prima che il taxi si fermasse proprio di fronte all'entrata e subito mi incamminai verso la vettura. Sulle prime l'autista mi fissò male pensando che fosse uno scherzo ma quando si rese conto che ero io il suo cliente non abbandonò il suo atteggiamento burbero. Mi fece salire e con malagrazia piegò la sedia a rotelle quasi gettandola nel bagagliaio. Speravo che non me l'avesse rotta sennò addio alla semi indipendenza che avevo acquisito, almeno fino a quando non avrei imparato del tutto a muovermi con le protesi.

La destinazione era il cimitero degli Angeli, appena poco distante da quello per adulti della Castagna, abbastanza infilato su per i bricchi.

Speravo che la struttura non avesse barriere architettoniche che mi impedissero di girare con tranquillità.

Giunti a destinazione pagai il taxista che prese i soldi con malagrazia prima di sgommare via.

L'entrata del cimitero non era proprio come quella che si vedeva nei film e neppure si respirava quell'aria pesante satura di morte. Di certo questo non sarebbe stato il massimo come scenario da horror, eppure si avvertiva che non fosse un luogo di piacere.

Appena prima della mia prima meta erano presenti quattro piccoli banchetti che vendevano fiori, più crisantemi ma anche altre specie di fiori che le persone potevano acquistare per i propri cari.

Non appena mi avviai verso l'entrata subito fui preso d'assalto da questi venditori che quasi facevano a gara per vendermi i loro prodotti. Tranne l'ultimo, un ragazzo dai capelli bianchi e una benda di stoffa a coprirgli gli occhi. Forse portare dei fiori non sarebbe stata una cattiva idea. Presi coraggio e mi avvicinai a quest'ultimo.

Subito avvertì gli altri bisbigliare alle mie spalle commenti del tipo: «Ma davvero vuole andare a comprare dal Mostro dell'a...» mormorando l'ultima parola talmente piano che me la persi. Vabbè.

Prima che potessi avvisarlo della mia presenza sbuccò da dietro il banco un labrador nero con una struttura particolare al posto del comune guinzaglio, che mi si avvicinò talmente in fretta da farmi sussultare.

«Cosa c'è Nemo?» domandò il ragazzo perplesso. La sua voce era leggera, doveva avere al massimo ventitré-ventiquattro anni.

Feci due carezze dietro alle orecchie del cane che si allontanò soddisfatto prima di parlare.

«Vorrei acquistare dei fiori. Ma non saprei...»

Il ragazzo si voltò completamente verso di me e potei vedere così il volto deturpato da impressionanti cicatrici che gli solcavano il volto come fossero lacrime, e una di queste increspava anche l'angolo della bocca. Avevo visto solo in una foto che il prof di chimica si era azzardato a mostrarsi quando avevamo parlato degli effetti di acidi e basi. Quelle erano ustioni da acido.

È Tutta Una Questione di ChimicaWhere stories live. Discover now