Capitolo 4

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Quando sentì mia madre bussare ritmicamente alla porta di camera mia avrei tanto voluto conoscere tutte le lingue del mondo per imprecare a dovere.

Ma doveva rompermi alle...otto del mattino di sabato? Ma si era fatta di qualche stupefacente negli ultimi tempi, oppure soffriva d'insonnia?

«Luca sei sveglio?»

"Adesso si" pensai acido, e di tutta risposta borbottai un debole assenso, intuendo che quel giorno non avrei più potuto sprofondare con la testa sul cuscino.

«Molto bene. Allora vieni in cucina a fare colazione. Ma fa presto che ti sta aspettando».

Aspettando chi?

Non ricordavo di dovermi vedere con qualcuno dato che nessuno dei miei amici si era più fatto vivo dopo l'incidente. Anzi no, per l'esattezza si erano presentati una sola volta in ospedale dopo che avevano smesso a tenermi buono con le benzodiazepine. Ancora ricordavo gli sguardi ricolmi di pietà e disgusto tanto che ero stato io in malo modo ad allontanarli se la mia presenza li disturbava. In cuor mio sapevo che molte amicizie erano dovute solo alla mia fama ma almeno speravo che il mio migliore amico e la mia ex mi rimanessero affianco in quel momento, ma così non era stato.

E poi ero stanco morto. Quella settimana Akira mi aveva sottoposto a un'estenuante tortura fatta di tutte le materie condensate. Si passava da inglese a chimica più velocemente della corsa di Flash, e sebbene non avessi voglia di ascoltarlo dovevo ammettere che spiegava molto meglio dei prof, ma questo non gliel'avrei rivelato neanche sotto tortura. Ma ciò non toglieva che era umanamente impossibile stare dietro a così tanta roba. Fatto sta che mi ero ritrovato interamente prosciugato di qualunque energia che avevo tutta l'intenzione di riacquistare durante il weekend.

Ancora imbambolato dal sonno mi allungai verso la sedia a rotelle su cui mi sedetti e dopo essere uscito dalla camera mi diressi verso il bagno per sciacquarmi il viso. Solo il contatto con l'acqua fredda aveva il potete di riportarmi alla realtà, almeno quel poco per fare le azioni basilari. Non ero il tipo che si accontentava di otto ore di sonno. Anche se da dopo l'incidente avevo fatica ad addormentarmi, ed era per questo che al risveglio sembravo peggio di uno zombie, e anche a mangiare. Chi mi seguiva li aveva bollati come sintomi da stress post trauma, ma sinceramente non me ne fregava nulla.

Dopo essermi sciacquato il volto e fatto tutti i bisogni essenziali mi diressi in cucina per buttare giù qualcosa giusto per far contenta mia madre, oltre che cogliere il momento per chiederle chi mi stesse aspettando.

Ma sulla soglia della cucina avvertì la mandibola cascare di botto, e immaginai la mia somiglianza con un personaggio dei cartoni animati.

Seduto al tavolo di casa mia stava calmo e placido, come il mare prima della tempesta, Akira. Sedeva al tavolo e di fronte stava una tazza colma di latte e cioccolato (il mio cioccolato per l'esattezza) e a fianco, poggiata su un tovagliolo, una brioches. In quella che era la mia solita postazione trovai disposti lo stesso tipo di cibo.
Sembrava padrone assoluto della situazione e lo odiai per quello.

Dovette avvertire il mio sguardo assassino perché alzò lo sguardo e mi sorrise come fossimo amici di vecchia data.

Che stronzo.

«Buongiorno Luca. Dormito bene?» mi salutò gioviale, calcando le parole con la presenza di un sorriso che celava ben molti significati che non mi sarebbero piaciuti.

Che stronzo parte due.

La giornata si prospettava tra quelle da dimenticare assolutamente.

Mia madre arrivò in quel momento con in mano due tazzine di caffè fumante.
Non appena mi vide accennò un sorriso dolce. Che traditrice.

È Tutta Una Questione di ChimicaWhere stories live. Discover now