Capitolo 29

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Tornare alla solita quotidianità era tutto fuorchè normale.

Il fatidico giorno dopo mi svegliò il solleticare di qualcosa di morbido che mi strofinava la faccia.

«Mamma, ma ti pare il caso di spolverarmi di primo mattino?» bofonchiai irritato, con un sonno cane visto che avevo passato la maggior parte della notte a metabolizzare ció che era successo, e non appena aprì gli occhii ritrovai il didietro di Freddy a poca distanza dalla faccia.

«Ma che caz...Freddy!»

Il gattino spaventato saettò per terra andandosi a nascondere nella cesta dei vestiti sporchi.

Mi passai una mano sulla faccia e gettai un'occhiata verso la sveglia e per poco non mi soffocai con la saliva.

«Merda! Sono in ritardo!» scattai sedendomi sulla sefia a rotelle, sfrecciando, con la velocità che mi era consentita, in bagno.

Di fronte allo specchio cercai di assumere un aspetto decente aggiustandomi un po' i capelli, nel mentre cercando di capire come comportarmi.

Ok, io e Akira non eravamo più solo amici ma non eravamo neanche una coppia...o si?

Cos'eravamo di preciso?

Akira mi aveva fatto giurare di non dire ad anima viva e morta (puntualizzato dopo una mia pessima battuta di spirito) quello che c'era tra noi, per questo dovevamo comportarci come se non fosse successo nulla.

Più facile a dirsi che a farsi.

Sopratutto adesso che potevo non nascondere i miei sentimenti nei suoi confronti. Se il mondo fosse stato migliore non avremmo avuto questi problemi.

Con stizza uscì dal bagno e recuperai un croissant, sentendomi subito dopo in colpa. Avevo deciso che avrei ripreso ad allenare i muscoli, in vista del mio uso imminente e speravo più duraturo delle protesi, e questa colazione non aiutava il mio metabolismo. Prima dell'incidente ero molto attento a ciò che ingerivo, come ogni bravo atleta, ma negli ultimi tempi mi lasciavo alla tentazione peccaminosa dei dolci.

Oh...al diavolo! Non mi sarei privato di una simile prelibatezza. Forse il giorno dopo sarei tornato in carreggiata ricominciando a cibarmi come dovevo. Ma non era quello che avevo promesso anche il giorno prima, e quello precedente...?

Forse dovevo sul serio dare retta ai segnali che lanciava il mio corpo in segno di protesta per questi sgarri.

Dopo essere tornato in camera e vestito e recuperato lo zaino, uscì di casa trovando mia madre ad aspettarmi vicino all'auto per accompagnarmi come al suo solito e, dopo che mi accomodai all'interno e lei ebbe chiusa la sedia a rotelle e la portiera, partì di fretta, forse perché eravamo in notevole ritardo.

«Com'è andata ieri con Akira?»

Per poco non mi strozzai,  per la seconda volta in quella giornata, con la saliva. Cosa potevo raccontarle? Avevo promesso ad Akira che il nostro rapporto sarebbe rimasto nascosto fino a quando non avremmo scelto il contrario.

«Bene. Come al solito credo» mi limitai a dire voltandomi in modo da portare tutta la mia attenzione verso l'esterno. Vidi fugacemente l'espressione delusa e un po' triste di mia madre riflessa sul vetro, ma era meglio così. Non sapevo come sarebbe andata a finire se avesse saputo la verità ma conoscendola avrebbe detto tutto a mio padre e l'avrebbe spalleggiato. A stento lui aveva accettato la mia condizione dopo l'incidente, ma se avesse saputo di Akira mi avrebbe sbattuto fuori casa senza troppi preamboli.  Meglio che soffrisse per la mancanza di dialogo che la mancanza completa di un figlio.

Giunti alla meta in un silenzio assordante, parcheggiò appena poco distante dall'entrata. Mi aiutò il minimo indispensabile, come le avevo chiesto fin dall'inizio, e mi salutò fugacemente prima di andarsene.

È Tutta Una Questione di ChimicaWhere stories live. Discover now