Capitolo 37 parte 1

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Rimanemmo in quella situazione per un tempo che parve infinito, ma in realtà non era passato altro che una manciata di secondi.

Il volto di Akira era un susseguirsi di emozioni.
Rabbia.
Collera.
Disperazione.
Terrore.

Quell'uomo aveva scatenato un uragano di emozioni tutt'altro che positive.

Mi permisi di osservarlo meglio, non appena si ebbe tolto il cappuccio. Era di mezza età dai capelli castano chiaro in po' brizzolati, occhi castano scuro che non mi sembravano estranei. Fu come essere colpiti con un pugno allo stomaco.

Era completamente diverso da Akira in cui prevalevano i tratti asiatici, ma qualcosa nello sguardo di quell'uomo me lo ricordava fin troppo.

Era leggermente più basso di Akira di qualche centimetro, forse dovuto anche dal fatto che stava con la testa china come a evitare il suo sguardo che si era riposato su di lui, ma di corporatura più massiccia.

Mi balenò nella mente la tremenda visione di un Akira inerme a terra con l'uomo che lo sovrastava con tutta la sua stazza e la forza che doveva avere, vista la muscolatura definita e scolpita da ore in palestra.

«Sei davvero diventato alto» furono le sue prime parole.

La voce era sottile come un foglio di pergamena, affaticata, per nulla associabile al suo aspetto, eppure piena di un sollievo che non mi sarei mai aspettato.

«Cosa ci fai qui?»

Non avevo l'avevo mai sentito usare quel tono e mi fece rabbrividire e preoccupare non poco.

«Sono venuto per Marta. Dovrei parlarle».

«Non è in casa» fu la risposta laconica. Si percepiva lontano un miglio che volesse sbattergli la porta in faccia, ma non lo fece. Akira era davvero troppo una brava persona. Al contrario, se ci fossi stato io l'avrei fatto senza troppe cerimonie, magari accompagnando il tutto con qualche insulto colorito contornato da un dito medio come conclusione.

«Capisco. Bè, mi fa piacere vederti».

Lo vidi allungare una mano verso il braccio di Akira ma lui si scansò come se si fosse ustionato, oppure come se avesse a che fare con l'Anticristo. O entrambe le cose. Dopo quello che gli aveva fatto era più che lecito non desiderare alcun contatto con quello str...individuo.

«Cosa ci fai qui veramente?»

Silenzio.

Passò qualche istante di tensione talmente palpabile che quasi si poteva toccare.

«Posso immaginare cosa ne pensi sull'argomento, ma sarei intenzionato a chiederle il permesso di poter vedere Maiko, almeno qualche ora alla settimana» parlò finalmente, e quasi avrei sperato che non lo avesse fatto.

Se non fosse che Akira era tutto fuorchè uno psicopatico o un vampiro, ero certo che gli sarebbe saltatonal collo.

«Davvero pensi che te lo permetterà?»
Si era messo tra me e lui, sulla difensiva.

«Sono vostro padre» ribattè lui, acquistando una maggior determinazione.

«Hai perso il tuo diritto di paternità quel giorno in cui mi hai quasi ammazzato di botte» gli ringhiò contro Akira.

«Ho sbagliato e me ne rendo conto. Sono anni che annego nei sensi di colpa». Si portò una mano al volto. «Cielo Akira. Rivedo sempre quel momento e per me é sempre una grande sofferenza. Se avessi la possibilità di tornare indietro e cancellare il passato lo farei».

Alzò lo sguardo verso Akira, cercando una comprensione, che non avrebbe mai avuto.

«Avresti dovuto pensarci prima» fu la sua laconica ribattuta.

È Tutta Una Questione di Chimicaحيث تعيش القصص. اكتشف الآن