Capitolo 12

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Arrivai alla pausa pranzo completamente esaurito e ancora ad aspettarmi avrei trovato altre tre ore. Sparatemi.

Fissavo inebetito di fronte a me, le mani che reggevano a mezz'aria il pezzo di focaccia che sarebbe stato il mio pranzo e che mia madre era andata a comprarmi mentre stavo facendo colazione. Incredibile ma vero, a volte si ricordava della mia presenza.

«Luca. Terra chiama Luca. Ci sei?»

La voce di Akira giunse alle mie orecchie di colpo e mi riportò alla realtà.

«Eh?» feci, senza dubbio con la tipica faccia da pesce lesso.

Akira mi stava osservando e dal suo viso dedussi che era da un po' che cercava di farmi tornare con i piedi per terra. Per fortuna quella piaga della sua fidanzata era assente e per questo avevamo il tavolo tutto per noi. Se avessi dovuto subire anche la tortura della sua compagnia mi sarei dato alla vita da eremita, anche se la paga non era un granché.

«Volevo chiederti com'è andata questa mattina. Non siamo ancora riusciti a parlare» volle sapere.

"Una merda. Quasi quasi mi rintano di nuovo a casa e mi faccio dare lezioni sa te" avrei tanto voluto rispondergli se non fosse che: 1. non essendo un professore ufficiale anche se mi avesse insegnato tutto non l'avrebbero considerato e avrei perso l'anno. 2. Non pensavo che Akira avesse questa gran voglia di tornare a farmi da tutor. 3. Non volevo dare ulteriori motivazioni alle persone di parlarmi dietro. Per questo avrei stretto i denti e sarri andato avanti dritto per la mia strada e avrei finito l'anno. Il problema sarebbe stato sopravvivere fino al termine delle lezioni e della maturità.

Mi accorsi di non aver risposto ad Akira che ancora attendeva paziente che gli rispondessi.

«Normale» minimizzai con una scrollata di spalle.

Lui innarcò un sopracciglio. «Normale non è proprio una risposta soddisfacente» replicò lui con un sorriso divertito.

«E che ti devo dire? Quelle piaghe dei professori mi hanno interrogato, abbandonato a me stesso anche se non per colpa mia. Insomma in verità é stata una vera e propria merda. Però ho preso un otto e un nove» dissi quasi tutto d'un fiato e trovai Akira a fissarmi abbastanza confuso.

Per questo feci un breve ripasso su quello che mi era capitato quella mattina oltre che il mio faccia a faccia con Faccia da Rospo.

«Che stronzo» se ne uscì infine Akira tanto che lo fissai con tanto d'occhioni.

Akira che diceva una parolaccia? Non gliene avevo mai sentite dire prima d'ora. Che fosse il segnale dell'imminente arrivo dell'apocalisse?

Dovette intuire i miei pensieri perché lui fece spallucce. «Che posso farci se é la realtà?»

«Non mi aspettavo che il mio sensei Cinese perfettino si abbassasse a certe espressioni» lo stuzzicai accompagnando le mie parole con un sorrisetto furbo prima di addentare nuovamente la focaccia.

Lui mi rispose con una beffa ma si vedeva che era divertito. Poi però si fece serio e mi fissò ardentemente negli occhi.

«Era tuo amico questo Ippolito?»

Mi bloccai a metà strada con il cibo e abbassai le braccia.

«Ci conoscevamo dall'asilo. Lui era un bambino sovrappeso che era isolato da tutti, Agnese invece preferiva i giochi maschili alle solite bambole e per questo non giovava con nessuno. Ma alla fine abbiamo legato profondamente. Io, lui e Agnese eravamo diventati un trio indistruttibile. Solo che...»

«Solo che cosa?» mi sollecitó lui incuriosito.

«Il nostro equilibrio nel gruppo si é un po' incrinato quando al primo anno mi sono messo con Agnese. Ma ciò nonostante Ippolito ha continuato a essere la mia ombra». Sospirai prima di riprendere il discorso. «So che non ho un carattere semplice ma non mi sarei mai aspettato questo doppia faccia. Non da loro che speravo riuscissero ad andare oltre le apparenze e apprezzassero il vero me».

È Tutta Una Questione di ChimicaWhere stories live. Discover now