xii. Iper musica

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Ivon strusciava le labbra contro la fronte di Mŏdis, accarezzandogli distrattamente i capelli.

Sahara sapeva che il professore non stava veramente baciando e coccolando una persona, ma una scatola di utilità: Ivon rimuginava su come estrarre il dataset dal cervello del mutante, ma SET risolse il problema, come se gli avesse appena letto nel pensiero.

«Signor Idra, suo figlio ha compiuto l'incursione che io ho sempre procrastinato. Saprò come decriptare le informazioni da Mŏdis a me

«Non basta,» mise in chiaro Ivon «leggerai il dataset per me, dato che Mŏdis ha tutta l'aria di voler restare in silenzio. Mi darai le risposte e io...» lasciò la frase in sospeso, come il destino che avrebbe potuto segnare.

Lui e Sahara si erano tolti il passamontagna dal volto, SET aveva preferito tenere la maschera antigas ancorata alla faccia.

«Prof, si tratta di concludere le nostre ricerche, vero?» volle sperare la studentessa.

«Esatto» Ivon la guardò, con due fuochi fatui negli occhi. «La fine di tutto, Sahara. Le nostre notti passate in bianco a mettere insieme pezzi di un'opera apparentemente senza senso... Mŏdis ha la chiave» e lo sussurrò dritto nell'orecchio a tre punte del mutante, che reagì facendosi venire la pelle d'oca e un profondo senso di repulsione.

«Otto metavelox di Accessori a settecento metri da noi, in rotta di collisione» annunciò l'androide, seduto al fianco di Arlo.

Il Linsen sfrecciava in automatico grazie al pilota satellitare. «Su quelle dannate moto da corsa si sentono immortali!» l'infermiere si asciugò il sudore con il dorso della mano, imponendo al Linsen di SET una maggior velocità.

Alle loro spalle, una schiera di poliziotti sfilava a centocinquanta chilometri orari; avevano tutti le braccia libere e armate. Le metavelox tra le loro gambe correvano fendendo il campo magnetico, talmente silenziose da essere subdole, per i fuggitivi: le sirene spente erano una tattica per arrivare a speronare il Linsen all'improvviso.

I tre attentatori erano riusciti a infilarsi nei condotti di scarico-solidi della Piramide; grazie alla fusione laser di SET avevano manomesso le sbarre di un tombino e, raggiunto Arlo, si erano resi conto della gravità della situazione: il colpo di Stato aveva reso deserte le ampie e rettilinee strade di Exo. I cittadini erano spariti pochi minuti dopo il coprifuoco, altra tattica della Polizia locale: senza le navette dei civili a occupare le vie, gli Accessori avrebbero raggiunto una spietata velocità.

«Ci stanno addosso, non potremo raggiungere il raccordo anulare, dannazione! E anche fosse, ci manderanno dietro una flotta di dischi volanti!» Ivon era riemerso dal suo stato di trance. «Sahara, com'è la situazione?»

«Esce meno sangue,» constatò la studentessa, tenendosi l'avambraccio ferito e tremante. Uno dei laser anti-uomo degli Accessori l'aveva lacerata di striscio, aprendole un modesto squarcio nella parte inferiore del braccio. SET le aveva fuso la carne in tre piccoli punti, per poi stringere con una striscia di camice strappato da dosso a Mŏdis. «Sto bene» stabilì la ragazza, con l'adrenalina in circolo sentiva ancora poco dolore.

Il Linsen compì una brusca svolta a sinistra, destabilizzando per qualche momento la rotta delle metavelox. «Alla peggio ci fermiamo, scendiamo e gliele suoniamo!» inventò Arlo, guardando SET. «Nella fondina ho la kimberlax di Den e due bombe a sfera sotto al sedile: possiamo far saltare in aria almeno una squadra!» propose, assuefatto dalla filosofia di Dente.

«Non posso nuocere ad esseri viventi» asserì l'IA.

Arlo scosse la testa, sdegnato, premette il piede sull'acceleratore olografico fino in fondo. «Sei un inutile scaldabagno, SET!»

Sindrome di LazzaroWhere stories live. Discover now