xiv. Mappa della problematica

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Mosso dall'urgenza, SET si era risparmiato le scale saltando e atterrando sulla pavimentazione davanti alla sfera energetica. Sapeva che le superfici dell'Antenna erano tutte superconduttrici. Dunque, lo fece: dal suo corpo utilizzato come cassa di risonanza partì un'onda in ogni direzione, bluastra, come il resto dell'alimentazione elettronica della sala. Una sola pulsazione e l'Antenna acquisì l'estensione per la trasmissione. Tutti i dati del Dottor Idra erano stati inviati nelle abitazioni, nelle scuole, negli ospedali e nei nervi di Madre.

Tutti seppero, e chi non volle capire o ascoltare fece forse la scelta migliore.

SET guardò le spie della sua carica, ormai al rosso. Non aveva tempo di rigenerarsi con la luce stellare, non c'era modo. Doveva arrendersi al proprio destino. Gli spinotti energetici dell'Antenna non erano compatibili con la fonte della sua alimentazione.

La diretta era stata interrotta a causa del tardo hackeraggio dell'Intelligence piramidale. Il protagonista della narrazione era ancora seduto lì, su quella poltrona, ma nessuno lo avvertiva del fatto che il suo sangue aveva superato le caviglie e creato una pozza al suolo. Ivon tremava, teneva ancora gli occhi fissi sull'orizzonte, mentre il suo volto cereo era finito tra le mani di Mŏdis.

«Non farmi questo, Ivon. Ti prego, ti supplico...» l'ittioide rischiava di morire con lui, ma di crepacuore.

Con un ultimo spasmo ingiustificato, Ivon si liberò dalla stretta di Mŏdis e appoggiò la guancia alla plancia di comando.

È così, eh? Un pianeta senza cupole... Ce l'hai fatta, Ivon, tutto ha senso per tutti... Me ne vado in pace.

Ivon restò così, col sorriso sulle labbra e gli occhi aperti, opachi.

«No! No, ti prego n-»

«Togliti di mezzo!» Arlo diede una spallata all'ittioide «non sopporto più i tuoi pianti isterici! Den!»

Dente trattenne Mŏdis e la sua sfuriata, preso in un vero attacco di panico. «Voi non capite! Lui è tutto quello che ho!» gridò il mutante, desiderando di morire a sua volta.

Arlo lo ignorò, trascinando Ivon al suolo invitò Den a dare uno spintone all'ittioide e a raggiungerlo sul corpo. «Premi sulla ferita» lo istruì, strappando e appallottolando un pezzo di stoffa. «Io faccio il massaggio cardiaco.»

Sul bel volto di Ivon campeggiava ancora un ghigno inquietante. Arlo glielo tolse, praticando le insufflazioni aderì alle sue labbra e gli spedì anidride carbonica nei polmoni, ma inutilmente.

«Hai finito di limonartelo? È stecchito, fra'!» sbottò il rosso, con le mani zuppe di sangue. «Il codice degli infermieri non prevede un massaggio cardiaco spacca costole?»

«Credo di avergliene già incrinata qualcuna» ammise Arlo, urgente. «Ma la sua bocca è tiepida e...» puntò due dita alla giugulare del professore. «Il cuore è nello stadio finale della fibrillazione, nonostante il massaggio. Mi dispiace, cazzo...»

Dente fu tentato di mollare un pugno in faccia a Mŏdis e farlo definitivamente smettere di urlare. Nel frattempo, SET li raggiunse col passo di un condannato sulle scale del patibolo. «È tutto. Tra pochi minuti Accessori e Moderatori ci avranno raggiunti

«Ma noi avevamo pensato a un piano di fuga, no? Qu-qual'era?!» Arlo si pentì di aver completamente affidato tutto all'androide ma questi, ancora una volta, non li deluse.

«Guardate alle vostre spalle

Oltre la vetrata della saletta, una piccola astronave affusolata e liscia come un pezzo di onice sembrava comparsa dal nulla. Ultra silenziosa, la sua arma magnetica s'incanalò in un puntatore che incrinò i vetri, fino a farli implodere e crollare giù in un perfetto moto verticale.

Sindrome di LazzaroWhere stories live. Discover now