ii. Città d'illusione

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«Prof, scusi il ritardo!»

«Fa niente, tanto ti boccio.»

Lo studente emise un lungo "no" di angoscia, infilandosi in fretta e furia la pesante tuta extracupola protettiva.

Sahara si godeva la scena mentre finiva di caricare le ultime bombole di ossigeno sul rover scrostato dal tempo, per poi sistemarsi al volante. Un altro paio di guidatori la imitarono e attesero il via.

«Bene, adesso ci siamo tutti?» ripeté Ivon, che detestava fare l'appello. «Ci hanno molto poco gentilmente concesso questi cinque EsoRover, noi siamo quaranta e ci sta tutto. Adesso, montiamo su questi scaldabagni e andiamo!».

Tra le risate degli studenti, altri tre oltre a Sahara e il professore sistemarono i caschi e avviarono i motori a biogas, ospitando ognuno fino a otto passeggeri per EsoRover, la valvola dell'anticamera stagna si aprì e furono fuori dall'atmosfera artificiale di Exo.

L'orizzonte sfumava fra i toni del rosa, del beige e di un rosso livido e tetro. Crateri più o meno ampi e profondi si estendevano intorno a loro, crepando la superficie del pianeta come il viso di un anziano, stanco e malato.

Folgar ribolliva di un'intensa attività vulcanica; caldere in collasso sbuffavano gas fin dall'inizio dei tempi, gonfiando e sgonfiando la crosta planetaria, fratturandola e rendendo molte aree inedificabili. Poi c'era il mare. Un brodo sconfinato, freddo e impraticabile, essendo composto in puro metano liquido.

L'oceano... basterebbe buttare un cerino acceso e il mondo brucerebbe in eterno... Rifletteva spesso Sahara, con il gusto per l'apocalittico.

Ivon alzò una mano guantata, gli altri quattro guidatori accolsero il segnale parcheggiando l'uno di fianco all'altro. «Qui va bene» confermò, mentre gli studenti scendevano dalle auto, muovendosi più o meno goffamente nelle tute.

«Sarebbe quasi romantico senza queste toppe di merda che escono dal suolo.»

«Linguaggio Savanna, linguaggio» l'appuntò il professore.

In molti notavano come il sedere di Ivon non fosse del tutto nascosto neanche da una tuta spaziale da escursionista, spessa mezzo dito e insozzata dai precedenti esploratori che l'avevano noleggiata. A un certo punto parve come se al professore prudesse il didietro, perché si voltò di scatto facendo trasalire gli occhi indiscreti. «Bene bene! Benvenuti alla pozza di Sporta. Vi ricordo che la sporta in sé è un ammasso idrocarburico che viene secreto dalle viscere del pianeta, raggiunge gli ottanta gradi in superficie, ed è compos... Non ve ne frega niente lo vedo, ed è quasi ora della merenda quindi prendete le siringhe e raccogliete i campioni. Due a testa, muovetevi!»

Gli studenti obbedirono, ringalluzziti, affrettandosi a mettersi all'opera. Ecco perché adoravano quell'uomo: non era mai noioso, neanche a volerlo. Anche Sahara stava per darsi da fare, ma Ivon fu sfacciato e la raggiunse, chinandosi vicino al suo orecchio. «Uno di sporta, due del terreno intorno. Nella ghirba del portabagagli carica quattrocento grammi di suolo umido, nelle siringhe grandi non più di otto» le sussurrò, per poi allontanarsi facendo il vago.

Sahara rabbrividì, come se le avesse appena raccontato un porno. Non si accorse della presenza di Savanna, che la redarguì a occhi stretti: «Datevi un contegno, le voci cominciano a girare, Sahara, per quanto ancora giocherete ai piccioncini?»

L'amica non replicò, infastidita. Girò le spalle e s'incamminò verso l'area del prelievo campioni, estraendo la siringa dalla tasca rispose a Savanna, ma mentalmente. Amica mia, per lui io valgo molto più di una semplice scopata.

Sindrome di LazzaroWhere stories live. Discover now