xiv. Mappa della problematica - parte due

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Il boccaporto nord era una vasta anticamera della cupola moderatiana. La pista di decollo accoglieva le navi mercantili più moderne al mondo. L'atmosfera era tossica, dal momento che due spicchi della copertura erano aperti per lasciar passare le astronavi; tutti gli addetti si muovevano con delle tute da escursionismo spaziale per non andare in contro al soffocamento.

«E noi come facciamo?» esordì Dente, sussultando quanto la navetta priva di Tres calò di quota. «Un ferito, un robot da cento chili mezzo spento e solo due tute di riserva!»

«Non disperare» la voce profonda del signor Idra sembrò far vibrare le lamiere della navicella. «Gli entreremo proprio dentro.»

«Pazzia» commentò Meccanjca, ma notò che la stiva della mercantile Jul poteva effettivamente contenere l'intero mezzo. «Beatriss, usa la fascia contenitiva per nascondere Tesla» le porse una soluzione per i controlli.

«Abbiamo i pos di Moses,» ricordò loro il pilota, allineandosi all'enorme vano aperto della Jul. «Nascondete quel sacco di stracci sanguinante e il poppante. Al resto penso io» alzò il mento verso Ivon, poi iniziò a prepararsi per l'attracco e il trainaggio nella stiva mercantile.

Affermare che Tres avesse molte amicizie sarebbe stato riduttivo. Il gruppo non avrebbe mai potuto passare i controlli e rimanere finalmente chiuso nella Jul senza l'onnipotente mano dei soldi. Quel viaggio era costato al signor Idra più di un milione di bit. Poteva permetterselo, dato che era un biglietto di sola andata.

Miracolosamente, la Jul fu una delle ultime navicelle a salpare per l'esosfera, dal momento che Folgar era entrato nel caos.

Pa-Dienach era stata la prima metropoli a entrare in rivolta, seguita da Cromodoma ed Eta'ari. La viabilità mondiale rischiava il collasso, così come il sistema clericale: era in aumento il numero di Chiese messe a ferro e fuoco. I viaggiatori diretti verso TæT promisero a sé stessi che avrebbero cercato di ottenere costantemente aggiornamenti sulla situazione.

―Mio signore, tutto è compiuto― le comunicò Tragopogon, in diretta da Folgar, come ultimo saluto.

«Le unità di Moses e della Spinada sono dalla vostra parte» la esortò SET. La sua voce calda era ridotta a un flusso laminare in via di spegnimento. «Non farò parte del banchetto di Lazzaro

―Banchetteremo anche per voi― replicò la mutante, senza rancore. Poi sparì, nel caos di sottofondo.

I passeggeri clandestini sapevano di averlo fatto: scagliare il sasso e nascondere la mano. Il vero patibolo sarebbe spettato a Moses, ai civili e ai militari della Resistenza. In quel momento, però, sguazzavano immersi nel loro microcosmo di sofferenza.

Erano partiti da dieci minuti e Ivon era già salito a trentotto gradi; la febbre aveva cominciato a divorarlo a partire dall'infezione che minacciava il fegato, minuto dopo minuto. Il dolore era così osceno d'averlo fatto cadere in uno stato di coma febbricitante. Ognuno dei passeggeri era sporco del sangue di un solo uomo.

«Il discorso di Ivon è stato... Non trovo parole!» si commosse Beatriss, accucciata a cullare suo figlio, che aveva cominciato a puzzare di escrementi appena fatti.

Meccanjca non si arrischiava a uscire dalla navicella, piuttosto scrutava l'ampio garage della Jul da dietro i vetri. Intercettò il carico abusivo, che era lì proprio grazie a lei: Cannatris e antibiotici da portare su TæT. Il pensiero la fece scattare come l'allarme di una sveglia.

«Oi, idioti! Nessuno si è ricordato che ho provveduto ai farmaci di contrabbando! Che cazzo...» sbuffò e bestemmiò, infilandosi la tuta da escursionista e senza aggiungere altro sparì aprendo e chiudendo velocemente il portellone della navicella privata. Sarebbe tornata con un antibiotico da iniettare al ferito.




Le labbra schiuse di Ivon erano secche, così Mŏdis si succhiò un dito e le bagnò con la propria saliva.

Quel gesto carico di un'inquietante devozione non sfuggì a nessuno, ma un tonfo dalla parte di SET fece rendere conto agli altri che, alla fine, l'androide era veramente giunto al collasso. Sahara tentò di tirarlo su, ma il peso era troppo.

Desistette, e avviò una chiamata su una linea sicura. Dopo pochi squilli, Zeno rispose: ―Oi, siete voi quelli in fondo al vano, dietro i container della Spinada? Non ho una tuta, non posso uscire dall'esorover fino all'arrivo in atmosfera di TæT. Com'è la situazione?

«Lo immaginavo,» annuì Sahara «noi non siamo messi bene. Ivon è gravemente ferito e SET si è spento. Moses ti ha detto qualcosa in più su TæT? Sai se ci sono meccanici e chirurghi?»

―Me ne ha parlato in generale,― ammise il ragazzo, in difficoltà ―ma è una colonia di centinaia d'anni. Devono per forza avere un sistema sanitario e manutentore decente per tirare avanti.

Sahara scambiò un altro paio di battute con l'amico e riattaccò, in ansia. Le mani le tremavano, era costretta a stare ancora per chissà quanti minuti di fronte a quello spettacolo raccapricciante: SET privo di sensi e Ivon moribondo, Tesla in lacrime per le coliche intestinali e Den sempre più insofferente.

Arlo controllava la temperatura corporea del professore, mentre i meno utili ma più lucidi del gruppo erano Meccanjca e Tres. Il signor Idra era rimasto piazzato sulla poltrona di plancia, fermo come una statua, ma era evidente che anche nella sua testa si stesse agitando un'ampia melma di pensieri.

Le comunicazioni con Folgar erano interrotte, ma sapevano di essersi lasciati alle spalle una grossa bomba nucleare in caduta libera.

Ce ne siamo lavati le mani, pensava Zeno, reclinato sul sedile del rover ad atmosfera blindata. SET e il professor Idra hanno fatto scoppiare il mondo. Pensare che il mio era già finito da quando...

Savanna era morta. Lei come milioni di altri cittadini, albini e non, con un corredo genetico artificialmente difettoso. Faceva tutto parte del piano di Madre, uno spietato controllo delle nascite a favore di una nuova generazione di Homo: quella che SET e Sahara avevano assassinato nella Piramide.

Zeno allungò una mano e accarezzò l'oggetto rettangolare poggiato sul sedile accanto al suo. Elementi di ecologia... rifletté sul titolo, collegando finalmente i tasselli dello storico discorso di Ivon. Ecologia di Terra, quindi?

Ancora una volta sfogliò le pagine ingiallite e fragili, perdendosi nelle didascalie in bianco e nero. Le varietà di piante e animali fotografati erano almeno il quintuplo della biodiversità presente su Folgar, quella "salvata dal nucleare".

La realtà storica è tutta una bugia, pensò banalmente, sorrise. È meraviglioso.

Zeno viveva un paradosso: avrebbe dovuto sentirsi distrutto dal fatto che il mondo conosciuto stesse cadendo in pezzi e che avesse abbandonato la sua famiglia, invece avvertiva crescere un'euforia esistenziale dentro di sé. Poteva cominciare una nuova vita da capo, altresì dedicarsi alla sua passione: la Botanica. Era tutto merito di Moses, della sua mano misericordiosa. Non l'avrebbe mai dimenticato, era stato l'uomo più importante della sua vita, nonché il vero protagonista della rivoluzione mondiale.




NOTA

Queste due ultime parti sono state abbastanza brevi, diciamo che il quattordici è stato un doveroso capitolo di passaggio. Nel prossimo, finalmente l'arrivo su TæT, la nostra colonia spaziale! Spero davvero di essere all'altezza dei setting e degli eventi di questa storia – non è per niente facile, non sono minimamente un'esperta né di fantascienza, né di scrittura in generale. Quello a cui punto è dare profondità ai personaggi, ai mondi, alle speranze e ai peccati dell'umanità. Progetto abbastanza ambizioso, ma lo porterò a termine secondo le mie naturali possibilità. Un grande abbraccio alle due meravigliose personcine che mi stanno seguendo passo passo lasciandomi feedback, le uniche, ve ne sono tanto grata! Senza di voi, per me non avrebbe molto senso pubblicare, in mezzo a tutto questo silenzio. A domenica prossima! 

Sindrome di LazzaroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora