xviii. Universo in restringimento

73 8 43
                                    



I poligoni di peltrovetro della serra erano opachi e luminosi.

La luce ultravioletta artificiale ricalcava i confini degli esagoni, diffondendo lunghezze d'onda filtrate e calde, simili a quelle della stella madre che i sapiens chiavano "Sole".

Sahara e Zeno lavoravano in silenzio da dieci minuti; stavano trapiantando delle pianticelle dall'apparenza fragile, i cui piccoli fusti sorreggevano delle bacche tonde e rosse. La compagnia reciproca era piacevole, non avevano per forza bisogno di dirsi qualcosa, ma fu il ragazzo a rompere il ghiaccio. Sentiva il bisogno di parlare della notizia che si era diffusa a macchia d'olio.

«Quello che è successo... Da Mŏdis non me l'aspettavo. Sì, insomma, è sempre stato in disparte, al margine della scena. Non ha mai giudicato né guardato male nessuno. Non so che pensare. Hai visto il prof?»

Di spalle, Sahara sbuffò. «Dopo aver sistemato quelle colture idroponiche vado da Ivon» rispose. «E comunque, i casini di Mŏdis non mi stupiscono.»

«Perché dici così?»

La ragazza si fece scappare un sorriso divertito, che poi si spense ricordando quei giorni a casa Idra, mentre trattavano Nuii come un oggetto da rivoltare in ogni suo angolo.

«Perché Mŏdis è matto da legare, o stupido davvero. A cominciare dal fatto che è cotto dell'uomo che lo ha comprato e torturato per giorni interi in soffitta. Se il professore non ha stuprato Nuii, così si chiamava, è stato solo perché in quel periodo Ivon aveva altro per la testa. Ma non si sarebbe fatto scrupoli, come per qualsiasi altra cosa. Ero complice, Zeno, anch'io pensavo che quel mutante fosse una creatura sporca e priva d'intelletto. Poi, Ivon gli ha fatto il lavaggio del cervello ed ecco il risultato: un assassino innamorato di uno psicopatico. Ci si potrebbe scrivere un intero romanzo sopra, non trovi?»

Zeno era abbastanza colpito. «Però... è cambiato tutto, da quando siamo partiti. Quindi che vuoi dire, con questo?»

«Con questo,» rimarcò l'amica, alzando le sopracciglia «io non riesco a capire come ci si possa innamorare di un uomo che gode nel farti del male fisico. Bah, contenti loro.»

Qualcosa, in Zeno, fu colpito e affondato. Rimase zitto.




Clangori echeggianti di passi precedettero l'arrivo dei visitatori, in quel piano basso del TæT.

«Dottor Idra, è confidenziale» gli ricordò una sentinella, stringendo al petto un'automatica al laser. «Non dovremmo essere qui.»

«Sì, sì. Normale amministrazione, rilassatevi». Ivon gettò un'occhiata perbenista all'altra guardia, curandosi di avanzare nella penombra a passo controllato.

Il livello quattro della colonia non aveva una funzione ben specificata. Non esistevano strutture detentive, su TæT, poiché ogni crimine veniva punito con l'espulsione nello spazio. Da generazioni, nessun sapiens aveva più commesso gravi atti contro la Legge. Si era come instaurata una coscienza collettiva, basata sulla consapevolezza che erano tutti sullo stesso cuneo orbitante: non c'era luogo dove nascondersi. Se Mŏdis Idra era stato lasciato in una cella di fortuna, originariamente pensata per chiudere animali da macello, era solo grazie all'appello del famoso genetista del TæT.

Le argomentazioni erano state: la potestà del dottor Idra e il valore in bit del corredo genetico dell'ittioide. Dato che su TæT il sistema legislativo si era rivelato miracolosamente lasso, anche quella volta le richieste di Ivon furono realizzate.

Sindrome di LazzaroWhere stories live. Discover now