42. Non sei cambiata

28 2 0
                                    

Harry's POV

Il suo sguardo vacilla ma sembra ricomporsi in così poco tempo che non avverto l'arrivo della sua cameriera e la sua mano sinistra che mi circonda il braccio e la destra che mi passa sulla fronte. Infatti, nella mia più totale confusione mi trascina nel suo salotto in fretta tenendomi stretto e continuando a far passare la sua mano sul mio volto.

"Harry? Ti senti bene? Hai la febbre? Vuoi che chiami qualcuno?" Fa domande a raffica. La stronza sta cercando di farmi passare per pazzo.

"Sto benissimo Venus, smettila, sei una modella non un'attrice."

"Io davvero non so cosa dirti, sarai sicuramente sconvolto per la notizia del matrimonio ma questo mi sembra eccessivo Harry."

"SMETTILA CAZZO! NON SEI CAMBIATA DI UNA VIRGOLA!" Sbraito e lei si fa d'improvviso piccola e tremante mentre indietreggia.

"Come cazzo hai potuto nascondermi una cosa del genere? È perfido. Come hai osato decidere al mio posto? Come ti sei permessa di dare a mio figlio un altro cognome?" Edward è accorso nel salotto trattenuto dalla cameriera, entrambi infatti avranno ascoltato le mie urla.

"Signore, devo chiederle di andare se questo è il suo atteggiamento nei confronti della signora Sullivan." Fa la donna.

"Non preoccuparti Esther, Harry adesso si calma. Hai bevuto Harry? Hai preso qualcosa? Mi costringi a chiamare il 911 così e devo sapere cosa dirgli."

"Venus ti prego smettila, mi stai facendo un male cane." E non riesco a controllare le lacrime che iniziano a scendere. Lei si precipita da me e mi stringe in un abbraccio mentre si siede accanto a me e mi fa stendere sul divano facendomi poggiare la testa sulle sue gambe.

"Perché lo hai fatto Venus? Avremmo trovato un modo, io ti amo Venus, ti amo ancora, sarei stato in grado di fare il padre, ne sarei stato felicissimo." Mi accarezza i capelli e cerca di calmarmi mentre mi sorride e sembra quasi assecondarmi come si fa con gli esaltati.

"Harry, smettila, calmati prima che Arthur arrivi qui. Stai dicendo cavolate, sappilo."

"Ma non lo vedi che è uguale a me?" Indico Edward appoggiato allo stipite della porta un po' spaventato e noto sempre più somiglianze tra me e il biondino, tanto da ritenermi così stupido a non averci pensato prima.

"No, non lo vedo. Edward si chiama Edward Frederich Sullivan, Sullivan Harry, non Styles. Edward chiama Arthur papà-"

"Ma non è suo padre."

"Lo è Harry, è suo padre, arrenditi." Arthur poggia le chiavi di casa nello svuota tasche mentre ci fissa entrando nella stanza. Infila una mano in tasca e con l'altra si stropiccia il volto.

"Perché sei a casa nostra Harry?"

"Tu lo sai?" Attacco subito.

"Cosa so?"

"Che Edward non è tuo figlio." Arthur fissa il suo sguardo su Venus che sembra spaventata, cazzo, non gliel'ha detto, fino a quando il rosso non scoppia a ridere.

"Harry, questa cosa è una follia, lo sai vero?"

"Me lo ha detto Beverly, amico credimi-"

"No, io e te non siamo amici, anzi nonostante siano passati sette anni tu ancora ci provi con quella che sarà mia moglie e la situazione mi ha davvero stufato. Te ne stai andando al manicomio e devi smetterla o sarò costretto a prendere azioni legali."

"Allora facciamo un test di paternità." Propongo allora.

"Io non farò fare a mio figlio nessun cazzo di test di paternità." Si scalda subito l'uomo di fronte a me.

"Quindi lo sai, lo sai anche tu." Stringo la testa fra le mani mentre realizzo che davvero Venus è stata così cattiva da negarmi la possibilità di crescere mio figlio, anzi nostro. Io e lei abbiamo un figlio e questo, nonostante quanto la circostanza sia assurda, mi riempie il cuore di gioia perché Edward è la prova vivente di quanto noi due ci siamo amati.

"Harry, devo chiederti di andare via ma vedo che stai davvero male, il massimo che posso fare è lasciarti il mio numero privato, mettiamo da parte tutto il resto e ricordiamoci che prima di tutto eravamo migliori amici quando siamo stati insieme. In fin dei conti io ti voglio bene Harry e mi addolora molto vederti così quindi ogni qual volta avrai bisogno di una mano o semplicemente di parlare con qualcuno, io ci sono." Mi sorride candida e per un attimo mi sembra di essere tornati a quando aveva vent'anni e mi amava da matti.

Mi accompagna verso l'uscita e mi lascia tra le mani il suo bigliettino con il numero, apre la porta a cui si appoggia e mentre esco mi volto verso di lei che è ancora lì, straziata. Lo sa anche lei, lo sa che deve dirmelo.

"Perché non vuoi che io faccia parte della sua vita?"

"Mi fa piacere tu ti sia affezionato a lui, anche lui ti trova fantastico ma Harry, il massimo che puoi essere è un amico di famiglia."

"Ma io sono suo padre Venus, non è tuo diritto portarmelo via."

"Beh fammi causa allora! Cosa devo dirti Harry! Rovinami se ne sei così convinto!" Perde infine la pazienza.

"Ti prego, guardami negli occhi e dimmi che Edward non è mio figlio, mi rassegnerò." Io guardo il bambino dietro di lei che ormai si tiene distante da me data la scena a cui ha dovuto assistere. Cazzo quello sono io in miniatura. Venus sospira e punta i suoi grandi occhi azzurri nel mio infelice verde.

"Harry, Edward non è tuo figlio." Dice sicura e lapidaria.

Ghigno e stringo il ponte sul mio naso, sono consapevole che Beverly non ha alcun motivo per mentirmi e dunque sono sicuro che Eddy sia mio figlio, ma decido lo stesso di lasciar perdere e girare i tacchi per andare via e prendere il primo aereo per Los Angeles cercando di dimenticare tutto ciò che è successo.

My Aphrodite [h.s]Where stories live. Discover now