17 | California

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«Ma a chi l'hai rubata quest'auto da capogiro?» In questo modo esordì Chris, quando abbassai in finestrino fermandomi accanto a lui che era sul ciglio della strada, appoggiato alla sua moto ad aspettarmi. Il suo sguardo ammaliato, sfiora la mia bambina facendomi alzare d'istino un sopracciglio. È la mia auto, non sua.
«Buongiorno anche a te.» Biascicai, sistemandomi meglio gli occhiali da sole sul naso. Ero già nervosa di mio, non avevo voglia di litigare subito con lui così per una banalità come quella. Feci un profondo respiro e mi imposi mentalmente di stare calma.
«È una maledettissima Ferrari, scusami piccola, ma perdo la testa con le macchine e tu lo sai.» Christopher, da vero lecchino qual era, mi lasciò un bacio a fior di labbra e poi si perse ad ammirare anche gli interni della mia bambina. Quella non l'avrei mai lasciata nelle mani di Kang, neanche sotto tortura. Quella aveva un posto speciale nei garage della villa di Toni.
«Già... Lo so.» Sospirai, posando le mani sul volante, pronta a ripartire. Non avevamo tempo da perdere. La sera prima ci eravamo lasciati dopo due round di sesso riparatore molto appagante e due baci della buonanotte che ci stavano per far sprofondare nel terzo round, ma ci eravamo fermati per tempo con un ghigno e qualche carezza. Sorrisi appena pensando alla notte passata, poi riportai lo sguardo sulla strada. Dovevano arrivare in aeroporto e poi prendere il volo per Los Angeles, il tutto in un'ora scarsa.

Il caldo afoso e appiccicoso di Los Angels non mi era mai piaciuto. Sì, okay, chi non sogna di stare sempre in costume, per tutto l'anno? Almeno per chi come me è un amante del mare. Tolto questo però, non sopportavo il caldo, per niente. In più tutte quelle ansie per essere sempre perfette, perché diciamolo le donne sanno essere spietate, non facevano più per me. Non mi curavo mai di ciò che la gente avrebbe pensato guardando il mio outfit o il mio costume. Non mi importava, perché era mio cazzo. Il mio outfit e il mio maledettissimo costume da bagno.
«Hai una macchina qui?» La voce roca e sensuale di Chris, accompagnata dal suo fiato caldo a contatto con il mio collo, mi riportò alla realtà, facendomi voltare verso di lui e venire la pelle d'oca sulle braccia. Ciuffo moro scompigliato alla perfezione, piercing brillante sul naso, occhi magnetici irriverenti e tutti quei dannatissimi tatuaggi a dipingergli il corpo che lo rendevano dannato agli occhi di chiunque, donna o uomo che fosse. Bello e dannato, cazzo.
«Con chi credi di parlare?» Risposi in fretta, alzando un sopracciglio in segno di sfida. Io ero sempre organizzata, io ero sempre un passo avanti. Se qualcuno mi raggiungeva, era perché io lo avevo voluto. Il caso non aveva spazio con me, mi era stato insegnato ad essere così.
«Lo sapevo.» Sorrise sghembo lui, posando una mano alla base della mia schiena, appena sopra al sedere. Il mio corpo si accese al suo tocco, facendomi contrarre il basso ventre e riportandomi alla mente la notte precedente. Dio mio, aiutami tu.

Il fischio stridente dei freni di un auto, mi fece drizzare le orecchie. Chris al mio fianco, rinsaldò la presa sui miei fianchi, per poi fissare in truce il ragazzo che stava scendendo da una bellissima Maserati nera opaca.
«Dov'è la mia principessa?!» Berciò il ragazzo che a tutti gli effetti potevo considerare come il mio unico e vero fratello. Non di sangue, ma di vita.
«Sono qui Kennet.» Alzai una mano in segno di saluto, prima di venir travolta dalle sue braccia muscolose e irruenti. Vichingo, era un vichingo.
«Sei ancora più bella dell'ultima volta che ti ho visto sorellina.» Mi stritolò in un abbraccio soffocante che sapeva di lui, da di passato e sapeva di famiglia. Feci un respiro profondo, inalando quanto più possibile il suo profumo. Mi era mancato, molto.
«Dici così solo perché sai che tu sei più bello di me, lo so.» Lo scimmiottai, allontanandomi da lui e rimettendomi accanto a Chris. Per tutto quel tempo era rimasto in silenzio, ad osservare, a studiare quello che pensava fosse un suo rivale. Nulla di più irreale.
«Io sono il più bello di tutti, baby.» Kennet era il tipico ragazzo californiano: biondo, con gli occhi azzurri, muscoloso, con nulla fuori posto e terribilmente pieno di sé. Certe volte lo avrei soffocato con le mie stesse mani, ma ultimamente ci vedevamo sempre meno e le videochiamate ormai non erano più sufficienti per prenderlo in giro o lamentarmi della sua eccessiva preoccupazione nei miei confronti. Kennet parve rendersi conto solo in quel momento che non ero sola, ma rullo di tamburi in compagnia di un ragazzo. Di un uomo che non era lui. Allarme rosso, gente!
«Ciao, tu chi sei?» Chiese fintamente calmo e gentile, con un'espressione che non gli avevo mai visto prima sul viso. Era inquietante, quasi.
«Sono il suo ragazzo, Chris.» Con un gesto molto possessivo, il mio ragazzo avvolse un braccio intorno alla mia vita, stringendomi di più a sé, mentre allungava l'altra mano verso un Kennet del tutto sconvolto. Ero circondata solo da uomini delle caverne, Gesù santo! O bambini?
«Eh però così non vale!» Kennet, dopo aver stretto la mano di Chris come un automa, mentre lo stava fissando spudoratamente, si lasciò andare ad uno sbuffo, lasciandosi poi anche cadere le braccia lungo i fianchi. E ora che gli prendeva?
«Che c'è Kennet?» Alzai un sopracciglio scettica, pronta a dovermi sorbire una ramanzina con i fiocchi. Ma ciò inaspettatamente non accade.
«Lui è più figo di me!» Esordì il mio californiano preferito facendo scoppiare a ridere prima Chris e poi anche me. Era decisamente più un bambino che un uomo delle caverne.
«Ovvio, è il mio ragazzo.» Gesticolai, avvolgendo un braccio intorno al collo di Kennet e l'altro intorno al collo di Chris. Ah, i miei finti uomini! Che avrei fatto senza di loro? Kennet non era mai stato una testa calda in vita sua, diversamente dalla sottoscritta, ma si era fidato di persone che lo avevano usato e tradito. Era finito al fresco per dei crimini che non aveva commesso. Aveva pagato una pena che non doveva essere sua, senza la possibilità di difendersi. Io lo avevo solo aiutato a redimersi e a vendicarsi una volta uscito di prigione. Avevamo regalato una bella sorpresina a quei coglioni che lo avevano incastrato. Da quel giorno, Kennet era diventato il mio braccio destro sulla costa ovest, gestiva lui tutto per me nella calda e afosa California. E lo faceva all'oscuro di Toni.

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