22 | The Princess

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Amavo sentire il mio sangue sulle mani, perché mi ricordava i miei limiti e quanto io cercassi sempre di superarli per diventare sempre migliore. Non mi eccitavo con la violenza, come alcuni pervertiti del cazzo, ma la consideravo un'arma necessaria nel mio mondo quando si aveva a che fare con certe persone. Soprattutto per una donna, come me che era giovane e quindi considerata da tutti come inesperta e sciocca. Uccidevo se era solo strettamente necessario, vivere con le mani sporche del sangue di qualcun altro non era per niente facile. Facevo del male alla gente che mi metteva i bastoni tra le ruote o che si prendeva gioco di me perché le ossa alla fine si sistemano sempre, ma talvolta ricevere un piccolo avvertimento era tutto ciò che serviva per rendere chiaro un concetto. Ero giovane per essere un capo mafia certo, ma non ero una sciocca solo perché donna. Avevo più palle e più coraggio io di molti altri uomini presenti nelle varie organizzazioni della grande mela. Ero solo una piccola fetta della grande torta degli affari illegali legati alla mafia io e, presto, avrei trovato l'occasione per allargare i miei affari per sempre. Sarei diventata quello che nessuno avrebbe mai pensato e avrei fatto sputare sangue a coloro che mi avrebbero intralciato il cammino.

Avevo messo K.O. un bestione che era tre volte me e potevo tranquillamente considerarmi soddisfatta. Sfortunatamente però quella sera altri maschi alfa in piena crisi di testosterone avevano voglia di sperimentare il mio gancio destro e chi ero io per non accontentarli?! Uno dopo l'altro, salirono su quel maledetto ring i cosiddetti uomini invincibili del club. Non appena la sfida iniziava a farsi dura sul serio, mi regalavano qualche imperfezione nel loro combattimento che mi permetteva di metterli al tappeto con poche e semplici mosse. Il tatuaggio sulla mia mano a forma di pantera era più che soddisfatto di rompere qualche altro ossicino. Uno dopo l'altro quegli uomini cadevano a terra come le tessere del domino. Ero come in una bolla, non sentivo le urla, non sentivo gli applausi. C'ero solo io, con le mie imperfezioni, con i miei problemi da teenager che ero costretta a nascondere agli occhi degli altri per non venire giudicata. Era tutto così imperfetto da essere anche così reale da fare male. Mi sentivo soffocare a volte, come se una mano invisibile mi bloccasse il respiro stringendomi il collo in una morsa ferrea. Era forse questa la mia condanna eterna? Era forse per questo motivo che anche Chris mi aveva tradito?

Scesi dal ring con un balzo, mentre iniziavo già a togliere le bende intorno alle mani. Lentamente tutti i rumori intorno a me tornarono ad emergere, facendo cessare il silenzio che aveva avvolto la mia mente e le mie orecchie. Alcuni spettatori cercarono di venire verso di me per congratularsi, ma la mia sicurezza fu più rapida e mi circondò. Uno dei miei uomini personali mi venne incontro, affiancato da un Kang-Li decisamente troppo serio per i miei gusti.
«Cosa c'è?» Chiesi subito a bruciapelo. Non avevo tempo da perdere e odiavo i giri di parole inutili.
«Karen Warren si è fatta sentire di nuovo. Toni era alla villa, sotto controllo, chiuso in una stanza.» Spiegò velocemente. Fissai i miei occhi in quelli di Kang che continuava ad alternare il peso da un piede all'altro, in visibile stato d'agitazione.
«Si può sapere che hai?» Incrociai le braccia al petto, alzando un sopracciglio del tutto sospetta di quella reazione non necessaria.
«Potrei sapere cosa è successo...» Lo sguardo di Kang non rassicurava per niente. Se lui sapeva, allora c'era qualcosa di troppo in tutta quella faccenda. Sospirai chiudendo gli occhi, stringendomi poi tra pollice ed indice la base del naso.
«Tra dieci minuti voglio la macchina pronta per tornare a casa. Discrezione ovviamente.» Sottolineai aprendo gli occhi e fissando il mio uomo che mi aveva portato la lieta novella.
«Subito capo.» Sparì dalla mia vista in fretta, per sua fortuna, facendomi concentrare di nuovo sul mio amico.
«Tu vieni con me, ora.» Toccai appena il braccio di Kang per attirare la sua attenzione.

Tornai nello spogliatoio, seguita a ruota da Kang-Li e da un altro dei miei uomini che non mi avrebbe mai lasciato da sola. Quelle erano le regole per il boss nella nostra organizzazione! Anche se sapevo non sarebbe mai entrato con me nello spogliatoio, altra regola ferrea.
«Spiegami meglio quello che sai.» Dopo aver chiuso la porta degli spogliatoi alle mie spalle, andai verso la panca, per poi iniziare a spogliarmi.
«Scusa ma cosa stai facendo?» Domandò Kang, fissando la mia schiena nuda, mentre io ero impegnato a togliermi anche i pantaloni. Era arrossito per caso?
«Non hai mai visto una donna nuda Kang-Li?» Sorrisi appena, prendendomi gioco di lui. Era così tenero quando arrossiva in quel modo fanciullesco, così innocente.
«No... Cioè sì! Ma tu sei tu!» Con le guance rosse e gli occhi fuori dalle orbite continuava a seguire con un occhio chiuso e uno aperto i miei movimenti. Ero già nuda però.
«Sono prima di tutto una donna che ora ha un disperato bisogno di farsi una doccia.» Sottolineai, accendendo l'acqua della doccia e cercando di regolarla alla giusta temperatura. Impossibile riuscirci al primo colpo!
«Se ti crea dei problemi girati e non guardare.» Continuai, immergendo finalmente il mio corpo sotto l'acqua calda, ormai del tutto certa che Kang-Li non mi stesse più guardando, nemmeno per sbaglio.

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