31 | Sopravvivenza

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Non si trattava più solo della vita che volevo fare, si trattava di sopravvivenza. E io avrei difeso con le unghie e con i denti ciò che mi apparteneva. Loro lo sapevano...

Arrivai al club per l'incontro con Il Mancino in soli quindici minuti, ben dieci minuti in meno rispetto al solito. Alle multe da pagare per il limite di velocità non rispettato avrei pensato un'altra volta. Accanto a me, Kang-Li osservava sospettoso la folla che già alle prime ore del mattino si divertiva nel club di Lucius, nel mio nuovo club. Non ero del tutto convinta che la presenza di Kang quel giorno fosse corretta per la mia posizione nell'organizzazione, ma ormai avevo deciso di abbandonare la via delle regole da un pezzo. Io stessa rappresentavo un abbandono delle regole. Una donna a capo di una cosca mafiosa in piena New York ? Quando mai? Eppure ero lì, avevo un nome e le persone mi temevano.

Intravidi il mio obiettivo seduto nella zona de club a lui riservato, lontano da occhi e, soprattutto, orecchie indiscrete che, come sapevamo molto bene, potevano arrivare ovunque. Lucius era calmo, molto calmo e rilassato, come non lo avevo mai visto. Gli affari gli andavano bene e, secondo le mie informazioni, il non avere più continue minacce di morte ogni giorno aveva i suoi risvolti positivi anche sul suo stato di salute.
«È arrivato anche lui.» Kang al mio fianco, mi avvisò che la persona che stavo aspettando di incontrare al club era appena arrivata. Lo ringraziai con un piccolo sorriso, quasi inesistente a uno sguardo esterno al nostro mondo, per poi avvicinarmi a Lucius, seguita fedelmente da due dei miei uomini.
«Mia adorata.» Lucius era sempre stato appiccicoso e melenso nei miei confronti, ma nell'ultimo periodo aveva raggiunto dei livelli oltremodo osceni. Il suo amore per me aumentava di giorno in giorno! La sua devozione tuttavia era diventata diversa, portandomi ad essere convinta della sua genuina fedeltà nei miei confronti. Mi potevo fidare.
«Molla la mano Lucius o te la taglio.» Dopo avermi cosparso di baci la mano, il mio assalitore mollò l'osso con un sorriso sornione sul viso, per poi spostare lo sguardo sulla figura alle mie spalle. Lui era lì.
«Ben arrivato.» Esordii ancora prima che il Mancino si sedesse nel divanetto accanto a quello di Lucius. L'aria era tesa, tanto che si poteva tagliare con un grissino, eppure non capivo chi ancora volesse farmi guerra in quel modo così plateale.
«Capo.» Con un cenno del capo, l'ultimo arrivato si accomodò, estraendo dalla tasca interna del suo cappotto una busta bianca con, presumibilmente, ciò per cui eravamo in quel club alle dieci del mattino.

«Allora?» Chiesi ispida, notando che non iniziava a parlare. Non avevo voglia di perdere tempo ed era fuori discussione che avrei aperto quella busta lì, quindi non mi spiegavo affatto il suo silenzio prolungato.
«È tutto lì.» Il Mancino, grande e grosso omone che incuteva sicuramente un po' di soggezione, mi indicò la busta che avevo tra le mani, come se fossi in grado di assimilare ciò che vi era scritto dentro con la forza del pensiero. Assurdo! Oltre al fatto che stava volutamente evitando una mia domanda e quindi un mio ordine. Molto male, perché a me, lui, non faceva nessuna paura.
«Spiegati.» Strinsi una mano a pugno e a quanto pare fu sufficiente a rendere ben chiara l'idea ai suoi occhi che avevano seguito ogni mio gesto.
«Non so se voglio essere nei paraggi quando leggerà il contenuto della busta.» Ammise il Mancino facendomi capire quanto poco mi conoscesse e quanto poco sapesse di me. Bene.
«Mmh...» Ad ogni modo se per lui era così, significava che non c'erano buone notizie in arrivo. Il che mi faceva solo innervosire ancora di più. Avevo contatti ovunque, avevo un libro paga infinito e avevo abbastanza scheletri nell'armadio per risultare sufficientemente minacciosa e temibile. E allora perché quello?
«Altro che devo sapere?» Via il dente, via il dolore, così dicevano almeno. Sapevo che c'era dell'altro sotto, ma la risposta che ricevetti, non mi piacque per niente. Lentamente alzai lo sguardo, puntando i miei occhi in quelli del Mancino, per invitarlo gentilmente a continuare a parlare.
«La stanno seguendo. La tengono d'occhio capo. Sanno tutto di lei.» Molto bene, ancora e ancora. La domanda era solo una dunque: chi? Dovevo sapere il chi, cazzo.
«E perché io lo so solo ora?» Strinsi la presa sulla busta, portandola al petto e fissandola tra il cappotto e la camicia che avevo sotto, in modo che non potesse cadermi in alcun modo.
«Perché sono maledettamente bravi, molto più bravi di me e del mio team.» Il Mancino era uno dei migliori nel suo campo, non per meno vantava una reputazione che faceva accapponare la pelle, dovette ammettere un'amata verità che difficilmente avrebbe snocciolato con tutta quella leggerezza, a meno che non fosse realmente così. Quindi se qualcuno era più bravo di lui era un vero e proprio problema per me.
«Ti chiamo dopo.» Conclusi, chiudendo il discorso e permettendo al Mancino di andarsene, dopo avergli fatto un cenno del capo. Non mi piaceva quella situazione, non mi piaceva per niente.

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