16 | Karen Warren

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Dopo il primo battibecco, non avevo più aperto bocca per tutto il tragitto in auto e Chris aveva fatto altrettanto. Mi capiva bene lui e soprattutto rispettava il mio silenzio. Non era il momento di parlare quello. Avevo la mente in subbuglio e il cuore in ansia per ciò che in poco tempo mi sarei trovata davanti agli occhi. Kang-Li era una delle poche persone che potevo davvero chiamare amico e qualcuno gli aveva fatto un torto per arrivare a me. Chiunque fosse stato l'avrebbe pagata cara, parola mia.

Quando arrivammo nel garage di auto di Kang, c'era la devastazione assoluta. Le mie bambine, pensai subito. Non c'erano più le mie auto, tranne una. La Mustang di quella sera era lì ed era completamente distrutta. Vetri rotti, ammaccature ovunque, disegni a bomboletta, gomme lacerate. Quella era un'intimidazione bella e buona, nel mio territorio, nella mia fottutissima casa! Avevo una dannata voglia di pestare a sangue qualcuno.
«Cosa cazzo è successo qui?» Sclerai subito molto male, facendo girare le teste dei presenti verso di me. Uno era Kang-Li, l'altro era il ragazzo che organizzava insieme a Chuck le corse, in quel momento però non mi interessava minimamente sapere quale fosse il suo dannato nome.
«Mi dispiace.» Sussurrò mesto quello che rimaneva del mio meccanico di fiducia e amico. Kang-Li era distrutto a sua volta, proprio come le mie bambine. Aveva il volto tumefatto in più punti, così come una spalla. Un lungo taglio, dall'aria tremendamente dolorosa, gli attraversava il fianco, facendolo tremare dal dolore a ogni singolo respiro che faceva.
«Chi è stato?» Sapevo perfettamente che non avrei mai dovuto agire d'istinto, ma in quel momento il mio cervello era ormai completamente disconnesso dal resto del mio corpo. Volevo vendetta e l'avrei avuta.
«Non lo so piccola, so solo che erano in due ed erano grossi, molto grossi.» Solo dopo quelle parole Kang-Li si accasciò contro lo schienale della sedia sulla quale era seduto, lasciando fare al socio di Chuck la medicazione di cui aveva un disperato bisogno.
«So che sei distrutto e che io dovrei essere l'ultima persona che vorresti vedere ora, ma ho bisogno di sapere un'altra cosa. Ti ricordi altro? Qualche segno particolare?» Avevo quasi i sensi di colpa a fargli quella domanda, ma dovevo. Lo dovevo a lui in primis e poi a tutte le mie macchine. Si erano presi gioco di me e della mia autorità, nella mia fottutissima zona.
«Uno dei due aveva un tatuaggio sul braccio.» Accennò Kang-Li, dopo che il socio di Chuck ebbe finito di ripulirgli la ferita sul fianco dal sangue. Lì ci volevano dei punti.
«Cosa?» Chiesi sperando che il mio amico si ricordasse anche qualcosa in più di un semplice tatuaggio a caso. Avevo bisogno che si ricordasse di più.
«Credo fosse una rosa, intrecciata a una scritta in corsivo. Non mi ricordo altro però.» Come li conosceva Kang i tatuaggi, nessun altro avrebbe potuto. La sua memoria fotografica era un qualcosa di incomparabile.
«Okay, va bene così. Riprenditi Kang-Li. Io ho bisogno di te.» Mi sforzai ad ammettere ad alta voce, quello che lui aveva bisogno di sentirsi dire e quello che io avevo custodito nel mio cuore gelosamente per troppo tempo. I tre ragazzi presenti alzarono in contemporanea i loro sguardi su di me e mi fissarono sorpresi. Anche io ogni tanto ero capace di avere dei sentimenti, santo cielo!
«E per l'amor di Dio mettici dei punti in quel taglio!» Proruppi tornando ad essere la solita Xeni, dopo qualche secondo in cui mi ero sentita decisamente troppo sotto esame.
«Agli ordini capo.» Un occhiolino è un tenero sorriso, furono la risposta di Kang-Li alla mia imposizione. Non avrei perso anche lui, affatto.

Chris era rimasto per tutto il tempo al mio fianco e non aveva fiatato. Mi aveva guardato, osservato, studiato forse, ma era rimasto al suo posto. Sapevo che la sua testa stava scoppiando tante erano le domande che voleva farmi, perché sarebbe stata esattamente la stessa cosa che avrei fatto io, al posto suo.
«So quello che vuoi fare...» Esordì qualche istante dopo, quando io ero già diretta alla mia auto, seguita a ruota dai miei bestioni di sicurezza.
«Quindi?» Mi voltai verso di lui con un sopracciglio alzato e un'espressione che avrebbe potuto uccidere senza troppo fatica.
«Non è una buona idea.» Si sentì in dovere di precisare, mantenendo però un tono di voce del tutto neutro. Sei bravo a fingere Chris, ma io di più.
«Non me ne frega un cazzo ora delle buone idee! Mi hanno minacciato nel mio territorio, hanno pestato uno dei miei uomini di fiducia e soprattutto hanno preso le mie auto.» Se prima mi ero mostrata vulnerabile e con dei sentimenti, in quel momento avrei potuto uccidere uno di quegli stronzi a sangue freddo. Si erano presi deliberatamente gioco di me e Toni avrebbe approvato senza problemi la mia reazione, perché dannazione così non poteva continuare oltre.
«Non devi essere arrabbiata ora, dovr-» Non lo lasciai nemmeno finire, cazzo! Sapevo fin troppo bene che cosa mi avrebbe detto e ricevere la paternale pure da lui, era l'ultimo dei miei desideri in quel momento.
«Io non sono arrabbiata. Io sono incazzata nera ed è ora che le persone si ricordino perché io sono The Princess.» Sibilai lapidaria, con uno sguardo che non ammetteva replica alcuna. Ero fuori di me e loro avrebbero fatto meglio a non provocarmi.

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