21 | Poseidon

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La mia vita da tanto tempo non era più facile come quella degli altri adolescenti, ma non ne avevo mai fatto un dramma. Avevo voluto la bicicletta e dovevo solo pedalare. Ero ricoperta fino alla punta dei capelli di responsabilità, ma anche questo per me non aveva mai rappresentato per davvero un problema. Ero abituata da anni ormai a fare affidamento solo su me stessa. Per andare avanti, avevo trovato semplicemente qualcosa che mi permetteva di non impazzire. Avevo scelto di mantenere la mente lucida per non perdere il controllo, perché io non potevo più permettermelo. Avevo faticato così tanto per guadagnarmi un nome e il rispetto di tutti quanti nell'ambiente in cui vivevo, che non mi sarei fatta intimorire di certo da un proiettile o da un megalomane di mezza età in piena crisi di astinenza da una qualche droga del cazzo. Un conto è farsi una canna ogni tanto, tutt'altra cosa è piantarsi una siringa nelle vene perché hai bisogno di perdere te stesso per qualche ora. Toni a suo tempo mi aveva fatto ritrovare me stessa a suon di pugni e di boxe e di questo non potevo che essergliene grata, come per altre mille cose. Peccato che lui mi avesse anche sparato addosso più di un fottutissimo proiettile. Deficiente!

Ad ogni modo, la mia parola a New York valeva molto e mi ero spesa in questi termini solo una volta nei confronti di una sola persona. Non avrei mai commesso lo stesso errore una seconda volta. Il club più bello di Toni, ora anche questo solo mio, si affacciava in un quartiere ultra chic dell'Upper East Side. Tra boutique di lusso e ciabatte da mille dollari, c'era il Poseidon, il club più in voga al momento. Dietro alla bella facciata per i ricconi di prima categoria, si nascondeva un importante giro di combattimenti illegali, una delle mie tante fonti di reddito, se così volevamo chiamarla. Avevo analizzato più volte da lontano come girassero lì dentro i miei soldi, ma quella sera, giusto per comprendere appieno il piano malato di Toni, avevo deciso di fare uno strappo alla regola non indifferente. Quella sera sarei andata di persona a combattere, dopotutto The Princess dai bassifondi della Grande Mela chi non la conosceva? In più, se volevo anche scoprire la verità riguardo a Chris e a tutte le bugie che sospettavo mi avesse detto, quello era l'unico posto in cui avrei potuto ottenere le giuste informazioni sale giuste persone.

Mi feci lasciare dall'autista sul retro del locale, due dei miei bodyguard scesero con me cercando, per quanto gli fosse possibile, di passare inosservati. Inutile dire che non ci riuscirono affatto.
«La prossima volta magari una semplice t-shirt che dite? Giacca e cravatta le lasciamo quando siamo in via ufficiale.» Con un cenno del capo indicai i loro abiti e, con un sopracciglio alzato, il mio pensiero era pressoché evidente anche a loro.
«D'accordo capo.» Non aggiunsero altro, perché sapevano che avevo ragione. Mimetizzarsi aiuta il novanta per cento delle volte. Avanzai a testa alta tra i corridoi, non degnando nessuno della mia attenzione. In quel momento volevo solo e unicamente trovare lui, il mio braccio destro. Kang-Li era un vero camaleonte e riusciva a ingannare molte persone, anche le più furbe, quando si impegnava sul serio.
«Cercatelo, ma senza farvi scoprire. Io vado negli spogliatoi.» Senza aggiungere altro, mi avviai verso la mia meta. Mancava poco all'inizio dell'incontro e io dovevo ancora cambiarmi. Di certo un tubino e i tacchi a spillo non erano contemplati sopra al ring.

Guardai l'orologio un'altra volta, mentre finivo di sistemare i capelli in una treccia. Quei due dove diavolo si erano cacciati? Era passata più di mezz'ora. I pantaloncini erano a posto, così come il top sportivo e ora anche i capelli. Le mani erano avvolte nella solita benda bianca al posto dei guantoni, mentre ai piedi indossavo le mie solite Vans a scacchi senza lacci.
«È il tuo turno ragazzina.» L'omone che mi aveva fatto entrare negli spogliatoi, richiamò la mia attenzione.
«Certo.» Annuì distratta con il capo, mentre finivo di sistemare le bende delle mani. Possibile che quei due imbecilli non avessero ancora trovato il mio amico?
«Ecco qui la principessa della serata.» Finalmente la voce che avevo agognato di sentire per tutta la sera, era giunta a me. Kang-Li era, come sempre, vestito di nero con qualche spruzzo sporadico di bianco e grigio. La mia fotocopia insomma.
«Dove diavolo ti eri cacciato?» Berciai, inveendo contro di lui, mentre incrociavo le braccia al petto.
«Ero impegnato a nascondermi dalle tue mascotte. Quanto sono bravo?» Un bambino, un vero bambino, ecco cos'era Kang-Li quando non veniva pestato a causa mia o non si occupava delle mie bambine, ora notevolmente ridotte rispetto a qualche mese fa.
«Di sicuro più di quei due. Domani li licenzio o li uccido...Mhm deciderò.» E lo avrei fatto dannazione. Quei due imbecilli non erano in grado nemmeno di trovare una delle facce più conosciute del nostro mondo.
«Non essere così dura, non tutti possono essere bravi come me!» Il sorriso malizioso che campeggiava sul viso di Kang era quasi indisponente, così come la era la sua insensata euforia. Perché era così felice?
«Spiritoso, davvero non sai quanto!» Finsi di ridere, prima di tornare seria come qualche attimo prima.
«Ehi piccola, lo sai che io sono sempre spiritoso.» Si difese inutilmente Kang, cercando di scherzare, mentre io in realtà iniziavo a perdere la poca pazienza con cui il creatore mi aveva graziato.

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