2- Il Linguaggio dell'Amore

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Poe

Dietro la porta mi appare la più bella e dolce creatura della galassia. Bella, non c'è dubbio, la dolcezza è opzionale, a seconda delle situazioni.

Per essere gentile lo è, soprattutto con i suoi studenti. Da quando sono tornato dall'ultima missione, a ottobre – la scuola era già ricominciata –, ho preso la consuetudine di aspettarla all'uscita dal lavoro, ogni volta che posso. Attendo con pazienza nel piazzale antistante l'edificio scolastico. La direttrice, Mrs Dench, alle volte mi invita a entrare. Insegnante fin dai tempi lontani in cui la North Thurston Public School sospendeva un irrequieto alunno al primo anno di secondo grado, credo le venga ancora la tachicardia, quando mi vede.

Nella casa confinante col giardino della scuola scorsi dei meravigliosi animali esotici, così un giorno, durante la ricreazione, valicai la recinzione e sedetetti sull'erba, a gambe incrociate, soffermandomi ad accarezzare le due testuggini di terra. Solidi e levigati come un mosaico di murano, al tatto, ero affascinato dal carapace che rifletteva tutte le tonalità dal verde brillante ai colori della terra. La combinai grossa però quando iniziai a inseguire il drago barbuto per vederlo aprire le squame a mo' di corona, intorno alla testa, in segno di difesa. Il fattaccio mi valse una strigliata epica da mio padre.

Quando ho modo di accedere ai corridoi vedo i bambini festanti intorno a capelli color del grano: chi corre ad abbracciarla, qualcuno più timido esita prima di donarle in regalo un disegno; il linguaggio dell'amore, che Jen mostra loro, è universale. Udito dai sordi, visto dai ciechi, esso passa attraverso l'anima e sul suo cammino non bada a distinzioni attraendo a sé ogni essere umano, normodotato o meno che sia.

"Sei bellissima." L'accorato ossequio fugge dalle labbra prima che l'istinto sia frenato dall'intelletto, alla stilettata che colpisce dritto il mio ego ferito al solo sguardo che m'indirizza, severo, da sotto le ciglia di velluto dipinte di scuro: pura sensualità, nonostante le agate verdi siano puntate nei miei occhi al pari di due tizzoni ardenti.

"È solo un po' di trucco," rimbrotta piccata.

"Bene, se non hai altre rimostranze, direi che possiamo andare" puntualizzo, incurante della sua palese diffidenza circa lo svolgersi della serata. In un gesto galante dirigo la sedia a rotelle all'esterno di casa. "Alza il bavero del cappotto, Jen, per favore. I capelli raccolti ti stanno benissimo, ma si gela," mormoro in un istinto di protezione che prevale anche se so potrebbe costarmi un ulteriore malumore da parte sua, mentre richiudo la porta di casa alle mie spalle. Quando mi volto osservo le sue mani, avvolte nei guanti di velluto neri, ancora posizionate sul rever che lascia spuntare solo gli occhi vispi e il nasino poggiato sull'orlo mentre, dal basso della ferraglia – soprannome da lei affibbiato alle sue gambe a rotelle –, mi fissa con occhi che lottano tra l'ennesimo rimprovero e l'aria intenerita, da bambina, che amo tanto e chiede solo di riempirmi di baci, perché lei sa che le mie attenzioni nulla hanno a che vedere con il pietismo riservatole da chi non la considera che un gingillo di cristallo.

Mi chino a lasciarle un bacio sulle ciocche d'oro modellate in morbide onde di seta. Per fortuna ha smesso di nevicare.

Attraversato il vialetto, una volta fuori lo steccato, le apro la portiera perché si disponga con la carrozzina accanto al sedile. Nella consueta manovra per salire, sporge il corpo un pochino in avanti, facendo leva con le braccia. Con le mani sposta la gamba sinistra all'interno dell'abitacolo poi, una salda al sedile, l'altra alla portiera, fa leva per sollevarsi, ruotando il torace verso l'interno dell'auto. Le circondo saldamente la vita, affiancandomi a lei, per sorreggerla e rendere un poco più lieve il suo sforzo nel portare a termine ordinari, faticosi obblighi. Mi affretto per non farle prendere freddo e ripiego la carrozzina in titanio deponendola nel bagagliaio.

Antologia: opposti innamoratiWhere stories live. Discover now