Galeotta fu la barca

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Ginevra

Chi mi vedesse in questo momento stenterebbe a riconoscermi: abbigliamento da ginnastica, giacca oversize, neppure un filo di trucco e un cappello di lana col pon pon a completare il quadro di una normalissima ragazza che gira per la città col suo pastore tedesco. Nulla di strano, se non fosse che di giorno faccio la modella, sempre perfetta, look ineccepibile, capelli lucenti, insomma fighissima nel senso più lato del termine, divisa tra occasioni mondane che trasudano fashion, set fotografici coi migliori professionisti del globo e sfilate con abiti che la più sciatta delle donne ucciderebbe anche solo per sfiorare.

Me la tiro? Sicuramente, ma se così non fosse quelle/i come me mi avrebbero già massacrato: nel mio mondo, l'insicurezza è una caratteristica che attira gli squali, richiamati dall'odore della paura che deve essere coperto dal più costoso dei profumi, altrimenti è morte certa.

Professionalmente intendo, eh.

Adoro stare sotto i riflettori, essere accecata dai flash sui red carpet e mi fa letteralmente impazzire il fatto che, ovunque io vada, la folla si apra in ali per farmi passare, mi compiaccio degli sguardi maschili accecati dal desiderio e mi divertono quelli invidiosi delle donne che li accompagnano.

Dite la verità, mi state odiando.

Lo so, mi odierei anche io.

Sappiate che tutto questo riluce meno di quanto pensiate, perchè c'è una nota stonata, un piccolissimo ma indelebile neo che, apparentemente, non si concilia con la mia vita: soffro di eisoptrofobia, che non è un'esotica malattia infettiva presa in gioventù, ma... è la paura di specchiarsi.

Cogliete, vero, l'enorme ironia della legge del contrappasso? Una supermodella che ha paura del suo riflesso! Neppure la più fervida fantasia avrebbe partorito un controsenso del genere, evidentemente la vita ha un senso of humor imprevedibile.

Non ho specchi in casa, non guardo nelle vetrine, ho sempre le tende chiuse ed evito persino le pozzanghere dopo la pioggia, cosa che è abbastanza difficile in inverno a Parigi. Fortunatamente, per lavoro mi truccano e mi vestono così che non è necessario che io mi specchi, per quanto devo dire che quando so di essere a posto, riesco a darmi un'occhiata fugace senza iniziare a sudare freddo, ma che non mi soddisfa, perchè la mia paura nasce da un'errata percezione che ho del mio corpo. Intendiamoci, oggettivamente so di non avere nulla che non vada (ho impiegato anni di terapia per farmi capirlo), ma quando sono costretta a guardarmi, non riesco a non vedere un corpo che non mi piace, mostruoso a dirla tutta.

Certi giorni, tipo oggi, devo ammettere che la mia professione non aiuta: il set oggi era pieno di specchi, per cui alla fine della sessione ero così nervosa e stremata che me ne sono andata senza salutare nessuno. Avranno pensato che sono la solita star capricciosa, ma non m'importa. Il rimedio a tutto ciò l'ho scoperto per caso: una sera tornai tardissimo da un set e il mio cane, Evander, mi aspettava col guinzaglio in bocca per uscire a fare il suo solito giro "liberatorio". Io avevo un diavolo per capello, ma non potevo sottrarmi, per cui infilai Adidas e tuta e uscii per strada. Era notte fonda, la città sopita mi sorprese facendomi innamorare letteralmente del contrasto tra la quiete notturna dei luoghi solitamente caotici di giorno. In quel momento, dentro di me qualcosa tacque e capii che l'antidoto al veleno che mi stava consumando era ripetere questa esperienza "onirica" appena possibile: giare di notte, godere del silenzio che di giorno evitavo per non pensare, era diventato un rito imprescindibile per la mia salute e finchè Evander era con me non avrei avuto paura di farlo.

L'ultima cosa a completare questa fiera del paradosso che è la mia esistenza è che amo particolarmente il lungo Senna, ma solo di notte: non sia mai mi capitasse di vedermi riflessa nell'acqua potrebbe venirmi un colpo.

La mia ingarbugliatissima personalità mi condanna ad essere single: gli uomini che ho incontrato hanno amato la mondanità più di quanto abbiano amato me, perchè appena hanno scoperto la vera, problematica Ginevra mi hanno piantato in asso.

Tutti.

Sono troppo contraddittoria, dicono.

Però io credo che là fuori ci sia per me un amore vero, che vada oltre le apparenze, il lusso e lo sfarzo e che mi aiuti nella lotta contro i miei demoni.

Solo che non so dove cercarlo.

Non fateci caso, la prossima settimana è San Valentino e, come ogni anno, divento malinconica.

Persa nei miei pensieri, non mi sono accorta che sono ritornata sul set di oggi, una barca ormeggiata in un punto della Senna dove abbiamo scattato delle foto per la nuova collezione di costumi da bagno: è stata una cosa veloce, ma non facile per la mia fobia e perché il proprietario della barca inizialmente ci girava intorno come un falco con fare paranoico per controllare che non facessimo danni. Un bel tipo, ma burbero, che si chiamava...?

Edoardo

Hanno combinato un macello, maledizione! Gomene arrotolate, vele prese e messe in un angolo, albero e timone usati come sgabello per le loro pose, hanno graffiato la mia "Azzurra" e mi ci vorrà un giorno intero per mettere tutto a posto. Tre ragazze e due uomini, mica un esercito, hanno messo a soqquadro la barca di mio nonno, ovvero la mia casa, nonché mia unica a fonte attuale di reddito, in attesa di tempi migliori, quelli in cui potrò lasciare questo ormeggio e realizzare il mio sogno di bambino, girare il mondo in barca a vela. Sentire il vento e la salsedine addosso, svegliarmi ogni giorno ammirando un'alba sempre uguale e, al contempo, sempre differente, cambiare luogo ogni volta che voglio è ciò che più desidero. Per riuscirci, però, ho bisogno di soldi: ho speso tutti i miei risparmi accumulati in anni in cui ho lavorato da informatore medico-scientifico per rimettere in sesto questa che i miei genitori chiamano con disprezzo "bagnarola", ma che io ho sempre ritenuto essere il passaporto verso la libertà. Hanno voluto a tutti i costi che io studiassi per trovarmi un lavoro dignitoso e li ho accontentati, pur sapendo che il mio vero desiderio fosse quello di viaggiare e l'ho fatto finchè ho potuto; poi è arrivata la crisi, l'azienda mi ha messo in cassa integrazione e io ne ho approfittato per dedicarmi al mio vero progetto di vita. Ne sono nate discussioni infinite, che si sono interrotte solo quando mi sono trasferito qui a vivere: ora posso seguire tutti i lavori da fare ed eseguirli se ne sono in grado, ma questo ha esaurito i miei fondi per cui mi sono trovato costretto ad affittare "Azzurra" per gli usi più disparati. Se si tratta di giri turistici, cene a bordo, lezioni di vela o altro per cui devo esserci, è tutto ok, ma quando, come oggi, la mia presenza è addirittura ingombrante, allora vado in tilt perché prevedo danni. Chi paga pensa che, per questo, gli sia permesso qualsiasi comportamento e io non sopporto questo tipo di l'arroganza; purtroppo, però, devo piegarmi alla necessità. Quella di oggi, almeno sulla carta, sembrava una giornata semplice: la barca doveva servire da set fotografico per una linea di costumi da bagno. Già mi fregavo le mani credendo che mi sarei goduto lo spettacolo di belle ragazze poco vestite, invece prima mi hanno usato come bestia da soma per portare le loro attrezzature a bordo (sciocco io a pensare solo alle macchine fotografiche), poi mi hanno cacciato per poter avere tutto lo spazio a loro disposizione.

Devo ammettere che, in un contesto del genere, "Azzurra" risultava essere un po' piccola.

C'era una modella bellissima che non faceva altro che guardarsi intorno con un'aria indefinibile, seccata direi. La prima foto prevedeva che si stendesse parzialmente sul bordo della murata e che guardasse verso il mare e ha fatto mille storie dicendo che non era l'inquadratura giusta, che non valorizzava il costume, che la luce non andava bene e altre sciocchezze, fino a quando il fotografo non l'ha zittita e lei è stata costretta ad assecondarlo. Sono scoppiato a ridere e lei mi ha fulminato con gli occhi, cambiando posizione e facendo arrabbiare il fotografo che, di conseguenza, mi ha cacciato.

Ora sono seduto a terra a rilassarmi, ma non riesco dimenticare quello sguardo incazzato, ma così fiero e intenso da togliermi il fiato: mentre penso che è troppo che non ho compagnia femminile, sento una voce gridare "Evander, no!" e un cane salta sulla barca correndo verso di me che mi immobilizzo non sapendo che intenzioni abbia. Mentre Evander mi annusa, la voce lo chiama ancora, ma lui è troppo distratto: alzo gli occhi e vedo una ragazza correre e raggiungerci recuperando il guinzaglio.

"Scusami, spero che Evander non ti abbia spaventato, sembra aggressivo, ma in realtà è un cucciolone! Vero che sei il giocherellone di mamma? Ehi, sbaglio o sei il ragazzo del set di stamattina? Piacere, io sono Ginevra."

Antologia: opposti innamoratiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora