1- Siamo chi siamo

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Bruno sprofondò sulla poltrona di pelle, intrecciò le mani dietro la nuca e portò le gambe sulla scrivania di mogano; ciondolò sulla morbida seduta e si complimentò con sé per l'egregio risultato ottenuto nella trattativa con i nuovi potenziali clienti. Questo sì che era uno smacco al vecchio re guantaio. Poteva ritenersi più che soddisfatto, il cavaliere Anselmi aveva mostrato interesse per la sua linea di guanti, prossima al lancio sul mercato nazionale. Anselmi poteva essere annoverato come l'ultimo importante cliente di Sanna, quell'antiquato che credeva fosse di alta moda unicamente la propria produzione artigianale.

Ernesto Sanna credeva nella sacralità di ago e filo, come l'anziano padre e come il nonno di Bruno; i due patriarchi si erano fatti una rispettosa concorrenza, ai loro tempi, e avevano condiviso successi e gloria. I Sanna avevano continuato con l'obsoleta, e poco proficua, tradizione artigianale; alla morte del nonno, Bruno, invece, aveva convinto il restio padre a trasformare l'attività familiare in una piccola impresa di moda, redditizia e industriale.

Avevano assunto stiliste, modelliste e sarte specializzate nella realizzazione seriale di guanti. L'alta qualità non rendeva più come un tempo, poiché il guanto era un accessorio démodé e nessuno voleva spendere più di quanto rendesse l'articolo in termini di utilizzo.

Eppure, Sanna continuava ad aver l'esercito di fedelissimi clienti e Bruno tentava di soffiarglieli, sia per mostrare al padre di aver avuto ragione sul rinnovamento sia per l'offesa ricevuta da Ernesto Sanna anni addietro. L'uomo l'aveva apostrofato come uno sbarbatello privo di passione durante una fiera della moda. "Come se per produrre guanti fosse necessario il cuore, anziché una mente votata agli affari." Sanna era ancora lì, in quella botteguccia nel centro storico, mentre lui aveva creato un impero commerciale.

Sanna non sarebbe sopravvissuto all'ultima controffensiva di Bruno. Un ghigno mordace imbruttì la carnosa bocca di Bruno e un guizzo di sfida baluginò nelle sue pupille.

Una giovane donna entrò nel suo ufficio, avanzando cauta. «Dottor Ricci, ho provato a bussare più di una volta ma lei non mi sentiva.»

«Mi scusi, Elena, ero sovrappensiero. Mi dica.» Bruno calò le gambe della scrivania e invitò la segretaria a entrare.

«Ho chiamato tutti i fornitori e mi hanno garantito che entro lunedì ci spediranno le stoffe.» la donna chiosò.

«Bene!» Bruno gongolò.

«Ora, vado ad aggiornare lo scadenziario dei pagamenti. C'è altro che posso fare per lei?» Lo sguardo cristallino della ragazza si posò sulle sue décolleté, mostrando la consueta ritrosia.

«Sì, devi prenotare un fascio di rose rosse per Simona, domani è San Valentino. Trovi l'indirizzo sulla mia agenda.»

Le gote della ragazza si imporporarono, mortificata di dover sottolineare la piccola disattenzione. «Dottore, ma lei usciva con Simona lo scorso mese; ora, sta frequentando Eleonora.»

«Davvero! Che sbadato!» Bruno batté un palmo sulla fronte. «Io farei a meno di queste idiozie, ma a quanto pare a voi donne piacciono, vero?» Bruno ghignò, attendendo la risposta della sua segretaria.

«Dipende.» la giovane osò: «I gesti compiuti per impressionare, ma privi di sincerità e consapevolezza, credo che non facciano piacere a nessuna donna.»

Le sopracciglia di Bruno guizzarono verso l'alto, lambendo, quasi, l'attaccatura della folta e nera chioma, e osservò, risentito, la sottoposta. «Puoi andare, Elena. Hai del lavoro che ti aspetta.»

«Certo, mi scusi, dottore.» Elena sparì oltre il battente, così come era arrivata.

"Ma tu vedi se devo subire le ramanzine della mia segretaria."

Antologia: opposti innamoratiWhere stories live. Discover now