1- L'albero di corniolo e la gazzella

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Leopoldo aveva quasi paura di perdersi nel labirinto di edifici, che componevano il campus universitario; anche quando lo frequentava, anni prima, la sensazione di smarrimento era la stessa. Per fortuna quel tempo, non troppo felice della sua vita, era terminato da un pezzo.

Finalmente imboccò il corridoio giusto e andò di gran carriera in direzione dell'aula, dove lo attendeva sua sorella, Elettra, la cui puntualità era leggendaria; non altrettanto si poteva dire della sua. D'altronde non era un giovane e promettente docente universitario, come lei. Lui, dopo la faticosa parentesi universitaria, conclusasi con una laurea in Storia e Filosofia, con cui non aveva ancora capito cosa fare, si era dedicato ad attività che non richiedevano alcuna rigida puntualità e, soprattutto, alzarsi ad un'ora così assurda come le nove di mattina.

Elettra gli sorrise appena lo vide e gli indicò il posto libero accanto al suo, spostando una grossa borsa per farlo accomodare. Lui guardò con sospetto il sedile usurato offertogli, prima di sedersi.
" Sei arrivato quasi puntuale. Non è da te! ", lo riprese bonariamente.
Inspirò prima di risponderle. " La parola chiave è quasi. La puntualità è sopravvalutata. "

Elettra si spostò una grossa ciocca di capelli rosso Tiziano e scoppiò a ridere. " È bello che ancora esistano certezze, non trovi? "

Lui la guardò accigliato, scervellando sul perché sua sorella avesse deciso di camuffare l'elegante biondo cenere, che contraddistingueva la loro genìa, con quel colore così volgare. Sua madre non avrebbe approvato. Ed eccoci giunti al motivo per cui aveva fatto quella levataccia.
" Volevo parlarti della cena che la mamma ha organizzato per il suo compleanno... "

Lo sguardo che gli rivolse non prometteva nulla di buono. " Non verrò! " Fece per replicare, ma lei non gli diede modo. " Visto com'è andato il nostro ultimo incontro, non ho nessuna intenzione di ripetere l'esperienza. "

" Mamma è molto dispiaciuta."
Lei lo guardò con scetticismo. Ed aveva tutte le ragioni per farlo. La loro genitrice non era affatto dispiaciuta di aver passato l'ultima cena di famiglia a rimproverarla per ogni cosa, dai vestiti ( e non aveva ancora visto quel colore di capelli! ) all'uomo che aveva scelto come compagno di vita, che non possedeva neanche una goccia di sangue blu, oltre a fare l'impiegato comunale per vivere.

Due ragazze entrarono in quel momento nell'aula salutando educatamente e mangiandoselo con gli occhi. Arrossì. Sapeva che a quasi quarant'anni faceva ancora la sua figura. Capelli biondi ed occhi verdissimi, barba e baffi curatissimi nei lineamenti aristocratici facevano da corollario ad una postura elegante. Naturalmente gli abiti, che indossava, erano sempre di alta sartoria.

Mise da parte per un attimo la vanità per concentrarsi sul compito di convincere la sua ostinata sorella a partecipare alla cena. " La mamma ed io vorremmo che tu venissi. "
Come tentativo era un po' fiacco, se ne rendeva conto, ma non era mai stato un grande oratore.

Inaspettatamente però il viso di suo sorella si ammorbidì. " Ci penserò. Ora scusami, ma ho una lezione. "

Soddisfatto, la salutò e, dopo aver dato una veloce occhiata alle studentesse, che continuavano a guardare nella sua direzione, uscì dall'aula.

Proprio in quel momento squillò il suo telefono. " Leopoldo caro, mi ha detto il tuo maggiordomo che sei già in piedi! Troviamoci alla Galleria D'Albi, così ne approfittiamo per cercare qualche bella tela per tua madre. "
La voce impostata di Adela, la sua fidanzata, lo fece sobbalzare. Chissà perché con lei aveva sempre la sensazione di doversi mettere sull'attenti. " Certo, cara. Ci vediamo lì tra un'ora. "

Non aveva voglia di passare la mattinata in una galleria d'arte. Ma non voleva deludere Adela, che sua madre adorava, non solo perché poteva vantare un lignaggio quasi antico come il loro, ma anche perché possedeva tutte le caratteristiche per essere una moglie adeguata per un Della Corgna. E a lui non dispiaceva quella sua bellezza algida e composta. C'era rispetto reciproco, intenti comuni ed una tiepida ed adeguata passione. Elementi che certamente avrebbero decretato il successo del loro matrimonio. Tutta quella manfrina sull'amore travolgente, che ti toglie il sonno e l'appetito era una bazzecola. Era roba per gente comune ed illusa. E lui non era comune, né tanto meno illuso. Con questa consapevolezza fece per passare dall'altra parte della strada, ma un gatto gliela tagliò. Impallidì e cominciò a sudare freddo. Detestava i gatti, ne aveva quasi terrore. Fortunatamente la belva gli passò accanto senza degnarlo di uno sguardo.

***

La sveglia quel mattino non aveva suonato, e la giornata di Zola era piena di impegni. Si alzò dal letto. Aveva quindici minuti di ritardo sulla tabella di marcia. Si precipitò in bagno. Si guardò allo specchio con la bocca piena di schiuma di dentifricio. Lo stato dei suoi capelli non era dei migliori. Folti, scuri e ricci erano sparati in tutte le direzioni; mettevano quasi in secondo piano l'inchiostro che le ricopriva le braccia e risaliva su entrambi i lati del collo. Si legò con stizza i capelli per mettere più in evidenza i tatuaggi, di cui andava fiera.

Nonostante non avesse mai messo piede nel continente dei suoi antenati, Zola aveva sempre sentito dentro di sé che l'anatomia servisse ad identificarsi, e con i disegni sulla pelle le sembrava di passare da uno stato indifferenziato all'appartenenza a una cultura. Il corpo raccontava una storia.

Velocizzò le operazioni mattutine e afferrò la prima cosa che le capitò dentro l'armadio, una felpa rossa e un paio di jeans usurati. Non aveva tempo per cercare altro, dopo il lavoro, doveva passare alla galleria d'arte, dove le avevano organizzato una piccola mostra. Vedere esposti i quadri, che aveva dipinto durante gli anni per fermarsi, staccarsi dal mondo esterno, liberare la mente e dedicarsi a sé stessa, era emozionante.

Da quando aveva sedici anni e aveva perso i suoi genitori, la pittura era diventata la sua ancora di salvezza, l'isola di pace in cui si rifugiava quando il mondo diventava difficile e faticoso da affrontare. Dopo il corso professionale per tatuatore, pagato facendo i più disparati lavori, Bruno l'aveva assunta nel suo studio. Era riuscita a mettere da parte un po' di soldi per potersi permettere un monolocale e da allora si era potuta dedicare anche alla sua passione, la pittura.

Matisse pensò bene proprio in quel momento di infilarsi tra le sue gambe per farle le fuse.
" Sono di corsa, ma ti prometto che stasera ti farò tante coccole."
Il soriano grigio le rispose con un sonoro mao.

Arrivò allo studio appena in tempo per l'appuntamento con il cliente. Odiava i ritardatari.

Finito il lavoro, stava togliendosi i guanti, quando Bruno entrò nella sua stanza.
" Ha chiamato Giordano... "
Lei non rispose. Non aveva più parole da dedicare all'individuo che per due anni era stato il suo ragazzo. Il fiato corto, le vertigini. La sete, il vuoto. E poi l'urgenza. Per i primi vent'anni della sua vita si era tenuta distante dalle montagne russe. No, non era l'altezza a spaventarla. Né il rischio. Piuttosto l'innata incapacità di non saper riconoscere, gestire o persino privarsi di ciò che avrebbe potuto provare una volta seduta su quel comodo ed instabile comodino. Eppure le montagne russe le erano sembrate la scelta migliore possibile. Peccato che con Giordano fosse dovuta scendere perché quei giri erano solo illusione.

" Gli ho ribadito di non chiamarti più qui, né altrove. "
" Bene."

Uscita dallo studio, prese l'autobus al volo e dopo quindici minuti arrivò alla galleria. Entrò dal retro per non dare nell'occhio. La gallerista non si vedeva da nessuna parte.
Notò una coppia estremamente elegante, che sostava davanti ad uno dei suoi quadri. Sembravano usciti da una sfilata di alta moda. Bellissimi e talmente impostati da risultare finti.

Sentì la voce dell'uomo alzarsi leggermente di tono. " Non vorrai regalare a mia madre un quadro con colori così... sgargianti! "
Lei gli sorrise accondiscendente. " Tua madre ne sarebbe inorridita, ma c'è del potenziale qui. "
Lui arricciò il naso perfetto. " Potenziale, in questo marasma di colori? "

Zola non resistette. Quello era il suo quadro. C'era la sua anima ed i colori caldi della sua terra d'origine, l' Africa. Uscì dal suo nascondiglio, dietro l'angolo.
" Dubito che quel tuo naso rifatto, possa captare qualsiasi potenziale! "

Lui assottigliò gli occhi verdissimi guardando la ragazza. La squadrò da capo a piedi. Una selvaggia, concluse, come i colori di quel quadro. Disturbante nella sua posa aggressiva. Eppure in quei lineamenti decisi, in quei tatuaggi da ergastolano che le coprivano il collo da cigno, in quei capelli arruffati, c'era una sorta di atavica eleganza. Fingendo di ignorarla e piccato perché una bella ragazza, anche se sicuramente uscita da un riformatorio, aveva notato che il suo naso non era proprio quello con cui era nato, si rivolse ad Adela.
" Perché un'inserviente gira a quest'ora per la galleria e senza divisa? "

Prima che Zola potesse rispondergli per le rime, arrivò la gallerista. " Signora Alberici, Signor Della Corgna, sono felice di avervi qui. Colgo l'occasione per presentarvi una nostra giovane e talentuosa artista, Zola Dembelè. "
Lui la guardò con malcelato fastidio e Zola ricambiò con evidente acrimonia.




Antologia: opposti innamoratiWhere stories live. Discover now