II

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giorno 3 di prigionia.

Erano passate due notti dall'ultima volta in cui la porta della stanza di Taylor si era aperta.

Per le prime ventiquattro ore e poco più, si era riempita la testa di domande come "Resterò qui a lungo?" o "Mi porteranno da mangiare, o mi lasceranno qui a morire?"; ma poi aveva semplicemente deciso di smettere. Le sue ore passavano così lente, mentre si auto-convinceva di non avere fame o paura. Spesso era costretta ad alzarsi dal letto e camminare in cerchio al centro di quelle quattro mura, quando si accorgeva di essere sull'orlo di una crisi di panico. Per la maggior parte del tempo, però, si limitava a picchiettare sulla spalliera arrugginita con le dita, o a canticchiare nuove melodie. Il suo insegnante di pianoforte sarebbe stato fiero di lei: non faceva che incoraggiarla a scrivere la sua musica, creare le sue proprie sinfonie, ma Taylor si era sempre ritenuta una persona troppo normale per scrivere musica su sensazioni speciali. Adesso, finalmente, stava sperimentando quelle sensazioni che avrebbero potuta ispirarla, e lo odiava.

Ma la parte peggiore arrivava non appena vedeva il sole tramontare, attraverso la piccola apertura vicino al soffitto. Il silenzio diventava così sordo da impedirle quasi di respirare. Quando neanche i raggi del sole potevano riscaldare la stanza, Taylor si ritrovava in un buco nero congelato, dove nemmeno il minimo suono poteva arrivare. Era allora che si sentiva peggio. Tutto ciò che poteva fare era rannicchiarsi in un angolo, ad aspettare che il sonno, in qualche modo, prendesse possesso del suo corpo. Ma ciò succedeva raramente.

giorno 4 di prigionia.

Alla terza notte chiusa in quella stanza, Taylor ne aveva già avuto abbastanza. Quelle lacrime così familiari stavano di nuovo rigando il suo viso, mentre camminava avanti e indietro nel buio. Le gambe le tremavano, forse per l'ansia, forse per la mancanza di cibo, e le braccia erano avvolte intorno al suo busto. Batteva i denti e cercava qualsiasi modo per riscaldarsi e per scaricare i nervi. La sensazione di soffocare la tormentava ancora: sentiva il petto stringersi sempre di più, ed era costretta a fare dei respiri profondi per evitare di andare nel panico. Sapeva che se si fosse fermata anche solo un attimo, sarebbe impazzita. O magari quello era già successo.

Un rumore che le sembrava aver già sentito la fece tremare anche di più, arrestandola dalla sua sessione di pianto. Sentì un rumore di passi lenti e furtivi, provenire da dietro la porta che la rinchiudeva. Il cuore cominciò a batterle più forte, e in quel momento fu sicura di stare per svenire. Anche se era buio, poteva benissimo orientarsi in quel posto, dopo aver fissato quelle stesse pareti per tre giorni. Decise di correre e nascondersi nella seconda stanza, dove c'era il bagno. Chiuse la porta dietro di sé e attese. Cercava di imporre a se stessa di non continuare a piangere e chiudere la bocca. Premette il suo debole corpo contro il legno della porta, consapevole del fatto che quella era tutto ciò che la separava da quello che poteva essere un potenziale pericolo. Ripensò ai tre uomini che le avevano fatto visita giorni prima: se fosse stato anche uno solo di loro, non avrebbero di certo fatto fatica a spostare quella porticina di legno, anche se lei cercava di tenerla chiusa a tutti i costi. Il cigolio della porta di metallo le provocò un brivido lungo la spina dorsale. Taylor premette una mano sulle sue labbra, costringendosi a non singhiozzare.

Oltre la porta, lontana dal suo sguardo, si aggirava una figura magra. Entrò furtivamente nella stanza dove la ragazza sarebbe dovuta essere, e lasciò che la lampadina che illuminava le scale al di fuori di essa facesse arrivare la sua luce anche su quel letto desolato. Taylor non c'era. La stessa figura teneva in mano un fagotto chiaro, che appoggiò sul materasso. Quando trovò la stanza vuota, portò una mano sul passamontagna che aveva in testa. Lo afferrò e lo tolse, prendendo una buona boccata d'aria. I suoi capelli biondo cenere rimasero scompigliati, ma ciò non gli importava poi molto. Camminò verso il bagno, dove era nascosta la ragazza. Posò l'orecchio sul legno scheggiato, e poté sentire i suoi singhiozzi soffocati. Tirò un sospiro e si morse l'interno della guancia, rattristito, per poi andarsene definitivamente.

wonderland. ✩ justay » book 1Where stories live. Discover now