XXXV

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giorno 186 di prigionia.

Da in cima alle scale, Justin sbirciò al piano terra, per assicurarsi che Dom entrasse nella stanza di Taylor con un piatto pieno di cibo, e ne uscisse al più presto. Si rilassò quando, dopo pochi secondi, lo vide riapparire. Dom alzò lo sguardo su di lui, e guardandolo per un attimo con un viso inespressivo, tornò in salotto. Era la routine, ormai. Quegli ultimi tempi erano stati stranamente tranquilli. O almeno, sembravano esserlo. I ragazzi facevano le loro solite cose: mangiavano, bevevano, guardavano il football, bevevano, fumavano e bevevano ancora, e questo era più che normale. Ma l'aria che si respirava era tesa.

Buck, Justin lo aveva notato, non parlava più. Non era mai stato un gran chiacchierone - al contrario di suo fratello - ma ora, davvero, non apriva mai bocca. Anche Claudius si comportava in modo strano: in tutti quei giorni, nemmeno una volta gli era passato in testa di pestare Justin. E se era successo, lui comunque non lo aveva fatto. Dom non era poi così diverso, in effetti. Una volta al giorno scendeva nel seminterrato per portare a Taylor da mangiare e un po' d'acqua, il resto del tempo si comportava in modo piuttosto normale. James, invece, era il più strano di tutti: agiva come se niente fosse mai successo. Come se non fosse andato vicino ad uccidere un membro della sua stessa gang, come se non ci fosse una ragazza rinchiusa nel suo seminterrato.

E Justin, lo sapeva: quella gang era una bomba ad orologieria pronta a scoppiare da un momento all'altro.

Il ragazzo scese le scale silenziosamente. Arrivando in salotto, notò che Dom e Claudius erano seduti davanti al televisore, a fissare le immagini senza interesse. Infilando le mani in tasca, Justin avanzò, cercando di essere il più naturale possibile, e andò a sedersi di fianco a Dom. Nessuno fiatò, mentre in televisione passava un film su uno strano uomo con la barba sfatta e degli artigli di metallo che gli spuntavano dalle nocche.

Claudius, che non era il tipo da fantascienza, lasciò la stanza per andare a farsi un'altra birra. E lui, davvero, era il tipo da birra.

Justin si passò i palmi sudati sulle ginocchia, guardandosi intorno in imbarazzo. Si schiarì la gola, richiamando l'attenzione di Dom.

- come sta lei? -

Mormorò velocemente. Dom sospirò, stando attento che Justin non lo notasse. Continuando a fissare il film, rispose.

- bene. -

Justin annuì. Si aspettava quella risposta, e magari ci credeva anche, perché di certo, senza i ragazzi che minacciavano di piacchiarla ogni giorno, doveva stare relativamente bene.

Il ragazzo riportò lo sguardo sul televisore, anche se non stava prestando attenzione. Sentiva le ginocchia tremargli, e il cuore che batteva forte. Era un sentimento conosciuto, comunque.

- avremo il riscatto tra due giorni. -

Dom lo fece collidere di nuovo con la realtà. Justin rialzò di scatto la testa, spalancando gli occhi.

- che significa? -

Mormorò, ma sapeva esattamente cosa significasse. Dom prese un sorso dalla lattina di soda che teneva in mano e, mantenendo gli occhi puntati sulla tv, continuò a parlare.

- domani le faremo chiamare i suoi genitori per dare loro le informazioni. Cinquecentomila, ha detto James. -

Justin impallidì. Se prima le sue ginocchia tremavano, ora tutto il corpo lo faceva. Sentì freddo, e paura, e la vista gli si offuscò.

Quindi questa era la fine, pensò, la fine di tutto. Si odiava per come stava reagendo. Avrebbe dovuto essere felice, sollevato: tutti i loro problemi sarebbero finiti, Taylor sarebbe stata di nuovo libera, di nuovo in pace. E allora perché stava desiderando così ardentemente che lei rimanesse prigioniera per sempre?

wonderland. ✩ justay » book 1Where stories live. Discover now