XXV

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"Let's get out of this town,

drive out of the city,

away from the crowd."

giorno 158 di prigionia.

Justin's POV.

Avevo un maledetto bisogno di lei.

Passavo davanti alla sua porta ogni dannato giorno, e la guardavo. Lei era là dietro, per quanto ne sapevo poteva star piangendo o morendo di freddo. Ed anche io morivo dentro.

Quella notte ero arrivato al limite. Ero ferito, dentro e fuori, e il fatto che molte di quelle ferite me le fossi procurato volontariamente era sempre meno importante.

Guardai l'orologio della mia stanza. Le lancette ruotavano, ma il tempo mi sembrava tornare indietro, invece che avanti. Aspettai il più possibile che la notte arrivasse, con in testa il mio passamontagna, fino a quando non crollai. Mi alzai dal mio letto, con in mano solo la mia torcia, e non mi preoccupai né di non fare baccano né di non farmi vedere: scesi la prima rampa di scale, passai per la porta nascosta dalla libreria, feci di corsa quegli ultimi sette scalini, e arrivai. Il freddo lì sotto si fece immediatamente sentire, e mi chiesi come facesse Taylor a sopravvivere a quelle temperature.

Entrai.

Ebbi voglia di piangere, quando il fascio di luce della mia torcia la illuminò. Era sempre più piccola, sempre più fragile, sempre più spaventata, anche mentre dormiva.

Mi sedetti vicino a lei, sul suo letto. Il suo gracile corpo era avvolto da una coperta. Una sola coperta che mi separava dalla sua pelle. Posai una mano sulla sua spalla, bisognoso di avere anche il minimo contatto con lei, e Taylor sobbalzò. Questo mi fece capire quanto il suo sonno fosse turbato.

Quando mi vide, però, il suo corpo si rilassò. Prima ancora che parlassi, Taylor si era gettata a piangere tra le mie braccia. Non persi tempo a ricambiare quell'abbraccio.

Eravamo entrambi troppo deboli per non piangere, quindi lasciai semplicemente che si sfogasse.

- oh mio Dio, sei qui. -

Mormorò nascondendo il viso nel mio abbraccio. Vidi che indossava una grande felpa nera con una zip sul davanti che, a giudicare dalla taglia, doveva essere di uno dei gemelli.

- sono qui. -

Sussurrai. Strinse nei pugni la mia maglia, sfogando tutti i suoi sentimenti repressi in quel pianto. Dovetti stringere i denti per non crollare anche io. La sua stretta sul mio corpo faceva bruciare le ferite non ancora rimarginate, ma quello che bruciava di più, in quell'abbraccio, era il mio cuore.

- pensavo che non ti avrei più rivisto. -

Le sue parole arrivarono soffocate alle mie orecchie, intralciate dai suoi singhiozzi e dal fatto che il suo viso affondava nel mio collo.

Scossi la testa e le accarezzai i capelli.

- te l'ho detto, io non vado da nessuna parte. -





Un'ora dopo ero steso sul suo letto di lato, facendo scudo al corpo di Taylor con il mio per proteggerla dal freddo e da qualsiasi altro pericolo. Una mia gamba circondava le sue, e il suo petto era schiacciato contro il mio. Sentivo il suo respiro pesante sfiorarmi il collo mentre, da sotto le coperte, la sua mano si muoveva sul mio addome. Sfiorai la sua guancia con le dita per attirare la sua attenzione, e lei alzò lo sguardo su di me. Ad illuminare la stanza c'era solo la mia torcia, posata a terra ai piedi del letto, ma anche con quella luce così scarsa potevo vedere chiaramente i suoi occhi spenti e feriti, come potevo vedere l'occhio nero, e le labbra spaccate, e la guancia gonfia.

wonderland. ✩ justay » book 1Where stories live. Discover now