XXXVI

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Dire che Taylor stesse bene era un eufemismo. Non stava morendo, ma di certo non stava bene.

Era sola, completamente sola, allontanata dall'unica ancora che la manteneva attaccata alla vita: lui.

Non lo aveva visto dal giorno di quell'incidente. Ora che erano passate settimane, lui le mancava più di ogni cosa. Più della libertà stessa. Ma era anche arrabbiata, perché non sapeva se fosse vivo o meno, e se non lo fosse stato, non sarebbe stata capace di vivere con il senso di colpa per quello che gli era successo.

Quando la porta della lurida stanza in cui era confinata si aprì, non si preoccupò di alzare la testa. Aveva visto la stessa persona per giorni, e non era la persona che voleva. Non vedeva ragione per alzare lo sguardo e controllare.

La figura appena entrata camminò fin davanti a lei, intromettendosi nel suo campo visivo. Justin non parlò. Da sotto la sua maschera, si morse le labbra per non piangere, a vedere il corpicino gracile steso davanti a sé. Analizzò il viso scavato, sentendo un vuoto allo stomaco quando vide, al lato della sua testa, un rigonfiamento livido, che doveva aver sanguinato, a giudicare dalla scia coagulata lungo la sua guancia.

Dato che la ragazza non si mosse, Justin deglutì, e si decise, finalmente, a parlare.

- devi seguirmi. -

Disse, cercando di camuffare il più possibile la sua voce. Taylor alzò lo sguardo, e nello stesso momento, lui guardò altrove. Sapeva perfettamente che l'unico modo con cui Taylor avrebbe potuto riconoscerlo era dai suoi occhi, e lui non voleva essere riconosciuto.

Taylor si tirò su, lentamente, cercando di combattere il senso di nausea. Strizzò gli occhi, standosene seduta mentre si teneva la testa con le mani. Justin sospirò e si diresse velocemente in bagno. Si tolse la felpa nera, ignorando il bruciore sulle braccia, e poi sfilò anche la canottiera bianca. Rinfilò la felpa per evitare che lei vedesse le braccia fasciate, e infilò la canottiera bianca sotto l'acqua del rubinetto.

- devi darti una ripulita. -

Mormorò tornando nell'altra stanza. Si inginocchiò davanti a Taylor e pulì il sangue asciutto sul suo viso con la propria maglia. Lei rimase ferma, e guardarlo. Il ragazzo le tamponò la ferita sulla tempia, deglutendo in continuazione per tenere la gola bagnata e, allo stesso tempo, sopportare la pressione della situazione.

- perché porti una maschera? -

Mormorò Taylor. La sua voce era impastata, rauca, perché non aveva aperto bocca da giorni. Justin si fermò per un attimo, abbassando lo sguardo sul panno intriso di sangue nelle sue mani. Non rispose. Ricomponendosi, continuò a ripulire la sua ferita, ignorandola.

- conosco il tuo viso, non c'è motivo di nascondersi. -

Lo aveva riconosciuto. Lo aveva fatto dal momento in cui aveva parlato: era difficile dimenticare quella voce.

- beh, allora farai meglio a dimenticartelo. -

Rispose lui alzandosi. Taylor corrugò la fronte, mentre una valanga di emozioni la travolse.

- che fine avevi fatto? -

Chiese a denti stretti. Ora si sentiva abbandonata, ancora più sola di quanto fosse stata per tutti quei giorni. Justin la ignorò di nuovo, senza nemmeno guardarla negli occhi.

- il capo vuole vederti, quindi muoviti. -

Taylor si alzò dal suo letto e, barcollando, camminò verso di lui. Ma non aveva intenzione di andare da James.

- vedermi per fare cosa? Farmi credere di nuovo che vuole ucciderti? -

- lo farà sul serio se non chiudi il becco e mi segui. -

wonderland. ✩ justay » book 1Where stories live. Discover now