XXIX

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giorno 166 di prigionia.

Narratore esterno.

Taylor era addormentata nella sua stanza, ma si svegliò appena sentì la porta scricchiolare. Era notte, e poteva essere solo una persona. Si mise seduta sul letto, e vide, in controluce, la sagoma che si avvicinava.

- hey.. -

Mormorò a bassa voce. Non lo vedeva da quando erano stati scoperti insieme, e, anche se aveva promesso di lasciarlo in pace, era felice che fosse tornato.

- come vanno le ferite? Stai bene? -

Chiese a bassa voce, mentre il ragazzo richiuse la porta. Lui non rispose. La luce era scarsa, e lo vedeva a malapena.

- tutto okay? -

Disse ancora Taylor, stavolta con uno sguardo più cupo sul viso. Il ragazzo camminò più vicino a lei, ma Taylor non sentì l'impulso di baciarlo o abbracciarlo. Al contrario, si fece più indietro, pur restando seduta sul letto. Quando lui fu ai piedi del materasso, Taylor fu certa che qualcosa non andava. Era più alto di quanto ricordava, con le spalle più larghe.

Quello non era il suo ragazzo.

Quello non era il suo ragazzo

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- c-che cosa vuoi? -

Sussurrò lei, balbettando. La figura nera rimase immobile dov'era, circondata solo da un contorno di chiara luce lunare.

- mi dispiace. -

La figura parlò, e non era la voce del ragazzo. Taylor sgranò gli occhi, e il suo respirò cessò.

- non è niente di personale. -

Taylor fissò l'uomo in piedi davanti a lei. Parlava con voce basse e roca, e non fu in grado di capire chi fosse, tra quelli che erano nella gang. D'un tratto l'uomo scattò in avanti, avvolgendo le mani intorno al collo di Taylor. La ragazza urlò, ma questo la spinse sul materasso. Afferrò il cuscino vicino alla sua testa e, con un movimento fulmineo, iniziò a premerlo sul volto di Taylor. Lei era ormai nel panico. Non sentiva neanche un filo d'aria arrivare a lei, così come non sentiva la sua voce mentre tentava di urlare. Scalciò alla cieca, e capì di essere riuscita a colpire l'uomo, un paio di volte, ma lui si spostò a cavalcioni su di lei e fece pressione più forte. Le mani di Taylor cominciarono a perdere sensibilità, e non aveva più controllo dei sui muscoli. L'ossigeno che era nei suoi polmoni era scarso, e con il cuore che le batteva così forte, si esauriva in fretta. Anche se non vedeva l'uomo, poteva sentirlo. Mosse le mani fino a trovare quello che era il suo viso, e cercò di colpirlo più forte che poteva, ma le forze se ne andavano a vista c'occhio. Strinse il pugno intorno alla maschera che portava e con un movimento secco, gliela strappò di dosso.

Buck aveva tutte le intenzioni di vederla morire.

Come le aveva detto, non era un fatto personale: l'unico problema era che, da quando lei era lì, i problemi con Justin erano aumentati a dismisura. Sapeva che James avrebbe provveduto, e in quel caso non sarebbero bastati più dei punti qua e là. Non lo poteva permettere. Justin era una palla al piede, ma era il figlio di Jeremy. Era tutto quello che restava di quell'uomo, e Buck non poteva lasciare che finisse come suo padre.

wonderland. ✩ justay » book 1Where stories live. Discover now