XIX

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"Well, it's good to hear your voice,

I hope you're doing fine,

and if you ever wonder,

I'm lonely here at night."

Narratore esterno.

Vivere da ostaggio, per Taylor, era come correre in una ruota per criceti: per quanto si sforzasse, non arrivava mai da nessuna parte. Ogni giorno era uguale ad un altro, ma ogni giorno era una nuova battaglia. Le occasionali visite della gang erano la sola cosa che le ricordavano di essere viva. Per il resto, Taylor si sentiva come intrappolata nel tempo. Ferma in un terribile, solitario momento che non aveva intenzione di passare. Nonostante ciò, però, le ore chiusa in quello scantinato continuavano a passare. Le ore divennero giorni, e i giorni divennero settimane. L'inverno fece presto ad arrivare.

giorno 137 di prigionia.

Taylor si trovava seduta ad un tavolo, su una vecchia sedia di legno. Tutto quello che sapeva era che due uomini erano andati da lei e l'avevano trascinata attraverso un paio di rampe di scale, fino ad arrivare lì. Conosceva quella stanza: ci era già stata una volta, e non ne aveva un bel ricordo. In quel momento, però, non le importava. Quella stanza era così calda, grazie alla stufa a gas sistemata in un angolo e, confrontata alla sua, era una suite di gran lusso.

La ragazza guardò fuori dalla finestra, dopo mesi. Vide il bosco dove lei e Justin erano usciti, e ora gli alberi non avevano più chiome fitte o foglie colorate, erano spogli e coperti di neve. Ma a lei piaceva la neve, e l'inverno. Le felpe, la cioccolata calda, lo scoppiettare della legna nel camino. Quella era sempre stata la sua stagione preferita. Fino ad allora. Ora conosceva solo il freddo, che, spesso, era anche peggiore della fame.

- bene, bene, bene, cosa abbiamo qui? -

Taylor voltò lentamente la testa verso l'uomo dall'altro lato del tavolo: il capo. Se ne stava seduto alla sua poltrona, con i gomiti posati sul legno e le mani giunte. Dietro di lei, schierati contro la porta, c'erano gli altri membri della gang. C'erano proprio tutti, tranne la sola persona che desiderava vedere.

La ragazza aveva gli occhi stanchi, e faceva fatica a tenere la testa alzata. Guardava i suoi polsi e le sue gambe, e si rendeva conto di quanto fossero sottili. I suoi jeans - che una volta erano degli skinny che la fasciavano alla perfezione - adesso ricadevano morbidi sulle sue gambe, vuoti, incompleti.

- lo sai che giorno è oggi? -

Un brivido attraversò la spina dorsale di Taylor, ma stavolta non fu colpa del freddo. L'ultima persona che le aveva fatto quella domanda era Justin, e solo pensare a lui la fece sussultare.

- è la vigilia di Natale. Tanti auguri, principessa. -

L'uomo di fronte a lei, James, parlò come se Taylor lo stesse seriamente ascoltando.

- e abbiamo pensato che anche tu meritassi un regalo. Signori, volete mostrarlo alla nostra ospite? -

James mosse in aria la mano con fare teatrale, rivolgendosi agli uomini presenti nella stanza. Due di loro si avvicinarono e posarono due oggetti su un tavolo: un foglio di carta piegato in due, ed un vecchio telefono con la tastiera girevole. Taylor osservò confusa, ma la sua espressione rimase impassibile.

- abbiamo composto un numero, ti basterà sollevare la cornetta e la chiamata partirà. Tu dovrai dire esattamente quello che c'è scritto nel foglio e poi passarmi il telefono, va bene? -

wonderland. ✩ justay » book 1Where stories live. Discover now