XXIII

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giorno 153 di prigionia.

Narratore esterno.

Un vigliacco. Un traditore. Un impostore. Un criminale. Un mostro. Un infame.

Era così che si era sentito Buck negli ultimi tre giorni.

Eppure aveva obbedito ad ogni ordine. Non aveva contestato il suo capo. Non si era opposto.

O magari era proprio quella la causa.

La sola cosa certa, era che non sapeva più a cosa credere.

Sapeva che Justin era nella sua stanza, oltre la parete. Probabilmente stava dormendo, o magari cercava un modo per scappare di lì o di suicidarsi. Era quello che aveva sempre fatto, infondo.

Buck si sentiva stranamente infastidito quando si trovava a pensare a Justin o a Taylor. Non era il fastidio che aveva sempre provato: non sentiva di odiarli, non aveva voglia di prenderli a pugni o di deriderli. Aveva solo voglia di gridare.

Negli ultimi giorni non aveva fatto che pensare a quello che era successo tra James e Taylor. Quelle immagini giravano nella sua testa come un tornado, e, nonostante cercasse di scacciarle, loro restavano impresse nella sua mente. Ricordava bene anche come James e Claudius si occuparono di Justin, una volta lasciato il semi-interrato. Le sue ferite furono riaperte. Il suo corpo fu straziato di nuovo, ma non tanto quanto il suo cuore.

Era tremendamente fastidioso.

Buck non era certo di cosa significasse: probabilmente era il fatto che non capiva il rapporto tra Justin e Taylor, o magari era solo la sua coscienza. Questo rimaneva un mistero.

Quel pomeriggio, Buck era di nuovo immerso nei suoi contorti pensieri, che cercava di scacciare passeggiando per la casa. Mentre era diretto alla sua stanza, per caso, notò che la porta di James era aperta. Di solito lui la teneva chiusa, soprattutto quando era all'interno, ma quel giorno, da quella porta, fuoriusciva uno spiraglio di luce, che spezzava il corridoio buio. Nonostante non avrebbe dovuto farlo, Buck si avvicinò furtivo. Sentiva James parlare animatamente con qualcuno al suo cellulare, e allora rimase ad ascoltare.

- mi ha aggredito. Si è ribellato per l'ennesima volta, come potrei lasciar correre anche questo? -

Protestò l'uomo.

- non possiamo lasciare che continui così. Tornerà da lei, è sicuro. -

Buck capì che l'oggetto della conversazione era, di nuovo, Justin. Ma perché? Realizzò che sia Claudius che suo fratello erano al piano di sotto, e che perciò era impossibile che James fosse al telefono con uno di loro, che erano gli unici a conoscenza della situazione. E allora chi c'era dall'altro lato della cornetta?

- lui le ha detto il mio nome. Non posso lasciarla tornare, sarei finito. -

Continuò l'uomo, e Buck era sempre più indignato.

- cosa? Dobbiamo liberarci di lei. Anzi, di entrambi. Mi hanno solo causato guai, e non voglio finire dentro per due ragazzini. -

Buck si sentì gelare. Liberarsi di entrambi. I patti erano stati chiari: avevano bisogno di portare a termine questo affare. Non potevano lasciarsi sfuggire quella ragazza. Avevano bisogno di soldi.

- ci rovineranno! -

Continuò James gesticolando, poi, d'un tratto, si calmò.

- certamente. Mi dispiace. -

James che chiedeva scusa?

- sissignore, farò come ha detto. -

A quella signola frase, una lampadina si accese nella testa di Buck. Il suo respiro si fece improvvisamente pesante, mentre indietreggiò dalla stanza di James. Con chi parlava? Cosa lui e gli altri non sapevano?

wonderland. ✩ justay » book 1Onde histórias criam vida. Descubra agora