III

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giorno 5 di prigionia.

- Non posso credere che quel ragazzino non abbia ancora imparato la lezione, Cristo. -

La voce di James, il capo, arrivò alle orecchie di Claudius stanca e infastidita.

- lui ha negato tutto il tempo, ma sono abbastanza sicuro che sia stato da lei. -

Rispose Claudius, riferendosi a Taylor. James se ne stava seduto sulla sua sedia girevole, di spalle, mentre guardava fuori dalla finestra. Teneva tra due dita una sigaretta, dalla quale si alzava lentamente una sottile scia di fumo. Oltre la scrivania, l'altro uomo se ne stava in piedi. Le braccia erano tese lungo i fianchi e la schiena dritta, mentre imponeva a se stesso di non fare niente che infastidisse il capo.

James continuava a fissare fuori dalla finestra, lo sguardo pensieroso. Girò la sedia, provocando un lieve scatto nel corpo di Claudius, che si irrigidì all'istante. Sulla scrivania del capo giaceva un trasmettitore. Gli bastò prenderlo in mano e tenere un bottone premuto perché la sua voce arrivasse dall'altro lato del casolare, alla trasmittente di un membro della gang.

- Buck, mandami Justin. Adesso. -

- sissignore. -

La conversazione finì.

- puoi andare, ci penso io a lui. -

Mormorò annoiato il capo. Con un cenno della testa, Claudius sparì dalla stanza. Mentre percorreva le scale che portavano al piano terra si imbatté in un Justin tremante e nervoso. Non poté fare a meno di ghignare a quella vista, soddisfatto di averlo messo nei guai di nuovo. Non gli piaceva quel ragazzino, e i sentimenti erano reciproci.

- di nuovo nei casini, piccolo? Perché la cosa non mi sorprende? -

Justin si limitò a superarlo e a lanciargli un insulto. Sapeva perfettamente cosa stava succedendo, e non aveva bisogno di preoccuparsi anche di quel vecchio rompiscatole di Claudius.

In pochi secondi Justin era in piedi davanti lo studio del capo. Incerto sul da farsi, prese un profondo respiro, tentando di regolare il suo battito cardiaco. James era scaltro, e non avrebbe fatto fatica a capire quanto Justin fosse nervoso. Il pugno tremante del ragazzo si alzò a mezz'aria, pronto a bussare, quando una voce venne fuori dalla stanza.

- entra. -

Justin abbassò la mano. Il fatto che James lo stesse aspettando così impazientemente non migliorava la situazione. Si fece avanti ed entrò nella stanza, costringendosi a tenere la schiena dritta e la testa alta. La prima cosa che sentì fu l'odore di fumo, seguito da una scarica di brividi lungo la schiena non appena il suo sguardo incrociò quello del capo. Se ne stava seduto sulla sua sedia di pelle rossa, con i gomiti sulla scrivania e le mani giunte. Davanti a lui c'era un portacenere con alcuni mozziconi di sigaretta, tra cui quello che aveva gettato da poco e che era probabilmente la causa principale dell'odore di fumo che infestava la stanza.

- hai intenzione di stare lì sulla porta tutto il tempo? -

Disse James. Justin deglutì, scuotendo la testa. Chiuse la porta dietro di lui e si avvicinò al capo, restando in piedi al centro della stanza.

- perché mi hai fatto chiamare? -

Domandò quindi Justin nel tono più rilassato che riuscì a trovare. James sospirò, appoggiando la schiena alla sedia e incrociando le braccia.

- ho sentito dire che continui ad aggirarti per casa di tarda notte. Problemi di insonnia, per caso? -

Le domande sarcastiche del capo non facevano che innervosire Justin ancora di più, voleva solo che arrivasse al punto e che tutta quella tortura finisse.

wonderland. ✩ justay » book 1Where stories live. Discover now