Il ricordo

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"Bluet" mi chiama una voce. Non riesco a capire da dove venga, ma capisco subito chi è.

"Papà" rispondo con un sussurro, le lacrime agli occhi.

Non posso crederci. Papà, il mio papi. La figura imponente di mio padre mi appare davanti. Alto, con i muscoli delle braccia messi in evidenza da una maglietta a manica corta. Mi sorride dolcemente, prima di abbracciarmi. Mi è mancato tanto il suo contatto, ma in breve la pelle di mio padre diventa fredda, grigia e il sorriso si irrigidisce

"Papi, no. Rimani. Mi manchi" sussurro, incapace di contenere le lacrime

"Ti vogliamo bene, Bluet. Ricordalo sempre e non cambiare mai" mi accarezza la guancia dolcemente, prima di scomparire.

Mi sveglio in preda al sudore e, per cercare un po' d'aria, esco sul balcone che sta in camera. L'aria fredda mi entra nei polmoni e, abbassando lo sguardo sui miei piedi nudi, vedo un guscio di lumaca.
Lo raccolgo, decisa a portarlo in un posto umido, quando inizia a muoversi. Lo lascio cadere, con un convulso e questo si apre.
Sbarro gli occhi dalla paura. Una sensazione di gelo mi entra nella pelle, lasciandomi come immobilizzata.

Mi misi a sedere con difficoltà, riprendendo piano piano a respirare normalmente, ma la sensazione di morte e di freddo lasciatami dal sogno non sparisce in fretta.
Guardai l'orario indicato dalla sveglia. Le 5:56.
Presi il telefono con mani tremanti e non trovai nessuna chiamata. Mi tranquillizzi un secondo, poi chiamai mia mamma

"Mamma" sussurrai quando rispose, la voce tremante

"Azzurra, perché mi chiami a quest'ora?"

"Come stai?"

"Come ieri, tesoro. Tranquilla. Hai avuto di nuovo l'incubo?"
Annuì, per ricordarmi solo un secondo più tardi che non poteva vedermi

"Sì. Stai bene? Sicura? Non vuoi che venga lì?"

"Sì, sto bene, sono controllata. E no. Non venire, non servirebbe a niente, comunque, non puoi fare niente"

"Ma se vuoi posso venire comunque. Così non ti lascio da sola"

"Non preoccuparti per me, starò bene"

"Ok. Se c'è qualcosa mi chiami, vero?"

"Sì, anche l'ospedale ha il tuo numero. Stai tranquilla. E adesso torna a dormire, che hai ancora un paio d'ore"

"Ok, buona notte"

"Buonanotte"

Riattaccai, ma non mi rimisi a dormire. Non ci sarei riuscita.
Uscì sul balcone, portando un libro con me. Mi osservai intorno: la distesa di palazzi bolognesi, illuminati da forti luci artificiali quasi nascondevano quelle piccole e buie stradine, dove solo la luna arrivava.
Guardai il libro che mi ero portata, Hunger Games, il canto della rivolta, e chiusi gli occhi, immaginando di trovarmi nel distretto 13, insieme a Katniss, a Gale e alla Colin, di cui avrei però fatto volentieri a meno.
Amavo leggere, mi trasmetteva sicurezza, era una delle poche cose, insieme alla ritmica, che mi rilassava in qualsiasi situazione.
Iniziai a leggere, non so quanto tempo rimasi con il naso nei libri, ma mi accorsi di Matteo che si era affacciato sul suo balcone solo quando parlò

"Che ci fai qui? Sono le 6.30"

Sobbalzai, al suono della sua voce e mi volta verso la porta. Stava a braccia incrociate e mi guardava dubbioso

"Non riuscivo a dormire" spiegai

"Tutto bene?" Chiese sporgendosi verso la ringhiera che separava i due terrazzi.

Ti Rimarrò Sempre Accanto~ Giorgio ScalviniWhere stories live. Discover now