capitolo otto

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<<Ci vuole tempo>> disse la Signora Kelley al nostro primo incontro.

E infatti passò già una settimana. Una settimana da quella che fu l'inizio della mia "redenzione", così l'avevamo chiamata. Penso fu più un modo di renderla poetica perché in realtà fu davvero pesante, più di quanto immaginassi. Sia per "questioni legali", che parte integrante della mia terapia come primo passo dovetti raccontare tutto anche a mamma. Fu dura dirle tutto e farle notare che in fondo un po' di colpa l' aveva anche lei ad aver abbandonata sua figlia con suo padre che non riuscì a farle niente se non del male, ma d'altra parte però fu sollevata di non essere stata direttamente lei il motivo e questo sollevò anche me. Ovviamente a Dustin non raccontai niente. Non aveva sospetti di un passato così violento, lui credeva solo che mi mancasse mio padre e che mi dovevo ancora abituare alla nuova vita, ed andava bene così.

Per quanto riguardava la seconda fase fu quella di "eliminare la mia infanzia" o per lo meno le cose che mi ricordavano lui e quindi quelle brutte. Se ero partita dalla vecchia casa con poche cose ora me ne rimanevo solo due: gli unici ricordi felici che posso toccare. Il primo è ovviamente un regalo di Dustin, ricordo ancora quando me lo diede, disse che non ero io imbranata a non capire come si giocasse a d&d ma che era il gioco ad essere molto complicato così creò un manuale semplificato scrivendo le regole su un quaderno di scuola per me, avremmo avuto lui dieci e io quindici anni. L'altra è una foto, eravamo io e mamma su un'altalena, ero davvero piccola, avrò avuto sì e no tre anni. Se c'era una cosa bella che aveva fatto mio padre nella sua vita era stata di sicuro quella foto.

Le terza fase era quella di riaprirmi al mondo: "devi crearti una nuova vita se vuoi dimenticare quella vecchia" mi disse la psicologa "visita nuovi luoghi, fai nuove esperienze, trova nuove persone e riallaccia i rapporti con tutti i tuoi amici, scoprirai che ci sono un sacco di persone pronte a volerti nella loro vita" pensai a loro, a Max, Lucas, Will, Mike e Jane con cui stavo insieme ogni volta che venivo qui; pensai a Steve, a Nancy con cui a volte uscivo e poi le nuove amicizie come Robin e il gruppo di d&d e si, pensai anche ad Eddie. Mi fece strano il suo nome. Per quei sette giorni era come se lo avessi rimosso completamente dalla mia testa ma in realtà era sempre lì e questo tuttavia mi confortava.

– – – – – – –

<<Allora>>

<<Dimmi tutto fratellino>>

<<Stavo pensando, visto che stai meglio e che domani torni a scuola, ti va di fare qualcosa oggi pomeriggio?>>

<<Qualcosa tipo?>>

<<Bho, qualcosa insieme a tutti>>

<<Sarebbe bello>> gli sorrisi sincera.

Era mattina presto, stavo preparando la colazione e Dustin tra qualche minuto sarebbe andato a scuola mentre io mi sarei rintanata a leggere un libro nel mio letto. E sì è vero, stavo meglio. Ovviamente Dustin si riferiva alla mia "influenza" ma io stavo davvero meglio. Per quanto riguarda la proposta di organizzare qualcosa era venuta troppo in tempo con la terza fase della terapia per essere stata un'idea solo sua, sicuramente c'era lo zampino di mamma, ma l'entusiasmo del ragazzo bastò per farmela accettare.

– – – – – – –

<<Allora dove andiamo di bello?>> chiesi voltandomi verso Steve che era al posto di guida pronto a ripartire dopo essere passato a prendere me, Dustin e Mike che erano tornati insieme da scuola.

<<Ah ah sorpresa!>>

<<Ok>> risi alzando le mani come per arrendermi.

Non dovemmo passare da Lucas perché ci sarebbe andato in bici e così ci fermammo a prendere Robin, a cui cedetti il posto davanti, e infine arrivammo al parco roulette per Max. Steve parcheggiò sulla strada in modo da non dover fare tante manovre con la macchina e scesi attraversando il cancello che delimitava la zona dirigendomi verso la casa della ragazza.

All I want || Eddie MunsonWhere stories live. Discover now