capitolo ventotto

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<<Tu mi ami solo perché ti ricordo tua madre>> confessai e il mondo si fermò, non solo il mio ma anche il suo. Quegli occhi che mi guardavano ora erano vuoti, congelati da quella verità, delusi. Non ebbi il coraggio di rimanere lì a vederlo in quello stato.

<<Torno dagli altri>> dissi fredda continuando a piangere mentre mi girai e andai verso l'uscita.

Solo qualche istante dopo lo sentì seguirmi e cercò per un attimo di fermarmi ma ormai io ero fuori dal capanno e lui rimase sulla soglia. Lo sapevo, non servì voltarmi e non lo feci, avrebbe fatto ancora più male.

– – – – – – –

Camminavo ormai da più di un'ora per le strade nei dintorni di Hawkins. Dovevo essere in un pessimo stato perché ogni volta che passava un'auto chi guidava mi guardava male e quando passai di fianco ad una signora che era andata a correre si fermò chiedendomi se andasse tutto bene. Sembravo smarrita e lo ero, ma allo stesso tempo sapevo perfettamente dove stavo andando, volevo liberarmi del passato una volta per tutte.

Percorsi il corridoio superando una tomba dopo l'altra poi iniziai a rallentare il passo e i primi dubbi mi assalirono.
<<Che cosa ci faccio qui>> dissi tra me e me tornando indietro di qualche metro per poi fermarmi di nuovo. Guardai il cielo, stava cambiando come il giorno prima, come al capanno, non avevo più scampo, era ora, era ora di porre fine a tutto.
Mi rivoltai verso la direzione di prima e ripresi a camminare, sorpassai una decina di lapidi e poi appena lessi il suo nome sentì un brivido e una voce dietro di me parlò.

<<Vorrei dire di essere sorpreso ma sapevo che prima o poi saresti venuta anche per lui e in fondo lo sapevi anche tu, vero Nicole?>>

<<Perché fai questo?>>

<<Questo cosa? Aiutarti?>>

<<Perché Chrissy, Fred>> feci una pausa sentendo dai passi tonfi che si avvicinavano sempre di più <<perché Max?>>

<<La vera domanda è perché tu, non te lo sei mai chiesta?>>

<<Io me lo merito, loro no>> risposi decisa. Certo che me lo ero chiesta, ma la risposta è sempre stata questa fin dall'inizio.

<<Pensi che loro non provino le stesse cose, non puoi immaginare cosa trovo viaggiando tra le menti di voi umani, tutti si sentono in colpa, tutti pensano di meritarsi il peggio. Io li aiuto solo a liberarsi di tutto questo e nel frattempo mi faccio sempre più forte>>

<<Più forte per cosa?>>

<<Non penso tu sia la persona giusta a cui spiegarlo Nicole, ma se vuoi posso sempre aiutarti>>

<<No, lasciami stare, lascia stare tutti>> urlai.

<<Hai ucciso tuo padre, questa colpa rimarrà sempre con te, ti seguirà ovunque>>

<<No!>> mi accascia sulle ginocchia e cominciai a piangere, poi sentì qualcosa posarsi sulla mia spalla, non feci in tempo a girarmi.

<<Lascia che te lo mostri>> per un momento non capì più nulla poi si fece tutto chiaro. Mi ritrovai nella vecchia casa, quella dove abitavo con mio padre. Era lui fin dall'inizio, tutti quei incubi che sembravano reali, erano sempre stata opera sua, Vecna.

<<Ora inizi a capire vero? Ti conosco da molto più tempo di quanto tu creda Nicole>>

<<Perché siamo qui?>> mi girai sapendo di trovarlo dietro di me ma quando mi voltai lui era sparito e al suo posto i suoni della casa si "accesero" come se qualcuno avesse premuto play.
Il rumore chiassoso della tv in salotto, la poltrona che cigola e il tonfo sordo di una bottiglia di birra posata sul pavimento, poi la sua voce.

All I want || Eddie MunsonWhere stories live. Discover now