capitolo ventinove

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All'improvviso mi ritrovai di nuovo al cimitero, davanti alla sua lapide, stordita e confusa. Non sapevo cosa fare, non ero più certa di questa scelta, di esser scappata. Dall'altra parte volevo rimediare le cose, se non la mia vita, almeno volevo scusarmi con Eddie e salutare tutti, poi si sarebbe visto. Ma non potevo farlo in queste condizioni, non con Vecna che mi pedinava e per questo avevo un piano per distrarlo almeno per un po'.
Ripresi a camminare fino a ritornare sulla strada verso casa, ero messa peggio di quanto ero partita, ma per fortuna stava facendo notte e nessuno mi avrebbe visto, e questo, per quello che avevo in mente, era perfetto.

– – – – – – –

Stavo agendo d'impulso, non ragionavo, o meglio non pensavo alle conseguenze effettive che avrebbe potuto avere quel gesto.
Ero arrivata al parco roulette e stavo per entrare in quella di Eddie che era ancora sotto sequestro dalla polizia.
"Però ora che so come è morta, mi chiedo se avesse preso la droga in tempo se si sarebbe salvata" mi venne in mente questa frase mentre camminavo, la disse Eddie la sera che lo trovammo nascosto nel capanno dopo la morta di Chrissy. Ci riflettevo in realtà da quel giorno, ora che sapevamo chi c'era dietro queste morti e come agiva, chissà se questa teoria non sarebbe stata corretta. C'era solo un modo per scoprirlo e io avevo bisogno di pace.
Per questo stavo setacciando ogni centimetro della roulette, nei cassetti, sotto il letto, dovunque ormai da mezz'ora, per trovare traccia della droga di Eddie, finché non mi ricordai del suo mistico porta pranzo con cui andava in giro a scuola per rifornire i suoi cliente e mi misi subito alla ricerca scovandolo sotto l'armadio in un banale tentativo di nasconderlo. Lo aprì e trovai diverse pasticche e bustine, non avevo idea di dove mettere mano, trafficai spostandone alcune finché non sentì un rumore improvviso venire da fuori, buttai in bocca la prima cosa che mi capitò, la ingoiai, presi la valigetta e uscì di corsa dirigendomi verso un luogo appartato mentre l'effetto della droga iniziava a farsi sentire passo dopo passo.

– – – – – – –

Riuscì ad arrivare a stento e mi misi subito a sedere su una delle panche. Stavo sudando freddo, avevo i brividi su tutto il corpo e la testa mi girava come non mai ma non mi passò per la mente neanche per un momento di Vecna, degli incubi o di tutto il resto. Funzionava, ero al sicuro da lui. Mi accasciai sul tavolo, mi guardai intorno poco prima che la vista mi si offuscasse ancora di più, non riuscendo più a ragionare mi ero addirittura dimenticata dove ero e solo in quel momento realizzai: il tavolo da pic-nic, il nostro tavolo. Ripensai a tutti i momenti passati lì, dal primo all'ultimo, e nonostante sentivo la testa farsi sempre più pesante continuavo a sorridere, finché non sentii più niente e gli occhi si chiusero.

[22:00, 25 Marzo 1986]

[00:00, 26 Marzo 1986]

[02:00, 26 Marzo 1986]

[05:00, 26 Marzo 1986]

[08:00, 26 Marzo 1986]

[11:00, 26 Marzo 1986]

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<<Nicole! Nicole!>> 15 ore di coma, di nulla assoluto poi all'improvviso una voce, quasi un sussurro, molto sfocata. Dopo un paio di minuti cercai di aprire gli occhi ma la luce del sole era tanta e li richiusi subito, nel frattempo la voce si fece sempre più forte, riconobbi la paura, la preoccupazione, riconobbi le lacrime, poi di nuovo il mio nome.

<<Nicole ti prego svegliati, torna da me>> e finalmente riconobbi anche di chi era. Ero distesa completamente sulla panca, non ricordo se mi ci ero messa da sola o altro, riconobbi però la mano che mi accarezzava il volto, le labbra che mi baciarono la fronte e che mi diedero la forza per riprovare a svegliarmi.

<<Eddie>> dissi con un sospiro, con un filo di voce e nonostante lui ero praticamente ad un centimetro da me non sentì, allora cercai di riaprire gli occhi e anche se la vista era ancora abbastanza offuscata ci riuscì e ne fui certa quando anche lui se ne accorse.

<<Ehi Robin, ha aperto gli occhi, l'ho vista, aiutami a spostarla>> non era solo, sentì più di due braccia che mi presero e mi portarono sopra il tavolo.

<<Non hai qualcosa da dargli?>> disse l'altra persona, una voce femminile che non riconobbi subito.

<<Si è fatta di acidi, non posso fare niente>> ammise il ragazzo piangendo.

<<Perché l'ha fatto? Pensi che sapesse quello->>

<<Non lo so, non lo so>> era davvero preoccupato <<ti prego reagisci Nicole>>

<<Eddie>> ripetei stavolta con più forza e finalmente mi sentirono.

<<Nicole!>> esclamò la ragazza che solo in quel momento riuscì a riconoscere: Robin.

<<Sono qui, prova ad aprire gli occhi Nicole>> aggiunse Eddie, mentre lei mi teneva la mano.

<<Non ce la faccio, la luce è troppo forte>> sussurrai.

<<Provaci, so che puoi farcela, devi reagire o l'effetto non svanirà>>

<<Eddie, scusa>>

<<È tutto ok ma ora concentrati, devi tornare da me>>

<<L'avete trovata?>> un'altra voce anche questa preoccupata venne stavolta dalla radio, dovevano essere gli altri. Aprì gli occhi e vidi un po' più distinta la figura del ragazzo sopra di me che rivolse uno sguardo verso Robin che si allontanò di qualche metro per rispondere.
Quando si rivoltò verso di me si accorse che lo stavo guardando e per qualche secondo fece lo stesso lui senza dire una parola mentre pian piano mi abituai di nuovo alla luce e riacquistai completamente la vista anche se cominciai ad accusare un mal di testa fortissimo.

<<Io non volevo dire->>

<<Nicole sono io che mi devo scusare, non me ne sono mai accorto, non pensavo che questa cosa ti turbasse ma ti giuro, ti giuro sulla mia stessa vita che io ti amo perché sei te, non c'entra nulla mamma, io ti amo ancora da prima che ti incontrassi, da come ti descriveva Dustin, da come parlava di te, quando ancora non sapevo com'eri, quando ancora non mi aspettavo che ne sarebbe uscito qualcosa di così bello>> rimasi in silenzio mentre diverse lacrime ormai scivolavano sulle guance. Cercai, appoggiando la mano al tavolo, di sollevarmi ma senza molto successo così mi venne subito in soccorso e mi aiuto ad alzare la schiena. La testa mi girava e non mi sentivo le braccia ma con le poche forze che avevo mi buttai verso di lui e lo abbraccia come se fosse passato un secolo dall'ultima volta.

<<Ti amo anch'io Eddie>> si staccò leggermente per potermi guardare in viso, mi accarezzò di nuovo la guancia e mi baciò. Sulle sue labbra sentì tutta la paura che aveva avuto pensando di avermi persa e io mi sentivo solo una stupida ad aver fatto tutto questo.

<<Come ti senti?>>

<<Mi gira la testa e non mi sento niente>>

<<E normale, ma tra un po' passerà tutto, hai sfiorato davvero la morta Nicole>>

<<Tranquillo, non è la prima volta>> ridemmo, io un po' acciaccata ma il suono della sua risata mi ricordò di uno dei tanti perché, del perché proprio lui.

<<Nicole o mio Dio!>> tornò di corso da noi Robin e mi abbracciò senza aspettare un istante <<pensavo non ti saresti mai svegliata>>

<<Scusa>>

<<Ti voglio bene>>

<<Ti voglio bene anch'io>>

<<Che hanno detto gli altri?>> si intromise il ragazzo rivolgendosi a Robin.

<<Hanno una pista, stanno andando verso il Lovers Lake, ci incontriamo lì>>

<<Vuoi provare a metterti in piedi?>> feci un respiro profondo e risposi di sì con la testa. Robin e Eddie mi aiutarono a scendere dal tavolo con cautela e appena appoggiai i piedi per terra sballavo tutta e come feci un paio di passi mi salì una forte nausea.

<<Se ti viene da vomitare fallo>> Eddie non fece in tempo a dirlo che già mi trovavo con la schiena inarcata a rimettere mentre lui mi sorreggeva con un braccio sul petto e Robin mi teneva i capelli su.   

All I want || Eddie MunsonWhere stories live. Discover now