LETTO A CASTELLO

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Il cuscino profumava di casa sua. Enzo ci aveva sprofondato il viso ed era un po' a corto di fiato, ma non voleva spostarsi. Il tempo avrebbe portato via quell'odore. Forse sarebbe bastata la notte per non fargliene trovare più traccia e lui doveva inspirarlo tutto, finché c'era.

Con ancora indosso gli abiti con cui era fuggito a gambe levate da Olivia Cuoghi, Enzo si trovava a casa di sua madre. Nella cameretta in cui lui ed i suoi fratelli erano stati prima bambini e poi adolescenti permalosi. C'erano due letti a castello ed i materassi erano stati avvolti nel cellofan per evitare che si ricoprissero di polvere, ma quello su cui era sdraiato lui era pronto per la notte. Era strano vedere un uomo fatto e finito con le lenzuola di Paperinik, ma non era l'accoppiata più bizzarra presente nella stanza.

Gli scatoloni pieni di giochi facevano a pugni con le pile di compiti da correggere con cui aveva invaso la scrivania. La carta da parati con gli orsetti disapprovava la presenza della cartella da professore. Le stelle adesive che brillavano sul soffitto squadravano dall'alto in basso le cravatte, i maglioncini e le camicie appoggiate su qualsiasi superficie.

In quella stanzetta in cui il suo passato ed il suo presente si mescolavano in combinazioni dolceamare, restare abbracciato al cuscino che gli aveva portato Catia rendeva tutto ancora più irreale. Non dormiva bene senza, per questo le aveva chiesto se poteva averlo, ma vedere come cozzava con tutto il resto provava quanto sia Enzo che il cuscino si trovassero nel posto sbagliato.

Enzo inspirò per la centesima volta quel profumo familiare.

Si rendeva conto di essere una contraddizione vivente. Voleva delle cose, poi voleva il loro esatto contrario. Nel dubbio, non faceva nulla per ottenere né le une né le altre. Per questo, quando sua madre lo chiamò a gran voce perché la cena era pronta, fu grato per tutte le scelte che non aveva dovuto compiere al solo scopo di sfamarsi e allo stesso tempo si irritò perché non sapeva nemmeno se voleva mangiare. Fatto sta che si alzò in piedi, tolse qualche piega dalla coperta di Paperinik ed uscì dalla sua stanza.

La madre di Enzo era una donna sola. Non le era rimasto nessuno da quando i figli erano diventati grandi ed il marito aveva perso la battaglia contro un tumore, ma lei era rimasta la personcina squisita e gentilissima che tutti nel quartiere conoscevano.

Amici e parenti avevano sempre detto che Enzo era il figlio che le assomigliava di più. Enzo non capiva perché, dato che in se stesso vedeva solo la stazza e le mani del padre, ma da quando era tornato a vivere lì cominciava a vederla in ogni abitudine che credeva propria. La vedeva quando erano seduti a tavola e mangiavano in silenzio. Quando erano super d'accordo sul film da vedere in TV alla sera. Quando sua madre cercava le parole e balbettava.

Enzo cenò con lei. Sparecchiò con lei. Lavò i piatti con lei. Sua madre insaponava e sciacquava, lui asciugava e metteva via. Avevano quasi finito, quando lei iniziò a fare conversazione.

«Come è andata oggi?»

«Bene. Ho visto tre appartamenti.»

«Intendevo con Catia.»

Enzo sospirò. Asciugò un paio di forchette e le ripose in un cassetto.

«Doveva solo darmi il cuscino, ma. Nulla di più.»

«Non le hai detto niente? Non ne hai approfittato per parlare?»

«Cosa c'era da dire?»

La domanda di Enzo era retorica, ma non per sua madre. Sapendo benissimo cosa avrebbe detto lei se fosse stata al posto del figlio, finì di lavare l'ultimo pentolone rimasto nel lavandino e si girò verso Enzo.

«Non puoi arrenderti così. Devi impegnarti di più, se vuoi tornare insieme a lei.»

«Non devo fare proprio nulla, mamma. Mi ha lasciato per un altro. Io devo solo rispettare la sua scelta e andare avanti.»

I LOVE YOU, OLIVIAWhere stories live. Discover now