IL PICCOLO PRINCIPE

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Il mondo era più bello visto da dietro il volante. Olivia non sapeva perché, ma era così. Forse era perché si aveva quella rara impressione di avere tutto sotto controllo. L'auto. La vita. Il cielo in alto, l'asfalto in basso. La certezza di seguire una direzione che avrebbe portato alla meta desiderata. O forse era il suo contrario. La pausa. La passività. L'occasione di mettere il cervello in pausa e pensare solo a guidare.

Olivia era di nuovo alla guida dell'auto di Enzo. Era martedì, il suo giorno libero, ed aveva attaccato una "P" di principiante al lunotto posteriore per scusare la sua lentezza, ma Enzo si teneva comunque alla maniglia del passeggero come se ne andasse della sua vita.

«Si può sapere dove stiamo andando?»

Lo aveva chiesto già cento volte. Olivia si limitò a sorridere e premette il piede sull'acceleratore, Enzo sussultò.

Il mistero sulla loro destinazione si infittì quando Olivia parcheggiò davanti una scuola elementare. Enzo scese dall'auto e si guardò attorno, ma non trovò indizi e rivolse ad Olivia l'occhiata sofferente di chi non ama le sorprese. Lei non si sbottonò. Prese dai sedili posteriori il suo borsone sportivo, poi lanciò le chiavi dell'auto ad Enzo e gli fece segno di seguirla.

Enzo ed Olivia usarono un ingresso secondario per entrare nella scuola e si ritrovarono nel corridoio che portava alla palestra. Le pareti erano ricoperte da fotografie di squadre sportive e premi vinti ai tornei. Una musica non troppo lontana veniva spenta e accesa. Enzo stava per chiedere ad Olivia se lo avesse portato all'allenamento di pallavolo, quando uno strillo spaventò sia lui che Olivia.

C'era un bambino in mezzo al corridoio. Un bambino che prima fissò Olivia come un baccalà, poi cominciò a correrle incontro a tutta birra.

«È arrivata!» urlò. «È arrivata!!»

«Non correre, Marco! Si scivola!» disse Olivia, ma non servì a nulla.

Il bambino inciampò ad un passo da lei. Olivia lo prese in braccio per riportarlo indietro e lui la strinse forte, felice da morire.

Il bambino, Marco, indossava abiti e scarpette da danza classica. Enzo ne dedusse che fosse di ritorno o in partenza per una lezione, ma qualche secondo dopo capì che non era esattamente così.

Dal portone della palestra uscirono di corsa altri due bambini e sette bambine vestiti come Marco. Olivia ordinò a tutti di restare dentro, ma loro la assalirono in gruppo. Si appesero alle sue braccia, si aggrapparono alle sue gambe, tirarono i piedi di Marco per farlo scendere e prendere il suo posto.

Olivia era disperata. Diede un cinque a tutti per accontentarli, poi li sospinse all'interno della palestra. Due bambine si persero a giocare con la manopola di un termosifone e lei le chiamò per nome, ma non obbedivano. Olivia cercò Enzo con gli occhi e lui capì al volo: prese le due bambine per mano, poi tornarono tutti insieme verso il portone.

La palestra di quella scuola era stata momentaneamente trasformata in una scuola di ballo. Enzo non ne aveva mai frequentata una e sapeva com'erano fatte solo grazie ai film, ma c'erano tutti gli elementi indispensabili. C'erano gli specchi (mobili, con sotto le ruote), le sbarre per gli esercizi di danza classica, le casse per la musica...

Una signora di almeno sessant'anni che assomigliava tantissimo a Cher aveva messo a sedere tre bambine su una panca che correva lungo una parete e stava facendo i codini a tutte. I suoi vestiti erano all'ultimo grido, il suo rossetto era fiammeggiante ed i capelli lunghi e grigi erano così in piega da sembrare una parrucca. Quando avvistò Olivia e si sciolse in un gemito esagerato, Enzo sentì che aveva una voce giovane e graffiante con cui avrebbe potuto fare la conduttrice radiofonica.

I LOVE YOU, OLIVIAWhere stories live. Discover now