capitolo undici

110 17 4
                                    

SARAH


Fece scivolare il dito sulle varie copertine dei titoli proposti nel catalogo Netflix, senza soffermarsi particolarmente su nessuno: voleva vedere qualcosa e staccare completamente la mente.

Non voleva sentire ancora i sussurri fatti alle sue spalle, a una tonalità di voce impossibile da sentire. Non voleva sentire ancora le insinuazioni su Rafael e la modella con cui lui si era fatto un selfie quel giorno, sul set del servizio fotografico dove avevano lavorato entrambi.

Era stato impossibile per lei non far caso alle risatine e alle frasi lasciate in sospeso ma che andavano dritte al punto.

Voleva un po' di silenzio e riposo da tutto quello.

Sorrise appena quando Noir le balzò sulla pancia e si acciambellò, posandole il muso sulla spalla e ronfando beato: le sarebbe piaciuto essere come il felino per una volta, incurante di tutto e tutti, soddisfatto solo quando aveva la pancia piena e un comodo posto dove dormire.

Mosse il dito sullo schermo del cellulare, facendo scivolare altri poster di film e serie TV che l'applicazione le consigliava, ma ancora non trovava un qualcosa che le facesse dire 'sì, questa è perfetta per la situazione in cui mi trovo'.

Sbuffò, abbandonando il cellulare e posando la mano sul corpo morbido di Noir, affondando le dita nel pelo nero e sorridendo al miagolio che ricevette in risposta: carezzò il gatto, socchiudendo gli occhi e ascoltando le voci che provenivano dal mondo esterno, fino a quando il suono del suo campanello non risuonò nell'appartamento.

Puntellò il capo contro il bracciolo del divano, osservando al contrario la porta e domandandosi se andare a controllare oppure no: non era la prima volta che suonavano a vuoto e Aristide le aveva confermato che succedeva anche a lui.

Ragazzi che uscivano dai pub alticci e pensavano che suonare i campanelli fosse ancora un gioco divertente da fare, come se la società non si fosse mai evoluta negli ultimi decenni.

Quando il trillo acuto risuonò per la seconda volta, Sarah spostò Noir dalla sua postazione, ricevendo in cambio un miagolio di scontento e si avvicinò al citofono: "Sì?" chiese, sentendo il suono gracchiante dall'altra parte.
Odette e Fleur dovevano veramente riparare quel coso.

"Ciao, sono Rafael" decretò la voce completamente distorta dall'altra parte.

"Che ci fai qui?" gli domandò Sarah, guardando il cellulare ancora abbandonato sul telefono: i messaggi che si era scambiata con lui le avevano fatto intendere che sarebbe stato occupato tutto il giorno.

"Mi fai salire?"

Premette il tasto di apertura del portone e poi guardò la sua casa, sistemando le poche cose fuori posto nel salotto, andando poi in camera e, quando sentì bussare alla porta, infilò i vestiti che aveva indossato quel giorno nell'armadio, senza tanto curarsi di piegarli o altro.

Ci avrebbe pensato in un secondo momento.

Sospirò, portandosi indietro una ciocca e andando ad aprire alla porta: "Non avevi detto che oggi lavoravi tutto il giorno?" domandò, non appena vide il volto sorridente di Rafael, facendosi da parte per lasciarlo entrare.

"Infatti ho lavorato tutto il giorno con la schiavista" dichiarò lui, chinandosi e sfiorandole la bocca con la propria in un bacio veloce e leggero: "Tadan! Gelato di Amorino, ovviamente al cioccolato!" decretò poi, alzando la busta che penzolava dalla sua mano e posandola poi sul bancone.

Sarah osservò Noir salire sul bancone e fissare Rafael con i suoi occhioni gialli, mentre il ragazzo si apriva il giaccone: "Non è un po' freddo per il gelato?"

La vie en rose - parte 2Where stories live. Discover now