capitolo trentadue

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SARAH


Parigi, un anno dopo...

Sarah sbuffò, arrivando alla fine della scale e voltandosi indietro, osservando la penombra e storcendo la bocca, mentre la calura estiva le faceva venir voglia di nascondersi nell'intricato labirinto formato dalla stazione della metropolitana: "Giuro che non mi perdo" mormorò, mentre alzava la testa e osservava il cartello giallo che pendeva sopra di lei: "Un po' difficile farlo: ti ricordo che vivevo qui" continuò, allontanandosi leggermente il cellulare dall'orecchio e guardandosi attorno.

Il viale era immerso nel sole, mentre alle sue orecchie arrivavano le voci concitate di chi la stava circondando in quel momento: osservò una coppia appartarsi leggermente all'ombra della tenda di un negozio e guardare lo schermo di un telefono, prima di controllare in giro.

"Da te mi aspetto di tutto" le dichiarò Rafael, dall'altra parte del telefono facendola sospirare.
"Andiamo! Quando è stata l'ultima volta che mi sono persa?"

"Ieri" le rispose subito lui, facendola sbuffare nuovamente: "Stamattina, quando sei andata a lezione. Ma non potevi rimanere metrofobica? Almeno non avevo il terrore di doverti recuperare...boh, a Saint Denis?"

"Solo perché una volta ho sbagliato appena uscita..." bofonchiò Sarah, facendo qualche passo e allontanandosi dalla fermata della metropolitana, prima che l'idea di non sopportare ancora il caldo la facesse scendere e mancare il suo appuntamento.

Era così strano pensare che, non molto tempo prima, la sola vista di quelle scale le creava attacchi di panico...

Quante volte era stata male solo vedendole, sentendosi mancare l'aria e il bisogno di fuggire che diventava l'unico pensiero della sua mente? Sembrava fossero passati anni da quel tempo, da quando proprio la vista di quella fermata le aveva provocato tutto ciò.

"Una? Meraviglia, definiamo il concetto di una" sbottò Rafael, portandola via dai suoi pensieri e facendole alzare gli occhi al cielo: "L'altro giorno ti sei persa appena uscita dal supermercato."

Doveva seriamente far capire a Rafael che uscire da un posto e prendere la direzione opposta rispetto a quella giusta non era perdersi.

Lo era quando continuavi tranquillamente nella direzione sbagliata e poi ti ritrovavi in un posto completamente sconosciuto.

Lo sentì sbuffare, mentre un acuto femminile arrivò dalla parte del ragazzo: "Devo andare, Fifì sembra sia vicina a strangolare Damien. Che cosa vuoi per cena?" le domandò, mentre lo immaginava guardare con tutta la tranquillità del mondo la sua agente e il suo collega che, per l'ennesima volta, litigavano.

Li aveva visti assieme una sola volta e le era bastato per tutta la sua vita.

"Cioccolato" trillò allegra, ben sapendo che Rafael non avrebbe mai accettato quella proposta. Non lo faceva mai, per quanto lei provasse ogni volta che lui faceva quella domanda.

"Tenta di nuovo" le dichiarò subito, facendola sbuffare: doveva finire di studiare quella sera, concludere anche una relazione che aveva in ballo da alcuni giorni, quindi non voleva niente di troppo complicato o elaborato, niente che creasse una pila infinita di piatti da lavare.

"Croque monsieur? Devo finire di studiare, quindi direi che sono perfetti" buttò lì, ricordando i toast tipici francesi e trovandoli perfetti per la cena: poteva mangiarli anche mentre continuava a scrivere la sua relazione, dopo tutto.

"Va bene. Ci vediamo a casa" le disse Rafael, facendola sorridere: quelle quattro parole, nonostante ormai fossero la quotidianità per lei da un anno buono, avevano ancora il potere di aumentare i battiti del suo cuore e farle sentire le famose farfalle nello stomaco.

La vie en rose - parte 2Where stories live. Discover now