capitolo diciotto

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RAFAEL


"Ti puoi muovere? Avrei un appuntamento..." bofonchiò, voltandosi verso la donna al volante, tamburellando un piede sul tappetino dell'auto: Fifì stava tenendo il volante con entrambe le mani e sembrava pronta a saltare alla gola di qualcuno.

Non che ci fosse qualche differenza rispetto al solito, solo che quel giorno sembrava che l'aura omicida che l'avvolgeva, esattamente come la perenne nuvola di fumo, fosse più accentuata: "Non posso fare più di così" ringhiò Fifì, serrando maggiormente la presa sul volante.

"Esattamente da quanto te ne frega il cazzo di quello che dice il codice stradale?"

"Da quando rischio la patente, merdina" gli rispose lei, indicando il mondo esterno e sbuffando: "Senza contare questa spazzatura, quando cazzo la raccolgono?"

"Immagino che non sei molto informata su quello che succede, vero?" mormorò Rafael, scuotendo il capo e guardando fuori dal finestrino, osservando gli edifici che si alternavano con lentezza, l'uno dopo l'altro, e i rifiuti di due giorni che deturpavano il tutto: i netturbini di Parigi erano in sciopero da due soli giorni e Parigi sembrava già una discarica a cielo aperto.

Quanta spazzatura veniva creata in quel posto? Non era una cosa che gli era mai interessata e, se non fosse stato per i sacchi che si ammucchiavano piano piano, non ci avrebbe mai pensato.

Lasciò andare un sospiro, guardandosi intorno e dando una veloce occhiata all'orologio della vettura: "Ferma lì" decretò, indicandole un punto del marciapiede dove non c'erano né macchine e né rifiuti.

Avrebbe fatto prima a piedi, piuttosto che aspettare che Fifì raggiungesse il posto dove doveva andare: uscì velocemente dall'auto, salutando distratto la donna e sistemandosi lo zaino sulle spalle, mentre rabbrividiva appena alla fredda aria serale.

Il mese di marzo era iniziato da poco, ma ancora non aveva portato con sé le temperature miti della primavera, l'unica cosa che si era trascinato era stata l'acqua che era caduta dal cielo per tutto il giorno ma che, in quel momento, sembrava dare un po' di riposo.

Si avviò lungo il marciapiede, superando le saracinesche chiuse dei negozi di souvenir e storcendo il naso all'odore pungente di sigaretta che gli arrivò al naso, mentre osservava distratto i sorrisi zuccherosi di alcune ragazze uscite fuori per fumare.

Continuò per la sua strada, sorridendo alla vista dell'enorme veranda fatta di vetri e della ragazza all'interno: Sarah era seduta da sola a un tavolo e gli sembrava stesse leggendo qualcosa. Entrò nel locale, sorridendo alla signora al di là del bancone e avvicinandosi subito alla ragazza, accorgendosi che sì quello che Sarah teneva fra le mani era un libro e sembrava, più che altro, un book fotografico di Parigi.

"Lo so, sono in ritardo" dichiarò, scivolando nel posto davanti a lei e sorridendo, quando incontrò lo sguardo nocciola mentre le sfiorava le dita poggiate sul tavolo, dando una veloce occhiata alla tazza di cioccolata messa in disparte e sicuramente finita da un pezzo.

"Non ho detto niente" decretò Sarah, chiudendo il libro di fotografia e iniziando a giocherellare con i suoi braccialetti, interrompendosi solo quando lui si tolse il giaccone.

"Quella deficiente di Fifì ci ha messo una vita a rientrare" bofonchiò Rafael, massaggiandole il polso e ordinando un the, quando la signora del locale venne al loro tavolo: "Ci vogliono tre ore da Boulogne-sur-Mer a qui, con lei sono raddoppiate" storse la bocca, guardando il cielo scuro fuori e le luci che si riflettevano sul fiume: "Potevi aspettarmi a casa tua, però: è parecchio tardi."

"Vivo praticamente qui dietro e poi non avevo voglia di stare sola..." mormorò Sarah, sorridendogli e grattandogli il polso con l'unghia: "Boulogne-sur-Mer, hai detto?"

La vie en rose - parte 2Where stories live. Discover now