capitolo diciassette

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SARAH


"....quindi ho guardato la maestra di arte e le ho detto che, secondo me, non deve spacciare roba degli illuminati per materiale di classe."

Sarah rimase in silenzio, osservando il bambino che aveva appena finito il suo racconto e inspirando profondamente l'aria, rendendosi conto che non sapeva esattamente cosa dire mentre nella sua testa si formava con chiarezza la scena, quasi fosse stata presente anche lei.

"Henri, non puoi tormentare le tue maestre!" esclamò alla fine, rendendosi conto che era l'unica cosa da dire, l'unica che il suo cervello era riuscito a formulare.

"Ma c'era il simbolo degli illuminati! Lo giuro" esclamò Henri, allargando le braccia e fissandola con la bocca aperta mentre scuoteva appena la testa, quasi come se non credesse a ciò che lei gli aveva detto: "Dovevo lasciar correre?"

"Alle volte bisogna lasciare che il nemico faccia la prima mossa..." mormorò Sarah, prendendosi il volto fra le mani e tirando indietro le ciocche di capelli: "O comunque rimanere in silenzio, per non essere scoperti."

Se avesse messo tutto sotto forma di un lavoro da spie, era possibile che Henri smettesse di tormentare quelle povere donne che facevano solo il loro lavoro? Certo, questo significava anche dar corda alla fin troppo espansa e infinita creatività del piccolo, ma era sempre meglio che lasciarlo continuare in quel modo.

"Stai condividendo i tuoi segreti da spia?" le domandò, sedendosi accanto a lei e letteralmente pendendo dalle sue labbra: se gli avesse detto di fare dieci flessioni perché aiutava nel lavoro di spia, le avrebbe fatte.

Poco ma sicuro.

Lo comprendeva da come la guardava, quasi come se lei stesse per rivelare il segreto supremo contro la minaccia dei rettiliani.

"No, sto provando a far vivere un po' in tranquillità le tue maestre..." sospirò, scuotendo il capo e facendo vagare lo sguardo sul piccolo giardino pubblico dove si erano infilati, non molto distante dalla scuola di Henri e praticamente a due passi da casa di lei.

Dietro di loro, faceva bella mostra di sé l'edificio che conteneva il Museo di Cluny, uno di quelli che il professor Fabre aveva dichiarato di estrema vitalità visitare.

Si voltò indietro, osservando il palazzo dal tetto scuro e slanciato verso l'alto, in netto contrasto con le pareti beige, quasi sembrava un piccolo castello medievale a cui erano stati però tolte le torri ed era stato leggermente modernizzato nel corso del tempo.

Le sarebbe piaciuto andare a visitare il museo, ma era certa che con Henri non sarebbe stato possibile farlo in tranquillità...

Lasciò andare un sospiro, tornando a guardare avanti a sé e notando Julien che stava entrando in quel momento nel giardino pubblico, con un braccio rivolto verso l'alto: "Sarah!" la richiamò il ragazzo, mentre si avvicinava con il sorriso sul volto.

"Attenta, quello è un rettiliano" le sussurrò Henri, balzando giù dalla panchina che si erano presi e indicando Julien con il mento: "Guarda i denti" dichiarò come ultimo avvertimento, prima di andarsene verso i giochi.

Sarah fissò il bambino, scuotendo il capo e voltandosi verso il giovane uomo che si era fermato davanti a lei: "Come va?" le domandò Julien, infilandosi le mani nelle tasche del giaccone e guardandola dall'alto: "Viviamo vicini ma non ci vediamo mai."

"Come sempre" mormorò lei, sorridendo e mettendosi in piedi, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio: "Finito di lavorare?"

"Sì, per oggi sì" decretò Julien, portandosi indietro alcuni ricci biondi e poi indicando un punto impreciso alle sue spalle con il pollice: "Adesso vado a casa e porto fuori Milo" dichiarò, sorridendole."Vuoi unirti?"

La vie en rose - parte 2Where stories live. Discover now