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Ero lì, al solito posto. Quel parcheggio pieno di buche, in aperta campagna. Esattamente dove due mesi prima avevo disegnato il suo nome con un centinaio di sassi, incorniciato da due splendidi cuori, che nemmeno su carta avevo mai tracciato in modo così preciso. Purtroppo, la pioggia li aveva trasportati da tutte le parti. Da soli, così insignificanti, degli aggregati naturali di minerali, così fermi, immobili, morti. Insieme, quel 31 ottobre, avevano creato una sinfonia, ma muta, una splendida melodia che cantava "Io per te ci sarò sempre, tu sei la roccia del mio cuore", che non puoi cogliere solo leggendo quella scritta sul parcheggio, ma devi andare oltre ed immaginarti quel povero me mentre raccoglievo quei sassi, i miei pensieri, il mio desiderio di rendere felice la ragazza nella mia testa. Ma ora volevo farle dare uno sguardo dentro il mio animo, farle vedere quale fosse il motore in grado di produrre simili follie, la maschera al suo diciottesimo, il video, le rose e ora questo, che mi emozionavo al solo pensiero di tornare lì, in quel parcheggio, per sorprenderla ogni volta con qualcosa di nuovo. Era il momento di spingersi un po' oltre, capire se Aurora aveva intenzione di formare con me una sinfonia travolgente, quella storia magica che ci raccontavano sempre da bambini oppure no e rinunciare a tutto quello. Mi aveva visto piangere, udito parole che nessuno aveva mai sentito pronunciare dalla mia bocca, sapeva quanto fossi fragile, sdolcinato, le mie insicurezze, le mie paure, sapeva quasi tutto di me, insomma. Ma era sul serio a conoscenza di quello che provavo nei suoi confronti? Di quante volte avrei voluto cingerle i fianchi e dare proprio a lei il mio primo bacio? Oppure quel 30 agosto si era resa conto davvero che avevo provato volontariamente a cadere sulle sue labbra? Non sarei andato molto lontano se fossi rimasto lì a scervellarmi sull'esito di quella spedizione. Dovevo agire, chiamarla subito e scoprire la verità. O magari non sarebbe accaduto nulla, come in quell'Halloween alle rose. Presi il telefono dalla mia tasca e andai sul suo contatto. Aurora. In foto era ancora più dannatamente bella. Di lì a breve ce l'avrei avuta davanti, magari in macchina con le nostre bocche una contro l'altra. La chiamai.

<<Pronto?>>

<<Ciao Aury, sei a casa?>>

<<No, ma sto per tornare, perché?>>

<<Avrei una cosa da darti, sai, tra pochi giorni è Natale...>>

<<Oooh amore! Ma perché non mi avvisi mai prima quando arrivi?>>

<<Sai come sono fatto, mi piacciono le sorprese!>>

<<Ti raggiungo il prima possibile, sempre al parcheggio?>>

<<Sì, sto vicino a quello che resta dei sassi...>>

<<Va bene, ci vediamo tra non molto!>>

L'attesa fu più lunga del previsto. Quella sera al parcheggio c'erano solo altre 2 macchine oltre la mia bellissima Lancia Y, che custodiva gelosamente il regalo per Aurora sul sedile posteriore. Il mio orologio segnava le 18, eppure era buio pesto e non c'era nessuno in giro. Sembrava fosse notte fonda, complice anche la fittissima nebbia che aveva distolto chiunque dall'idea di uscire. Tutti, ma non me. Anche se non si vedeva nulla al di là del parabrezza della macchina, io mi ero messo in moto, passando per una sconosciuta stradina in mezzo al bosco per colpa di Google Maps. Ma questo mi aveva solo motivato di più, l'atmosfera era squisita per una dichiarazione d'amore. Arrivare alla meta dopo un percorso complicato avrebbe reso la vittoria più dolce. Dolce, dolce vittoria. Sognavo a occhi aperti. La lettera era lì, in macchina, accanto al regalo e strepitava di essere letta. Mentre mi perdevo in tali fantasie, dopo chissà quanto tempo la vidi uscire dall'Audi di suo padre all'inizio del parcheggio e dirigersi lentamente verso di me. Aveva una felpa ricoperta di paillettes che riflettevano i raggi della luna in modo diverso a ogni passo, una stella camminava verso di me. Con mio disappunto, portava la mascherina, ma sorrisi: sarebbe stato romantico sfilargliela. Vidi anche qualcos'altro, in verità. Portava una busta con un fiocco sopra, anche lei quindi aveva un regalo per me. Sorrisi ancor più di prima, tanto non poteva accorgersene da così lontano. Appena si fu avvicinata abbastanza, mi misi anch'io la mascherina e cominciammo a parlare.

Solo nella mia testaOn viuen les histories. Descobreix ara