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Sì, lo so, sono un verme viscido e schifoso. Le avevo mentito spudoratamente per salvarmi il posteriore. Mi ero messo sulla difensiva, giurando che mai e poi mai mi sarei permesso di provarci con lei, visto che aveva il ragazzo. Ma la verità è che lo stavo facendo da dicembre 2020. Mi dispiace. Io, Maurizio Veggense, sono il noto ladro di ragazze fidanzate. Anzi, uno che prova a fare il ladro, senza riuscirci. Ma ormai il mio rapporto con lei era al capolinea. Volevo sapere la verità. Sebbene avessi una gran paura che mi avesse chiesto di uscire solo per fare quattro chiacchiere, io speravo con tutto il cuore che ci fosse dell'altro. Che magari mi considerasse speciale. Che magari mi considerasse più simpatico degli altri. Inviai quel lunghissimo e patetico audio alle 15:03 e, per una buona volta in vita mia, abilitai le notifiche su Whatsapp ed alzai il volume della suoneria al massimo. Ad ogni notifica ricevuta, un fulmine arrivava dal cielo e mi si scaricava nello stomaco, con tanto di tuono. Fu una vera e propria tempesta, dato che ricevetti un sacco di notifiche prima della sua. Non studiai molto bene quel pomeriggio. Pregai che l'attesa durasse poco, ma Gaia decise di farmi aspettare 5 maledettissime ore prima di darmi il responso, il giudizio finale.

<<Semplicemente mi piace parlare e uscire con la gente, che pensavi? Ti fai troppi viaggi mentali>>

Fine. Mi ero immaginato tutto. Mi ero creato tutto, di nuovo, per l'ennesima volta, solo nella mia testa.

Quello fu l'ultimo messaggio che ricevetti da lei e il mio audio l'ultimo messaggio che le inviai. Ero a pezzi, letteralmente a pezzi, a tratti delirante. Andai avanti con lo stesso umore per circa 3 settimane, dopodiché decisi che avrei dovuto fare qualcosa di diverso per cambiare le cose e tornare in carreggiata. Aurora non era riuscita a tirarmi su di morale. Ci aveva provato, ma invano. Così, aprii Instagram, mi collegai col mio profilo fake e contattai...un perfetto sconosciuto. Uno sconosciuto che fin troppe volte aveva letto le mie lamentele, le mie urla verso il cielo, senza sapere chi diavolo fossi. E ancora una volta, avevo bisogno di lui. Avevo bisogno di scrivere la mia sofferenza, di marchiarla, racchiuderla tra mille parole. Uno dei miei scrittori preferiti. Sapevo bene che non gliene fregasse niente di me e che ricevesse simili messaggi ogni giorno, a valanga. Ma volevo farlo comunque. A volte si fanno le cose senza una precisa ragione.

Solo nella mia testaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora