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Con Ivi la situazione era rimasta stabile, nonostante il mio crollo emotivo subito a febbraio dopo aver appreso dell'esistenza del suo ragazzo. Durante la settimana eravamo sempre in contatto su Whatsapp, non c'era nemmeno un giorno in cui messaggi non fioccassero da entrambe le parti, e il sabato ci dilettavamo nelle nostre solite conversazioni su Google Meet. Visto che tutto era rimasto esattamente come prima, perché non tornare ad incontrarci davanti all'edificio 4 come ai bei tempi? Ma soprattutto, per quale motivo continuavo a essere così terribilmente attratto da lei? Ormai le mie opportunità erano svanite, evaporate in aria e io ne ero perfettamente consapevole. Tuttavia, proprio non mi andava di privarmi di Gaia, della sua risata o, diciamola tutta, di quel magnifico visino che avrei tanto volentieri riempito di baci se non ci fosse stato di mezzo quello stupido Leonardo Tisani. Insomma, volevo restare in scia sperando che prima o poi si sarebbero lasciati, anche se la mia coscienza non era d'accordo.

<<Non è giusto, non è giusto!>> mi martellava ogni volta che pensavo a Gaia.

<<Prima di tutto, ti piacerebbe se un ragazzo ci provasse con la tua tipa? E secondo, ti rendi conto che non hai chance e probabilmente lei ti vede solo come un amico, se non meno?>>

Ero d'accordo con la mia voce interiore, ma mi sembrava proprio impossibile allontanarmi da lei, dopo cinque mesi consecutivi di messaggi e le nostre chiacchierate settimanali. Ivi faceva ormai parte della mia routine, a tutti gli effetti. Per quel motivo (e anche per il fatto che era bella da morire) continuai ad aspettarla davanti all'edificio 4, la mattina prima delle lezioni. Arrivavo lì verso le 7:20 e attendevo che la mia riccioli d'oro facesse la sua comparsa, mentre intanto io ordinavo online la merenda utilizzando la nuova tecnologia proposta dalla scuola, un'app dalla grafica scabrosa tramite la quale era possibile farsi portare la merenda senza nemmeno fare un passo. Scherzi a parte, era estremamente utile, eccetto il fatto che fossi l'unico ad utilizzarla nella mia classe e quindi avessi assunto, contro la mia volontà, il ruolo di ufficiale ordinatore di merende. Cosa accadeva, di preciso? Beh, tutti si scordavano di ricaricare i soldi sull'app (anzi, dubito l'abbiano mai fatto) e dunque mi supplicavano di comprare del cibo anche per loro, salvo pagamento in contanti avvenuto sul momento. Perciò mi ritrovavo a spendere dieci euro al giorno sulla carta per ritrovarmi poi con nove euro in monete, provenienti dai miei pigri compagni. Quella sì che era una vera routine, non come i miei incontri mattutini con Ivi, perché un bel sabato accadde un fatto che mi fece drasticamente cambiare atteggiamento nei suoi confronti. In particolare, era il primo sabato dopo la riapertura delle scuole ad aprile. Proprio come avevo fatto anche a gennaio, decisi di aspettarla all'uscita. Le dinamiche furono più o meno le stesse: provai a scappare via in modo tale da non essere intralciato da Luigi e lui puntualmente mi acchiappò e mi chiese un passaggio a casa. Quella volta, però, non optai per la scusa dei nonni, ma gli dissi una parziale verità. Le parziali verità, almeno secondo la mia definizione, sono quei fatti che hanno una parte vera e un'altra falsa. A Luigi dissi che quella mattina sarei rimasto a scuola ad aspettare una persona: quella era la parte vera. Ovviamente mentii su chi fosse la persona in questione, infatti lo abbindolai parlandogli di come ero diventato il tassista personale di Ludovico. La scusa era plausibile: da quando quel lunedì erano riaperte le scuole, lui era sempre tornato a casa con me, come già ci eravamo accordati a gennaio, se vi ricordate. Dunque, lui credeva che stessi aspettando il mio compaesano. Una volta bevuta la menzogna, camminammo in giro per la città per una mezz'oretta. Lo attirai in un luogo molto lontano dal parcheggio, cosicché non potesse tornare indietro e fosse perciò costretto ad attendere il bus a un'altra fermata, lasciando me e Ivi liberi di conversare. Facendo leva sulla sua pigrizia, il piano funzionò alla grande. Così, dopo averlo salutato alle 11:40, me ne tornai al parcheggio arrivando puntuale come un orologio svizzero, alle 12 in punto. Mi ero allontanato un sacco pur di essere sicuro di liberarmi di Luigi, ma ne era valsa la pena. Niente e nessuno avrebbe ostacolato la mia oretta con Ivi. Ludovico, che teoricamente sarebbe dovuto tornare con me a mezzogiorno, era stato preventivamente avvisato della mia scappatella con Gaia. Ricordandomi di come mi aveva buggerato camminando per il sottopassaggio, quella volta mi piazzai là davanti, mettendomi a parlare con un tizio qualunque tanto per evitare di farle capire che fossi lì appositamente per lei: non ci eravamo mica dati appuntamento! Il tempo passava, ma di Gaia nessuna traccia. Avevo paura che fosse passata e che non l'avessi riconosciuta per via della mascherina, ma poi realizzai che sarebbe stato tanto impossibile quanto una madre non accorgersi del proprio figlio, seppur in mezzo a una folla. Verso le 12:20, la vidi sbucare. Con i suoi occhioni di miele scrutò a destra e a sinistra, per poi fare qualche passo e sedersi su una panchina, sola soletta. Non mi aveva visto.

<<Scusami tanto, ma devo andare a fare uno scherzo>> dissi al tale.

Le andai di spalle. Aveva il telefono in mano, non si era ancora accorta di me, peccato non riuscissi a vedere cosa stesse guardando a causa della bassa luminosità dello schermo.

<<Io conosco quel tale, è una brava persona!>> le dissi all'improvviso, sperando di averla beccata mentre era intenta a scrivere un messaggio a qualcuno.

<<Maurizio! Con quegli occhiali da sole e la mascherina, sembri un agente dell'FBI! Non ti si vede nulla del volto!>> commentò lei.

Nonostante all'inizio sembrasse quella di sempre, per un breve intervallo di tempo, non più di tre minuti, la vidi lontana, turbata dalla mia presenza. Non escludo che me lo fossi immaginato solo nella mia testa, ma non era una sensazione priva di fondamenta. Non aveva tutta l'aria di una che avesse voglia di passare del tempo con me, ecco. Magari un brutto pensiero aveva invaso la sua mente, ad esempio una verifica o un voto che non le piaceva, o forse ero io la causa di quell'improvviso annebbiamento, seccata dal fatto che la cercassi ogni singolo giorno. Un altro pensiero sorgeva a poco a poco dentro di me. Possibile che fosse solo la mia coscienza a farmi sentire inadeguato per via del mio ignobile comportamento? In fondo, perché stavo lì? Per rimorchiarla? Ci stavo sul serio provando ancora una volta con quella povera ragazza fidanzata? Sì, quello era il motivo per cui la vedevo lontana. Quella era la ragione per cui sentivo che ci fosse qualcosa che non andava. Ma chi ero io, per lei? Un amico? Un burlone? Uno stalker? Magari pensava sul serio che fossi pesante? Era stufa di vedermi sempre davanti all'edificio 4? E io? In fondo, mi vergognavo abbastanza di aspettarla ogni singola mattina lì davanti. Forse eravamo entrambi stanchi del nostro bizzarro rapporto. Nonostante la mia mente fosse impazzita con quei pensieri per soli tre minuti e non per tutta la durata del nostro incontro, decisi che mi sarei comportato diversamente da quel momento in poi. Volevo fare una prova, capire se a lei piacesse davvero passare il tempo con me e soprattutto smettere di fare lo stalker. Perciò, accantonai l'idea di piazzarmi di fronte alla sua scuola in attesa del suo arrivo. Mi sarei limitato a passeggiare per la città, passando di tanto in tanto davanti all'edificio 4 con la speranza di incontrarla casualmente. Così, se ci fossimo visti per puro caso, la mia coscienza (né tantomeno Gaia) non avrebbe potuto accusarmi di essere pesante. D'altro canto, se l'avessi beccata intenta ad aspettarmi, avrei avuto prova del suo bene nei miei confronti (che io speravo con tutto il cuore che un giorno sarebbe diventato amore). Un bellissimo piano, eh? L'avrei applicato a partire dal lunedì successivo. Sulla via di ritorno a casa, sebbene fossi estremamente confuso da quanto accaduto, cercavo di trovare la giusta concentrazione per prepararmi ai Giochi della Chimica, che si sarebbero tenuti quel pomeriggio alle 15, online. Era un'altra sfida con Luigi, a tutti gli effetti, eppure il mio livello di ansia era piuttosto nella norma, non come durante le Olimpiadi di Matematica. Nessuna pubblicità, nessun commento da parte dei prof, era praticamente una gara a luci spente. Avevo ormai colmato i buchi che mi avevano fatto arrivare dietro a lui nel lontano 2019, dubitavo riuscisse a fare meglio di me quel giorno: ero molto preparato e soprattutto in fiducia, cosa assai rara per un pessimista come me. Poi, ricordandomi dell'edizione dell'anno prima, davo per scontato che avrei trovato la soluzione a vari quesiti semplicemente cercando su Google, al diavolo il codice morale. Era implicitamente dichiarato che si potesse usare Internet, nonostante fosse bandito nelle regole. E andiamo, chi è che non avrebbe sfruttato una simile occasione? Pranzai con tutta la tranquillità del mondo e alle 14 posizionai l'arsenale al suo solito posto. Solamente una catastrofe colossale avrebbe potuto alterare la mia calma serafica. Un messaggio da parte di Laura Tamburo.

Solo nella mia testaWhere stories live. Discover now