Capitolo 16 : The Desperate Kingdom of Love

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"Quando si vive una situazione particolare, la cosa più difficile è capire cosa sta veramente succedendo a noi stessi. Questa mattina a Madrid, molte persone si stanno ponendo la questione..."

*****

Casa Cooper - Ore 07,30

Sono uno straccio, avrò dormito si e no un'ora in tutto.

Mi giro e vedo il volto sereno di Iker accanto a me: ha dormito qui stanotte e per le prime due ore dal suo arrivo, non ha fatto altro che accarezzarmi il viso ed i capelli.

Al risveglio mi stava stringendo in un abbraccio tenero, ma deciso, tanto che ho dovuto faticare parecchio per divincolarmi.

Sono grata per quello che ha fatto per me e contemporaneamente dispiaciuta per la piega che ha preso la situazione: non solo Sergio, ma adesso anche Isabel si è messa in mezzo.

Sergio. Solo a pronunciare il suo nome sento una fitta dolorosa allo stomaco ed una grande voglia di piangere mi assale nuovamente: non credo che potrò mai perdonare la crudeltà del suo gesto.

Scendo lentamente al piano di sotto ed inizio a preparare la colazione, anche se il mio stomaco è chiuso: se non metto almeno un po' di caffè in corpo rischio di esplodere.

La mia attenzione cade sulla borsa, abbandonata sul divano ieri sera dopo la serataccia: la apro e prendo il mio cellulare, sul display del quale appaiono diverse chiamate senza risposta ed una decina di sms; scorro la lista velocemente finchè non vedo il suo numero, il messaggio è delle 4 del mattino: "Questa notte soffro due volte: per te e per me".

Lo cancello senza pensarci un attimo e subito dopo invio un sms ad Alicia per avvisarla che è tutto ok. Chiudo il cellulare e mi appoggio contro lo stipite della finestra, guardando fuori: un'altra giornata ha inizio ed io non ho proprio voglia di affrontare il mondo.

"Buongiorno" dice una voce delicata alle mie spalle.

Mi giro e vedo il volto di Iker che accenna un sorriso, mentre si avvicina e poggia un bacio sui miei capelli, appena sopra la tempia: "Pensierosa?" domanda.

"Sì" rispondo.

"Ne vuoi parlare?" chiede premuroso.

"No" replico in modo forse un po' troppo scontroso.

Iker rimane immobile e non risponde, io mi volto e poso una mano sulla sua guancia: "So che ci sei, solo che ora non riesco ad aprirmi. Scusami" dico con dolcezza, pentendomi dei modi bruschi di prima.

"Non devi giustificarti con me, ti conosco. Lo so" risponde poggiando la sua mano sulla mia.

Mi avvicino e lo abbraccio, lasciandomi cullare da quelle braccia grandi e forti che tante volte mi avevano accolta durante i miei periodi di crisi o durante i momenti di gioia.

Il suono del campanello ci fa separare: "Dio, fa che non sia lui" borbotto piano.

"Tranquilla, è Alicia" dice Iker sganciando il portoncino d'ingresso.

Poco dopo sento la voce cristallina della mia amica domandare ad Iker: "Come sta?" con tono preoccupato.

"Sta" risponde semplicemente il rojo, prima di spostarsi per farla entrare.

"Ehi, ciao sorellina" mi dice raggiungendomi e stringendomi in un abbraccio affettuoso.

"Ciao piccina" rispondo ricambiando la stretta.

"Come ti senti?" mi chiede premurosa.

"Così" sussurro alzando le spalle.

"Passerà anche questa, vedrai" sussurra gentile.

A thin borderline || Ramos, CasillasWhere stories live. Discover now