Capitolo cinque.

622 47 3
                                    

Quella serata si prospettò impegnativa fin da subito, lo capii nel momento stesso in cui misi piede fuori dal camerino, seguita da Sebastian, alle prese col suo papillon nero.

Le luci stroboscopiche invadevano ogni angolo, rendendo davvero difficoltosa la visione dei corpi sudati che si dimenavano in pista; tutt'intorno erano disposti i tavolini laccati di nero, con i rispettivi divanetti, che avrei dovuto servire quella sera. Il piano bar si ergeva lateralmente alla pista, difronte la porta d'ingresso e veniva illuminato da luci blu elettrico, disposte tra le varie bottiglie di alcolici che si trovavano alle spalle del barman.

Guardai l'ingresso e mi resi conto di come il locale si affollasse col passare dei minuti, così sistemai il mio gilet nero, assicurandomi di avere con me il blocchetto per le ordinazioni, e diedi il via a quella lunga serata.
I week-end erano sempre molto difficili da gestire: Sebastian ed io eravamo gli unici camerieri in quel locale, escludendo ovviamente il barman.
Durante la settimana il White House era un luogo poco frequentato, la gente di passaggio era poca e l'atmosfera era piuttosto tranquilla; ma durante i fine settimana il locale, spesso, organizzava serate a tema, concerti all'aperto, oppure giornate in cui gli alcolici venivano offerti 2 al prezzo di 1.
Considerato che il pub fosse il punto di ritrovo per il maggior numero della gente in cittá, per me ed il mio amico divenne sempre più difficoltoso provvedere alle ordinazioni di tutti quei tavoli; ma guardammo fin da subito l'aspetto positivo della cosa: tutte quelle mance divise solo per due persone. Il lavoro era abbastanza straziante, ma lo era anche il nostro aspetto finanziario: pietoso.

L'altro aspetto scomodo di questo lavoro erano le persone: ne incontravi di tutti i tipi e personalitá. Il problema era proprio questo.
C'era gente che amava farti perdere tempo, o altri che facevano di tutto per crearti problemi con il capo solo per divertirsi con gli amici alle tue spalle.
Gente meschina, volgare e molto altro; ma c'erano anche persone amichevoli e che spesso ti offrivano da bere durante il turno. Non mi ero mai ritenuta una persona socialmente aperta e forse fu proprio questo ad influire negativamente su di me e su ciò che facevo, anche nell'ambito scolastico durante i progetti di gruppo: non perché non sapessi rapportarmi, ma preferivo di gran lunga la pace della solitudine.

Incrociando le dita, nella speranza di evitare incontri con gente del genere, mi avviai verso il primo tavolo per prenderne le ordinazioni.
La serata proseguì così, con me e Sebastian che giravamo come trottole tra i vari tavoli e che, di tanto in tanto, ci lanciavamo un'occhiata per accertarci che tutto proseguisse per il meglio.

-Tutto bene Jo? - chiese Seb durante un attimo di pausa, portandomi un piccolo ciuffo di capelli fuoriuscito dallo chignon dietro l'orecchio.

-Siamo solo a metá dell'opera e sono giá stanchissima!- Borbottai gonfiando le guance e liberando infine uno sbuffo. -Quanto hai raccimolato?- proseguii.

-Ancora molto poco, dragă... tu?- domandò sperando in una risposta positiva.

-Ancora molto poco, comoară.- affermai, imitandolo.

-Ok bellezza, allora diamoci da fare.- Mi pizzicó il naso e mi spinse verso il tavolo ove si erano accomodati nuovi clienti.

Man mano che mi avvicinai al tavolo, mi resi conto di conoscere la figura mascolina seduta in dolce compagnia.
Appena arrivai chinai, imbarazzatissima, il capo sul blocchetto delle ordinazioni, prima ancora di incrociare il suo sguardo freddo.

-Buonasera signori, siete pronti per ordinare?- Dissi nel più totale rossore del mio viso. Avrei voluto sprofondare proprio lì, in quel preciso momento.

-Signorina Vladă, giusto?- Domandò, facendomi alzare di poco lo sguardo, quel tanto che bastò per vedere un mezzo sorriso nascere sul suo viso scolpito.

La sua voce mi riportò automaticamente agli eventi di quella mattina, e quella stessa sensazione di stranezza mista a diffidenza nell'udire la sua voce, si fece largo in me, proprio come qualche ora prima.

-Sì, buonasera professor Stan. Dunque volete ordinare?- Tagliai corto, volendo andare al più presto ed il più possibile lontano da lui.

-Dimithryus...- Disse, ma notando la confusione prendere possesso del mio viso, continuò: -Chiamami Dimithryus, Jolie. Fuori dai corsi mi fa sentire troppo vecchio.- Sorrise quasi dolcemente.

-Due Martini senza sale, grazie.-
La donna al suo stesso tavolo, vestita solo con un abitino striminzito color rosso rubino, ordinò frettolosamente, portando su una spalla la sua folta chioma nera e stroncando quella piccola conversazione sul nascere.

Le avrei dato poco più di 25 anni, eppure si atteggiava a donna matura.
Se avesse potuto, mi avrebbe incenerita in quel momento, solo per aver comunicato con il suo uomo.

-Suvvia Hannette, non essere scortese.- La guardò, ritornando poi con lo sguardo su di me, esplorando con gli occhi ogni centimetro del mio corpo.

Quell'invasione platonica, mi portó immediatamente ad incrociare le braccia al petto, sentendomi quasi nuda difronte a lui.
Lentamente riportò i suoi occhi color salvia nei miei, ricordandomi i giorni di tempesta che ebbi l'opportunitá di osservare a Sheffield l'anno precedente, e che io ammirai quasi estasiata da tanta bellezza e tanta potenza da parte della natura.

-Sì, comunque...- Disse lentamente, quasi non volendo farmi destare dallo stato di trance in cui ero caduta guardando i suoi occhi. -due martini senza sale.- Concluse poi voltandosi verso la donna al suo tavolo.

Annuii con un cenno veloce del capo e mi allontanai frettolosamente, buttando fuori uno sbuffo di aria che non mi ero accorta di stare trattenendo.
Lo sapeva. Lo aveva capito l'effetto che aveva su di me, e potei giurare che gli piaceva. E, masochisticamente, a me andava bene che lui sapesse, che fosse cosciente del mio scetticismo nei suoi confronti, avevo dei dubbi su di lui che avrei soddisfatto presto o tardi; ma non doveva andare cosí, perché non c'è miglior modo per conoscere il tuo nemico se non standogli accanto. Dunque, avrei dovuto essere più discreta.
Decisi dunque di mandare Sebastian a servire quel tavolo, prendendo in consegna il suo, per evitare che il mio comportamento da stupida ragazzina annichilita da un paio di atteggiamenti facilmente equivocabili, influisse su ciò che lui avrebbe potuto pensare di me.

Azazel - Lucifer's SonWhere stories live. Discover now