Capitolo nove.

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Salve a tutti :) Vorrei fare una premessa prima di lasciarvi al capitolo (le premesse fatte in ritardo vabbè XD):  questa è la prima storia che scrivo e davvero mi farebbe molto ma molto piacere se poteste lasciarmi i vostri pareri e magari qualche stellina; tutto ciò mi aiuterebbe a capire che la storia è seguita e che magari vi piace anche, sarebbe di grande aiuto per me. Non mi dilungo più di cosí perche so di essere logorroica (me lo dicono sempre) addiociao e buona lettura :)

Sebastian non mi aspettò quel giorno. 
Rimasi attonita, arricciando il naso in segno di disappunto ma, con una scrollata di spalle, mi diressi verso casa ritenendomi quasi fortunata nell'aver ottenuto così un pò di tempo sola, utile a schiarirmi le idee.
Non riuscii a collegare una singola frase che Stan mi rivolse, a qualcosa che  avesse un senso compiuto; mi arrovellai più e più volte il cervello durante tutto il tragitto, ma le uniche cose che mi saltavano alla mente, erano la sua determinazione e la mia sensazione di pericolo.
Era bello senza logica; la sua era particolare, era quel tipo di bellezza che ti colpiva il viso come una ventata di aria fresca, era quasi paragonabile al piacere che si prova nello stringere un bel gelato in una giornata d'estate, o la freschezza che si prova nel fare una doccia dopo una lunga corsa. Un piacere. Guardarlo era un piacere per gli occhi; sentire il suo sguardo e le sue mani su di me, invece, fu pura estasi per i miei sensi. 
Svoltai per Trafalgar Square, intenta ad andare alla porta di Sebastian, autoinvitarmi per pranzare insieme e chiedere il perchè mi avesse abbandonata nel nulla del parcheggio scolastico. 
Mi diressi al suo viottolo, circondato da un piccolo giardinetto ben curato, ma che non presentava la fioritura, essendo in Gennaio. Un gran peccato, considerando che Sebastian poteva vantare i fiori più belli della sua  via.
Bussai per un tempo che mi parve infinito, finchè non venne ad aprirmi.
-Ora tu mi spieghi perchè mi hai abbandonata. Avrei potuto essere rapita, rapinata o uccisa per quanto ne so!- Scherzai con fare melodrammatico.
-Oh ma per caritá Jolie, smettila di vittimizzarti.- Disse sbuffando, lasciandomi entrare in casa sua.
-No, davvero, perchè sei andato via? Sapevi che fossi senza macchina.-  Incrociai le braccia al petto, impuntando per bene i miei piedi sul pavimento del salotto.
-Non uscivi e pensavo ti avrebbe riaccompagnata Danielle... o Stan.- Affermò quasi disgustato, mentre pronunciò il nome del nostro professore. 
-Cosa c'è che non va, Seb? Perchè diavolo credi che mi avrebbe riaccompagnata Stan?  Non c'è logica in ciò che dici.- Dissi, non capendo perchè la discussione stesse prendendo tale piega.
-Non mi piace Jolie. Non mi è mai piaciuto, da quando ha messo piede in aula la prima volta.- Alzò di poco il tono della sua voce, così come fece con il suo sopracciglio.
-Cosa ti ha dato modo di pensarla così? - Domandai, sorpresa. Aveva provato la mia stessa sensazione e volevo saperne di più.
-Non mentirmi, dragă; ti conosco fin troppo bene: so che lo pensi anche tu.- Affermò dirigendosi in cucina, sedendosi poi alla sedia posta vicino la grande penisola, che pareva quasi un'appendice del piano cottura. Lo seguii.
-Sì, beh okay. Ma una stupida sensazione non può offuscare il giudizio obbiettivo Seb e, obbiettivamente, non ha fatto nulla per essere condannato.- Dipinsi sul mio volto la classica espressione da "avanti, ora prova a contraddirmi", facendo ridere Sebastian.
-E poi povero imbecille, invece di salvare una damigella in difficoltá, scappi via? - Domandai, puntandogli contro un dito.
-Ed ora che significa?- Roteò gli occhi esasperato dalla mia "scherzosa" infantilitá.
-Beh se dici che "Stan non ti piace per niente", cito testualmente, non avresti dovuto lasciarmi sola, ma entrare in classe  con prepotenza e portarmi via.- Portai i miei lunghi capelli color grano, su una sola spalla.
-Smetti di leggere romanzi dragă, vedi che effetto hanno su di te?-. 
-Ti conviene togliere i coltelli dalla cucina, o mi divertirò ben presto ad usarli contro di te per il tiro al bersaglio.- Sorrisi malignamente. 
-Riguardo questo, quando troveremo del tempo per esercitarci?- Mi domandò, rendendosi conto che ormai non lo facevamo da un bel pò.
Il tiro al bersaglio, con frecce e coltelli, era ciò che io e Sebastian facevamo dall'etá di dieci anni. 
La mia grave situazione familiare, portò il mio amico a consigliarmi la difesa personale, sostenendo che sarebbe stato lui a istruirmi e prepararmi, poichè grande esperto nel campo.
Mia madre e mio padre erano separati, ma vivevano sotto lo stesso tetto per me; mio padre era solo un sudicio ubriacone violento che picchiava mia madre alla prima occasione e con qualsiasi pretesto. Lei era semplicemente sua succube, ed io me ne sentivo fin troppo responsabile, perchè ero io la causa della sua permanenza in quella casa, ero io il motivo principale del perchè mia madre non denunciasse tutto quel casino, solo per paura che gli assistenti sociali potessero portarmi via da lei. Ero sempre e solo io; e per tutto questo, mi sentii altrettanto responsabile per la sua morte, perchè lei avrebbe potuto fuggire via da quel mostro ed io lo avrei accettato ben volentieri, sapendo che comunque mia madre sarebbe stata bene, ma soprattutto sarebbe viva. 
No, lei preferí restare per me a subire tutto.  
La guardai morire lentamente, sotto i miei occhi, per mano di mio padre, che le teneva il collo talmente tanto forte che qualsiasi tentativo di ribellione da parte di mia madre parve inutile, ed io lo sapevo. Sapevo che avrei dovuto piangere, dirgli di smetterla, di difendere quella donna che amavo tanto e che mi aveva donato fino all'ultima briciola della sua anima, ma non ci riuscii, rimasi pietrificata da quella scena e mia madre, conoscendola, ringraziò il cielo per il mio non-intervento, perchè altrimenti avrebbe preso anche me. 
Quel giorno abbandonai tutto, fuggendo dalla piccola finestra della mia stanza, correndo scalza tra i prati per raggiungere casa di Sebastian il più il fretta possibile. 
Da allora, ogni minuto o secondo della giornata, era dedicato a lanciare frecce e coltelli contro gli alberi del vasto bosco dietro le nostre case. 
Ci arrampicavamo su per le colline e per le piccole montagnette rocciose scovando nascondigli adatti per le nostre attrezzature. Ormai una delle esercitazioni principali diventò quella di andare a caccia di volatili o cinghiali, di cui poi, io ed il mio migliore amico ci cibavamo, cuocendone le carni su delle braci che preparavamo la mattina stessa. 
Sebastian curò la mia tecnica, rendendola quasi sopraffina, portandomi alla più totale stanchezza fisica e mentale, ma ripetendomi continuamente che avrei dovuto farlo per non permettere a mio padre di mandare all'aria il sacrificio di mia madre. 
Tornavo a casa raramente vivendo ormai nella umile casetta dei genitori del mio amico che mi accudirono con amore, e mio padre parve non accorgersene nemmeno, data la quantitá di alcool che ingurgitava giornalmente. Sperai morisse affogato nella sua merda. La prima volta che rientrai a casa, fu solo per riprendere il corpo di mia madre che, senza alcun rispetto, giaceva ancora sul pavimento della cucina, inerme e consumato. Sebastian mi aiutò a trascinarlo fuori; portammo la sua salma tra i boschi, il più lontano possibile da quella casa, dove la seppellimmo, arrangiando una piccola croce di legno sulla quale incidemmo il suo nome. Mi aveva cambiata e, se un giorno mi fossi trovata nella situazione di dover difendermi, lo avrei ucciso io con le mie stesse mani, o coltelli. 
Affilavo tutto ogni cinque tiri, tenendomi pronta ad un'eventuale schizzo di pazzia da parte di quell'uomo. 
Giornalmente portavo, sulla tomba della mia dolce mamma, fiori di campo o quelli che Sebastian curava nel giardino della sua casa, appena raccolti; solo allora mi permettevo di piangere, di lasciarmi andare ai ricordi, togliendo i fiori appassiti, al ritmo delle dolci carezze di Seb.

Azazel - Lucifer's SonWhere stories live. Discover now