Capitolo quarantadue.

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Un altro giorno.
Ed un altro ancora.

Erano ormai passati tre giorni da quando fui sbattuta in quelle segrete, attendendo che qualcuno mi facesse uscire di lí. Per tutto quel tempo la giovane Snow aveva provveduto a farmi recapitare qualcosa da mettere sotto i denti ma, quello di cui necessitavo in quel momento era una doccia.
L'umidità impregnava i miei capelli che, di conseguenza, formarono dei nodi con cui avrei dovuto avere a che fare successivamente ed il vestito blu, era ormai sgualcito e strappato in più punti; il viso incrostato di sangue pizzicava fastidiosamente.
In quel periodo di reclusione ebbi molto tempo per riflettere ed analizzare, nella calma della solitudine, molti dei miei confusi pensieri e ciò mi permise di accettare quello che ero in grado di fare: quella era una parte di me, nonostante la natura mi fosse sconosciuta. 

"La verità attraversa sempre tre fasi: nella prima viene ridicolizzata; nella seconda ci si oppone violentemente; infine, la si accetta come ovvia." 
Schopenhauer però non aveva fatto alcun riferimento al periodo di transizione tra una fase e l'altra. Non esisteva un manuale in grado di spiegare come fosse possibile conciliare la negazione con l'accettazione e Dimithryus era lo scrigno contenente tutte le risposte alle mia domande; io però non avevo ancora trovato la chiave adatta ad aprirlo.

Erano ore che provavo e riprovavo a dare vita a quel fuoco che nasceva misteriosamente dai palmi dalle mie mani: anche una piccola scintilla sarebbe stata sufficiente a non farmi sentire come se mi fossi immaginata ogni cosa. Eppure nel profondo sapevo che tutto ciò era accaduto: il rapimento, il fuoco, l'incontro con Dimithryus nelle segrete.
Avevo visto il suo viso, avevo percepito lo squarcio di empatia che provò e, probabilmente, lo aveva fatto anche lui, motivo per cui si riguardò bene dal venire a farmi visita. Era spaventato da se stesso, tanto quanto lo ero io.  Eravamo nocivi per l'un l'altro, ci stavamo cambiando a vicenda al punto di rischiare di perdere la nostra identità, lui però aveva provveduto a prendere le distanze da me prima che le nostre anime precipitassero nell'oblio dell' autodistruzione. A me andava bene così: non avrei rinunciato a me stessa per scavare nel suo cuore e cercare qualcosa che lui aveva intenzione di tenere sepolto. 
Furono proprio queste riflessioni ad accendere quel piccolo fuoco: lo osservai  fluttuare leggero nelle mie mani posizionate a coppa, come a volerlo proteggere, incantata dal suo magico scintillare.
I miei crucci si attutirono osservandolo, e potei nitidamente sentire il suo calore scaldare la mia anima. Sorrisi di fronte a quello spettacolo che prese ad ingrandirsi sempre di più, fino a diventare una vera e propria palla incandescente: ce l'avevo fatta, tutte le emozioni, la forza, i sentimenti erano tutti concentrati in quella sfera. Per la prima volta la sentii mia, percepii il mio collegamento ad essa, il senso di appartenenza ad un disegno più grande fatto su misura per me.
Mi rimisi in piedi tentennante, per paura che la palla infuocata scivolasse via essendo che non sapevo ancora come controllarla; la sensazione che stesse provando a sfuggirmi crebbe in proporzione alla forza che questa prese ad opporre, senza che io potessi fare nulla se non provare a trattenerla ma, prima che potessi fare qualcosa, questa volò via in uno scatto repentino e violento andando ad infrangersi sulla parete di fronte, accanto alla porta.  Nello stesso istante questa si spalancò, mostrandomi l'incredulità sul viso di Admoreth che sollevò le mani in segno di resa.

-Whoa! Dannazione donna, vengo in pace!- Esclamò sorridendo sarcasticamente. -La tua mira comunque fa schifo.- Avanzò nella prigione passando una mano tra i suoi capelli corvini, prima di fronteggiarmi a braccia conserte.

-La prossima volta sarò più preparata. Magari con un po' di fortuna riuscirò a colpirti!-  Lo osservai distrattamente prima di riportare l'attenzione alle mie mani, provando a far rinascere la fiamma ormai perduta.

-In ogni caso, non sono qui per giocare a fare la lotta con te; Ci saremmo divertiti sì, ma Dimithryus vuole che tu lo raggiunga nel suo studio, le vacanze sono giunte al termine pelandrona!-  Mi porse la mano affinché lo seguissi, sbuffando di impazienza.
Senza afferrarla lo superai impettita, dirigendomi fuori da quella che era stata la mia dimora per giorni; perché non era venuto lui stesso a togliermi da quel buco?

Azazel - Lucifer's SonWhere stories live. Discover now