Capitolo diciassette.

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Dopo l'acquisto degli abiti lasciammo il negozietto, trascinandoci dietro ciascuna la propria busta.
-Ora mia cara, è rimasto solo un piccolo particolare irrisolto.- Disse Danielle pensosamente, cercando di risistemarsi la frangetta tagliata perfettamente.
-Che sarebbe?- Domandai non capendo a cosa si riferisse.
-Non abbiamo un accompagnatore Jolie. Tutte le signorine che si rispettino ne hanno uno!- Affermò ovvia, roteando gli occhi.
-Scusa tanto la mia ignoranza, ma provenendo da una misera vita fatta solo di feste tenute al college, ubriaconi e ragazze facili, dove mi sono presentata autonomamente e senza accompagnatore, non lo avevo calcolato milady!- Stetti al suo gioco, strappandole un ghigno.
-Come faremo? Potremmo invitare i gemelli Sanders...- Arricciò la bocca per sottolineare il suo disgusto.
-Non siamo così disperate Dan, preferisco andarci da sola piuttosto che presentarmi con dei perfetti idioti! - Danielle fu subito d'accordo con me.
Tornammo a casa, stremate dal freddo e dalle troppe ore a girovagare alla ricerca dell'abito, che appesi immediatamente alla gruccia presente nel mio armadio.
La giornata trascorse all'insegna della nullafacenza, intervallata da veri e propri svuotamenti di dispensa dettati dalla noia  e, l'eccitazione per il ballo che si sarebbe tenuto la sera successiva, mi accompagnò fino a che i miei occhi non cedettero alla stanchezza.

****

-Aspettami per questo pomeriggio, ci prepareremo insieme.- Cantilenò Danielle dall'altra parte della linea telefonica.
-Dragă saremo lì da te per le cinque.- 
Le conferenze telefoniche erano il nostro passatempo principale, soprattutto nelle giornate uggiose caratteristiche di Sheffield; quando vi era l'impossibilitá di riunirci, e la noia di essere rinchiusi in casa ci attanagliava, prontamente uno di noi tre chiamava gli altri e così passavamo le ore, magari commentando qualche show televisivo o sparlando scherzosamente di qualche professore. 
-No Sebastian, magari nei tuoi sogni. Io sarò da Jo per le cinque, tu passerai a prenderci per le sette e mezza.-
-Ho bisogno di qualcuno che mi ritocchi il make-up.- Si indignò Sebastian, imitando la voce di Danielle.
Proprio quando la mia amica fu in procinto di controbattere, spezzai la conversazione con un sonoro sbuffo. -Siete snervanti! Danielle da me alle cinque, non tardare; Seb vienici a prendere mezz'ora prima dell'inizio della serata, non sappiamo ancora dove sia questa tenuta.- 
-Piccole ritardatarie che dicono di non ritardare ad altre piccole ritardatarie, questo si che è significativo! Stai diventando grande piccola mia!-  Mi schernì Sebastian.
-Sei uno stronzo e anche se non puoi vedermi sappi che ti sto dedicando un bel dito medio!- Affermai sicura, portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-Te la sei cercata!- Urlò allegramente Danielle.
-Zitte, voi complottate contro di me, ma questa sera cadrete ai miei piedi; se non mi riconoscerete per via della maschera vi do un indizio: sarò il più affascinante.- Così si congedò Sebastian, chiudendo la conversazione e, poco dopo, salutai la mia amica per pranzare.
Fremetti dal desiderio che quelle poche ore che mi separavano dalla festa passassero in fretta, mentre addentavo il mio toast al formaggio, pensosamente.

Danielle fu stranamente puntuale e, aperta la porta e sbirciando fuori, ringraziai mentalmente il tempo per essere stato così clemente da averci regalato una giornata tanto limpida.
La mia amica sembrò quasi essersi trasferita da me con tutte le borse che si trascinò dietro e che avrebbero aiutato la sua preparazione, e sorrisi all'idea di averla come coinquilina, magari in un futuro prossimo.
Ci spostammo nella stanza da bagno dove, davanti al grande specchio ottagonale incassato tra le mattonelle in ceramica, iniziammo ad applicare del trucco sui nostri volti; Danielle optò per un make-up leggero, quasi nullo, poichè "il fascino non va nascosto" aveva affermato facendomi ridere, mentre io puntai molto sugli occhi, con una linea precisa di eyeliner e un bel po' di mascara, per farli risaltare nonostante la maschera che avrei indossato.
Iniziò con il piastrarsi la chioma corvina mentre, io, decisi fosse più saggio indossare prima l'abito e successivamente dedicarmi all'acconciatura. Fu davvero un'impresa ardua: il sottogonna rigido non stava fermo, dondolando sui miei fianchi ad ogni piccolo movimento; indossato il vestito blu, ebbi immense difficoltá nel far fuoriuscire la testa da quell'ammasso infinito di stoffe, asfissiandomi quasi completamente. Ritrovata la mia testa tra tulle, pizzo e merletto, goffamente, riuscii a far scivolare la veste lungo il mio corpo ed adagiarla sul sottogonna, dedicandomi poi alle stringhe di raso blu del corpetto. 
Tutta scarmigliata, mi recai nella mia stanza per osservare il risultato di tanta fatica e rimasi incantata dal mio stesso riflesso: il corsetto fasciava divinamente ogni mia singola curva e la gonna, nonostante l'impalcatura sottostante, rimaneva morbida e naturale allargandosi senza essere eccessiva; i vari diamantini che lo adornavano brillavano ad ogni movimento, spingendomi così a dondolare il mio corpo ripetutamente pur di provocare quel luccichio. 
Dopo due ore di preparazione, eravamo finalmente pronte; l'indecisione ora ricadeva sui miei capelli, a cui diedi una piega signorile fatta di numerosi boccoli morbidi e vaporosi, non sapendo se tirarli su in un'acconciatura o lasciarli liberi di ondeggiare lungo la mia schiena.
Osservandomi allo specchio con cipiglio, scorsi il riflesso di Danielle dietro di me, sorridente.
-Sì, dovresti lasciarli così.- Affermò grattandosi il mento.
La piccola ribelle dentro di me prese il sopravvento suggerendomi, invece, di acconciarli, perchè sì, ogni qualvolta chiedessi un parere a qualcuno l'istinto di fare l'esatto opposto aveva la meglio, regalandomi la soddisfazione di farmi apparire una vera stronza dispettosa.
-Credo invece che starebbero meglio su.- Mi limitai a dire, alzando l'ammasso di ricci con una mano.
-Lo sapevo.- Mi indicò Danielle, ghignando e puntandomi un dito contro.
-Sono così tanto prevedibile?- Dissi mettendo un finto broncio.
-Fin troppo amica mia, se non ti conoscessi direi che stai cercando di convincermi del contrario. Comunque, domanda dell'anno: come li tirerai su con così poche forcine?- 
-Non ne ho idea, so soltanto che mi sento una torta di compleanno in questo momento.- Sbuffai lisciandomi il vestito. -Sono ingombrante!- E, per dare sostegno alla mia tesi, feci un'ampio giro su me stessa.
-Beh, quanto meno non sembri una pesca!- Indicò se stessa, facendomi ridere. -Basta perdere tempo, raccogli quei capelli.- Ordinò passandomi delle forcine.
Dinanzi lo specchio, tirai su la mia chioma morbidamente, fermandoli con quei piccoli affari metallici e lasciando ricadere qualche boccolo qui e lì sulle spalle ed ai lati della fronte, ottenendo così un'acconciatura non troppo ordinata ma comunque elegante. Sentendola ancora troppo malferma sul mio capo e avendo terminato i ferrettini, dalla fodera contenente i miei coltelli tirai fuori il  pugnale a lama sottile, con lo zaffiro blu incastonato nell'impugnatura nera e mantenuto stabilmente fermo dai vari ghirigori che si intrecciavano ai suoi lati; l'egregio lavoro di incastonatura era frutto dell'esperienza del mio caro amico e fornitore Birmak.
Infilai il pugnale delicatamente tra i capelli, sistemandolo fino a farlo apparire come un'elegante bacchetta orientale; magari non era un oggetto consono per essere usato come fermacapelli, ma in ogni caso aveva il suo fascino, ed in teoria era la mia unica alternativa.  Infilammo guanti e maschere e fummo presto pronte, accontentandoci dei nostri soliti cappotti in mancanza di soprabiti adeguati all'eleganza dei vestiti. 
Sebastian, emblema della puntualitá, bussò alla mia porta all'orario prestabilito e, quando andai ad aprire, ritrovandomelo in quell'abito così perfetto, rimasi a bocca aperta: il taglio del suo tight grigio antracite era rigido ed il panciotto ostentava signorilitá e bellezza, il tutto completato da un cilindro di media altezza e da una maschera grigia che gli nascondeva solo gli occhi.
- Este frumos , domnule.- Dissi, facendo un leggero inchino; Danielle dietro di me rimase pietrificata alla vista di un Sebastian tanto elegante. Davvero sorprendente.
-Mi meravigli, dragă! Non era da disagiati parlare la nostra lingua madre qui?- Domandò, compiendo un baciamano senza però staccare gli occhi dai miei, facendo poi la stessa cosa con Dan.

Ci affrettammo verso l'auto, intuendo poi la difficoltá che avrei dovuto affrontare per salirci a bordo a causa del vestito. Il sole era ormai quasi tramontato, nascondendosi dietro le case e dietro i vari alberi piantati qui e lì in giro per la cittá; tutto aveva assunto una sfumatura aranciata e tirai un profondo respiro per beneficiare dell' aria salubre di quella sera. 
Ci perdemmo diverse volte per le vie della cittá, chiedendo informazioni ai passanti che, gentilmente, ci informarono che la tenuta Bradford era situata a poca distanza dal confine. Eravamo palesemente in ritardo, non che fosse una novitá nella mia vita, ma l'invito via mail era stato ben preciso nello specificare quanto i ritardatari non fossero ben accetti, ma rimanemmo comunque positivi canticchiando di tanto in tanto le canzoni che passavano in radio.
-Eccola!- Urlò Danielle, saltando sul sedile posteriore e spalmandosi sul finestrino.
Mi girai e vidi l'enorme tenuta che si ergeva, possente, su quelli che non potevano che essere 4 ettari di terreno ricoperto interamente da prato inglese, sapientemente curato; tutta la struttura era completamente illuminata come dall'interno così all'esterno, rendendo ben visibili le due immense scalinate che conducevano alla porta d'ingresso. Tutto era circondato da un'infinita cancellata tirata a lucido, da cui partiva un viottolo precisamente disegnato e cementato ed il bosco, alle spalle della tenuta, era racchiuso nell'infinta cancellata classificandolo come parte della proprietá.
Sebastian parcheggiò in fila alle numerose macchine, all'esterno, e ci aiutò a scendere dall'auto.
Suonammo ripetutamente il campanello dell'inferriata, ma non giunse alcuna risposta, conferma del fatto che la festa fosse giá iniziata; non che fosse necessaria una dimostrazione di ciò, visto che la melodiosa musica arrivò nitida alle nostre orecchie, nonostante la vastitá del posto.
-Vi prego ditemi che non mi sono infilato a forza in questo vestito per poi passare la serata qui fuori!- Si lamentò Seb, suonando ancora una volta e, con uno scatto, il cancello si aprì. 
Alzai distrattamente le spalle ed avanzai per il viottolo seguita a ruota dai miei amici che, silenziosi, mi affiancarono.

Azazel - Lucifer's SonWhere stories live. Discover now