Capitolo sei.

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Quella serata, per la gioia dei miei piedi e della mia testa, giunse al termine.
Non vidi più Dimithryus e la sua compagna poichè cercai di evitarli, per le ore successive, come la peste, coperta tra l'altro da Sebastian che non pose alcun tipo di domanda; di questo gli fui davvero grata.

Non sapevo come sentirmi al riguardo, non conoscevo la natura di quelle sensazioni che, quell'uomo dall'aura così tetra e misteriosa, scaturiva in me.
Tornata a casa non ebbi la forza di cambiare la mia mise, che crollai sul letto in un sonno profondo; ed il resto del fine settimana passò così, con me che portavo a termine i miei turni lavorativi e tornavo a casa, talmente tanto distrutta, da non avere neanche la forza di pensare. In realtá ad una cosa pensai costantemente: non lo vidi più al locale e questo destò in me delusione e amarezza, perchè sì, avrei voluto rivederlo. Era totalmente insano ed errato, ma quell'aura di stranezza mi attirava talmente tanto a se chiedendomi di rivelarla, che quasi mi convinsi che la deviazione che stavano prendendo i miei pensieri non fosse poi così tanto ingiusta. Ma lo era, e me ne resi conto il lunedì, che arrivò fin troppo in fretta, e si presentò attraverso i primi raggi solari mattutini che, filtrando dalla finestra posta al lato del mio letto, mi colpirono in pieno viso.

Stranamente quella fu una delle poche giornate soleggiate che ebbi il piacere di assaporare da quando mi trasferii a Sheffield, così il mio risveglio si trasformò in qualcosa di più accettabile.
Balzai giù dal letto, promettendo a me stessa che sarei dovuta diventare una persona più puntuale; ecco, uno dei miei più grandi difetti era proprio quello di essere una grande ritardataria: se avessero attribuito un premio per il maggior numero di ritardi, nell'arco di una settimana, quello sarebbe spettato a me e lo avrei rivendicato con le unghia e con i denti, non prima però di aver ritardato anche alla premiazione.
Sorrisi a quel pensiero, recandomi verso il bagno e scrivendo un messaggio a Sebastian.

A: Sebastian:
"Ti prego dimmi che sei proprio qui fuori con un cappuccino gigante e un pacco di biscotti. Ti sposerei."
DA: Sebastian:
"Sono quasi da te, sono in macchina. Ho il cappuccino gigante, ma non ho i biscotti. Vuoi sposarmi lo stesso? Accetto anche di fare la pazzia di partire per Las Vegas e sposarci in giornata."
A: Sebastian:
"Non ti sposo! Muoviti, sei in ritardo!"

Ridacchiai, rispondendo di tanto in tanto ai messaggi del mio amico mentre mi apprestavo a prepararmi.
Quel giorno mi parve talmente tanto pimaverile, forse anche troppo per essere in Gennaio, che decisi di vestirmi prettamente di azzurro. Fu un'abitudine tramandatami da mio nonno: il tempo è diverso ogni giorno, ogni giorno è diverso dall'altro, ma entrambi hanno dei colori specifici; bisogna comprendere quei colori ed immedesimarcisi, vestirsi di quei colori e farli propri. Così da allora, per ogni giorno, usai dei colori sempre diversi, entrando quasi in simbiosi con ciò che mi circondava; era strano a dirsi ma da quella chiacchierata con mio nonno anche il mio umore acquisì l'abitudine di entrare in simbiosi con il tempo, influendone sia positivamente che negativamente, ma in entrambi i casi a me andava più che bene.
Arrivato Sebastian mi precipitai subito fuori, raggiungendo la sua auto e strappadogli di mano la mia dose quotidiana di caffeina. A quel gesto lui non potè fare altro che sorridermi, poggiando la sua mano sulla parte bassa della mia schiena per condurmi al posto del passeggero.
Sorrisi a mia volta, sorseggiando il cappuccino e spostando una ciocca di capelli che ricadde sul mio viso.

Raggiungemmo in fretta il college e di conseguenza corremmo per raggiungere la nostra classe, ed assistere alla prima ora di lezione di quella giornata: Mitologia, materia sostenuta dalla professoressa Hardin, seguita poi da Stregoneria fitoterapeutica sempre con la stessa insegnante.

-Buongiorno stellina- Urlò letteralmente Danielle vedendomi prendere posto al suo fianco e affibbiandomi uno dei suoi soliti nomignoli; perchè era questo che faceva, associava ogni cosa o persona a nomi continuamente diversi, inventandone anche di nuovi di tanto in tanto.

Azazel - Lucifer's SonWhere stories live. Discover now