Capitolo trentaquattro.

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L'indomani nessuno venne a chiamarmi per la colazione; la tenuta sembrava deserta ed il solito rumore mattutino, di piatti che cozzano tra loro, era del tutto assente.
Decisi dunque di prendermi un po' di tempo per darmi una sistemata, considerando che negli ultimi tempi vagavo per quelle ampie sale come un gatto tra le tigri. In realtà non mi importava più di tanto essere alla loro altezza, ma avevo bisogno di darmi un tono per semplice soddisfazione personale; era anche certo che non avrei mai indossato quei sadici abiti, il mio ideale di outfit consisteva in degli anfibi, una semplice felpa e dei leggins.
Girovagai fischiettando per tutta la proprietà, rendendomi effettivamente conto di come fosse priva di vita; neanche la domestica sembrava esserci e, dunque, pensai bene che fosse il momento di agire.
Avrei dovuto trovare un modo per entrare nella sala lettura e, per farlo, ero certa di dover iniziare le mie ricerche nell'ufficio di Dimithryus.
Ero dannatamente terrorizzata perché sapevo di star avvenendo a tutte le regole che mi erano state imposte e, conoscendomi, sapevo anche che non avrei fatto nulla di simile se non ne andasse della mia stessa vita.
Avanzai silenziosamente verso la stanza proibita acquattandomi lungo il muro come se, nel caso in cui fossi stata vista, avrei potuto essere risucchiata dallo stesso. Ero un'idiota. Risi silenziosamente di me stessa e dei miei pensieri: -smettila Jolie!- mi dissi, proseguendo in quel piano alquanto discutibile, e lanciando occhiate circospette di tanto in tanto. Non notai la presenza di nessun altro, cosí, molto velocemente tanto quanto silenziosamente, aprii quella porta che ormai Dimithryus non chiudeva più a chiave. Le mie supposizioni al riguardo furono due: o lui non aveva nulla da nascondere li dentro oppure, più probabilmente, era un pallone gonfiato troppo sicuro del fatto che me ne sarei stata buona solo perchè era stato lui ad imporlo.
L'odore di fumo e fuliggine serpeggiava  ancora nella stanza, indice che l'ardere del fuoco era stato domato e spento qualche minuto prima.
Aprii il primo cassetto che provocò uno stridio insopportabile trovandovi solo carte inutili, numeri di telefono scritti su pezzetti di carta sparpagliati in modo del tutto casuale e fermaglietti; il secondo cassetto non fu tanto diverso: vari quotidiani erano ordinatamente sovrapposti in ordine cronologico, affiancati ad una piccola agendina di cuoio nero. La presi e, slacciando la piccola stringa consumata, potei notare codici in una lingua sconosciuta affiancati da rappresentazioni di piante di varie specie e, annotazioni segnate ai margini della pagina spiegavano il significato di alcuni termini: era uno studio incompleto sul Manoscritto Voynich, uno dei più grandi dilemmi della storia della stregoneria fitoterapeutica; probabilmente la professoressa Hardin, vedendolo, ne sarebbe rimasta esterrefatta ed estasiata.
Niente, quei cassetti contenevano il nulla.
-Pensa Jolie, - sussurrai -se dovessi nascondere qualcosa dove lo faresti?-
Ci riflettei  su qualche minuto prima di arrivare alla solita e scontata conclusione: le cose ben celate si trovano proprio in bella mostra. Mi osservai intorno attentamente, e loro erano li, appese sulla punta dell'attizzatoio accanto al camino; il grosso mazzo di chiavi ciondolava indisturbato, confondendosi tra le varie punte di ferro. Dovetti ammettere che fu una trovata geniale la sua, anche se un po' un cliché.
Le afferrai delicatamente per evitare che, il loro scontarsi, producesse quel tintinnio facilmente riconducibile ad esse; sfilai con accurata attenzione la chiave della biblioteca, riponendola nella manica della felpa, e risistemai il mazzo al loro posto. Non avrebbe avuto senso entrare in possesso di tutta quella ferraglia non sapendo a quali porte potessero ricollocarsi e poi speravo segretamente che, la scomparsa di una sola di quelle chiavi, potesse passare inosservata.
Feci per andarmene quando, sbirciando attraverso la porta, impallidii alla vista di Snow immobile di fronte a me; il suo viso terrorizzato chiarí bene la sua posizione: si trovava in quel sottile limbo tra l'urlare al ladro e l'omertà assoluta pur di non assumersi la colpa della sua ingenua disattenzione.
Sgusciai  fuori, richiudendo la porta alle mie spalle, suggerendo alla domestica di mantenere il silenzio portando l'indice a contatto con le mie labbra per poi scappare via. Non accennò alcun movimento, restó impietrita, osservandomi fuggire, come se fossi una schizofrenica in procinto di abbandonare un manicomio.
Raggiunsi il più rapidamente possibile la sala lettura, consapevole che mi sarebbe rimasto ben poco tempo da spendere nelle mie ricerche; raccattai quanti più libri possibile, cercando attentamente tra le varie sezioni, creando cosí un bel bottino d'informazioni. Con assoluta discrezione tornai nello studio di Dimithryus per poter ricollocare la chiave al suo posto e cederla nuovamente al suo proprietario.
I tomi erano macigni impolverati tra le mie braccia ormai intorpidite dal loro peso e, una volta ritornata nella mia stanza, lasciai che rimbalzassero sul morbido materasso.
Ce l'avevo fatta. La mia prima, vera, mossa sulla scacchiera era appena andata a segno ed ora la mia mente aveva solo bisogno di incentrarsi sulla catalogazione dei punti da ricercare ed esaminare per venire a capo di tutta la faccenda. Avrei agito per vie traverse, vie invisibili a quell'uomo che mi aveva resa prigioniera e le cui doti nascondevano ben più che dei semplici casi fortuiti. Lui era qualcosa, ed io avrei scoperto cosa.

Azazel - Lucifer's SonWhere stories live. Discover now