Capitolo quattordici.

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Danielle sembrò preparatissima, fu talmente tanto sicura di sè che riuscì a rispondere a tutte le domande che le furono poste.
Fui soddisfatta della sua performance e glielo dimostrai donandole un sorriso spiccato, durante il suo ritorno al posto accanto al mio. 
-È così che dovrebbero andare le vostre interrogazioni ma voi, ovviamente, vi sentite talmente tanto in alto da evitare lo studio come la peste. Vorrei poter godere di un altro spettacolo come questo, come le pare signorina Vladă?- domandò interrompendo i complimenti che stavo rivolgendo alla mia amica.
Mi gelai sul posto. Raddrizzai la schiena, arrovellandomi il cervello per trovare una possibile scappatoia, ma le soluzioni erano due: scappare o evaporare.
Passai la mano tra i miei capelli mettendoli in ordine, in cerca di un po' di dignitá, la stessa che avrei perso di lì a pochi minuti. 
-Non ho steso nessuna relazione, professore.- Affermai chiudendo gli occhi per un secondo, in attesa del colpo di grazia.
-Bene, ovviamente, come immaginavo. Ci vediamo al termine delle lezioni.- Non mi guardò neanche per sbaglio, mentre pronunciò quella frase, ma la cosa che probabilmente mi ferì di più fu la sicurezza che ebbe riguardo la mia inadempienza. Era così sicuro che non avrei consegnato il compito? Credeva forse che la mia presenza lì fosse utile solo come scalda sedia? Ero una delle migliori alunne nel suo corso.
Ero ferita, ma non abbassai lo sguardo. 
Sperai solo nel ritorno del nostro vecchio professore.
Sebastian mi indirizzò uno sguardo compassionevole, avendo capito che la mia relazione era stata ceduta, per giusta causa, a Danielle. 
Mi innervosii ulteriormente perchè il mio migliore amico avrebbe dovuto essere arrabbiato tanto quanto lo ero io in quel momento, ed invece sul suo volto c'era soltanto pena, per me. 
Io non volevo la pena e la comprensione di nessuno, avevo solo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a cambiare i deliziosi connotati di Stan. 
Pensando al modo di rovinare quel suo bel faccino, considerando ovviamente che sarebbe stato un gran peccato compromettere irreparabilmente tanta bellezza, le lezioni giunsero al termine ed io rimasi al mio posto mentre i miei compagni abbandonavano l'aula, accalcandosi gli uni sugli altri.
Rimanemmo io e Stan, ancora una volta, soli.
Fu proprio lui ad iniziare la discussione.
-Non farò finta di non sapere che il compito di Danielle, in realtá, fosse il tuo.- 
Colpita e affondata. 
-Mi prendo la libertá di darti del tu, ovviamente. Ti assicuro, in ogni caso, che questi atti "eroici" non ti porteranno di certo alla promozione, ed il fatto che io sappia che in realtá hai ceduto il tuo compito ad un'amica in difficoltá non fará in modo che possa premiarti. Non ti aiuterò.- Concluse, confondendomi un po'.
-Non voglio essere aiutata, odio la pietá.- Dirignai i denti, non capendo perchè quel giorno tutti credessero che avessi bisogno di comprensione.
-Molto bene Jolie, facciamo progressi vedo.- Accennò un'espressione soddisfatta. - Devi capire che aiutare gli altri non fa altro che affondare te.- 
-È alquanto egoistico tutto ciò, io non sono così.- Incrociai le braccia al petto, sperando che questo gesto esprimesse bene la mia chiusura a quell'argomento.
-L'egoismo è alla base della natura umana, naiv. Pensa all'Era Preistorica, l'uomo ha scoperto il fuoco e l'ha usato per scaldarsi e per cucinare, spesso provocando grandi incendi. Il giorno successivo l'ha riutilizzato, anche quello dopo, e quello dopo  ancora e, dopo un anno, era ancora lí a farne uso, ben sapendo che questo potesse provocare la morte di molte specie e gravi disboscamenti. Senza quell'egoismo, però, non ci saremmo riprodotti ed ora non saremmo qui a parlarne.- Ultimò.
-Beh per fortuna io non ho da accendere nessun fuoco.- La tonalitá della mia voce aumentò ad ogni sillaba pronunciata. -Non sono egoista e se questo vuol dire che verrò bocciata nella sua materia, si accomodi pure, lo faccia, mi bocci, perchè tanto non cambierá ciò che sono.- Sbattei la mano sul banco alzandomi in piedi, raccolsi le mie cose e a grandi falcate abbandonai l'aula.
Dal suo arrivo non aveva fatto altro che punzecchiarmi, cercando di farmi cedere alle sue provocazioni e, anche se il voler discutere fosse ben lontano da me, ero sul punto di esplodere.
Quell'uomo era un enigma impossibile, e le mezze frasi incomprensibili erano la sua specialità.

Tornata a casa, ricevetti numerose chiamate da parte di Sebastian, e la mia unica risposta fu quella di far scattare la segreteria.
Mi rifiutai parecchie volte di ascoltare i messaggi lasciati dal mio amico, per una questione di principio, finchè non mi decisi a premere il bottone nero accompagnato dalla lucetta rossa.
"Dio Jolie, smettila di fare la bambina! So che sei lì, quando ti deciderai ad alzare quella maledetta cornetta? Sto provando anche al cellulare! Sei dannatamente infantile! Smetterò di chiamare e tu non saprai mai cosa avevo in mente per oggi. Ciao dragă." 
Il "bip" che ne seguì segnalò la fine del messaggio, ma a differenza di quanto aveva detto, Sebastian provò a chiamarmi più e più volte in attesa di una mia risposta.
Alla centesima chiamata, stufa di sentire quel fastidiosissimo trillo perforarmi i timpani, risposi conscia che avrei ricevuto una bella strigliata.
-Finalmente copil!! Non credo ci possa essere qualcuno più testardo di te. Giuro che stavo per mollare.- Affermò, e potei immaginarmelo passarsi nervosamente la mano tra i capelli.
-Avresti dovuto farlo al primo tentativo tâmpit!! Ora, velocemente te ne prego, dimmi cosa vuoi.- Roteai gli occhi, quasi come se lui potesse vedermi e comprendere la mia frustrazione.
-Innanzi tutto voglio sapere il motivo del tuo comportamento di oggi, Jo.- Breve e diretto.
-Non lo so Seb, non riesco a spiegarti. Non ero in me. Sembrava la giornata della felice compassione! Ho urlato contro Stan, credo proprio che mi boccerá.-  Perchè sì, era vero, non seppi proprio dare una spiegazione a quell'ira ingiustificata che provai in quel momento; fu come se una piccola fiammella dentro di me si fosse accesa causando un'esplosione nucleare, capace di incendiarmi  totalmente.
Mi ero da sempre ritenuta una tipa abbastanza calma, forse un po' esuberante sì, ma calma; non mi arrabbiavo mai facilmente e per la maggiore cercavo di essere sempre la buon'amica di quei pochi con cui avevo rapporti. In realtá mi sembrò come se una mia indole nascosta cercasse di venir fuori, presentandosi fastidiosamente come la parte peggiore di me. Ora quella fiammella era dormiente, ma sempre lì pronta a scattare; mi sarebbe servita una bella secchiata di acqua gelida per spegnerla.
-Come? Chi sei tu? Che ne hai fatto della mia amica? Ti prego dimmi che sta bene.- Disse Sebastian fingendosi preoccupato.
-Smettila!- Ghignai. -Ho pensato seriamente come starebbe Stan con il naso rotto.- 
-Non ti saprei davvero dire, ma tu con una bocciatura non staresti bene per niente!- 
-Sei davvero di conforto, ricordami di non confidarmi con te la prossima volta e di cercarmi un nuovo migliore amico. Ora dimmi, cosa avevi in mente per oggi?- Sviai l'argomento.
-Prepara la divisa guerriera, oggi lanciamo!-  Affermò entusiasta.
-Oh sì! Ne ho letteralmente bisogno!- Sorrisi, pensando che effettivamente mi mancava provare le scariche di adrenalina causate dal tiro al bersaglio.
Non era l'atto di lanciare coltelli in sè ad elettrizzarmi, ma quei pochi secondi di suspance che mi separavano dal sapere se il mio tiro sarebbe andato a segno o meno. Era il brivido della perfezione.
Io non lo avrei mai considerato un vero e proprio sport perchè, la mia passione per i coltelli, nacque con l'istinto di sopravvivenza; per me, dunque, sarebbe sempre stato un modo per proteggere me stessa da qualsiasi eventualitá.
-Bingo! Ne ero sicuro! Preparati dolcezza passo a prenderti tra un po'. Premessa: niente locali,  andremo al bosco Epping.- Non mi diede il tempo di confermare che riattaccò.

Indossai la mia tuta nera, intera e rinforzata, adatta al tiro, e legai i capelli in uno chignon poco ordinato. 
Aprii l'armadio e ne tirai fuori una custodia scamosciata, contenente tutta la mia collezione di coltelli; ne avevo molti di ogni tipo: dai più classici ai più eleganti, da quelli di scarso valore a quelli in argento lavorato, tutti precisamente sistemati in ordine di importanza. L'ultimo coltello della fila era il più prezioso, con il manico ricavato da un tiglio millenario situato a Steinfurt in Germania, conosciuto anche come "albero della danza", la lama in oro puro era sottile e lunga 20cm; per me, però, il valore derivava dallo zaffiro blu, ricavato da una delle collane di mia madre, incastonato tra le varie venature del manico e contornato da intagli eleganti che donavano all'oggetto classe, raffinatezza e signorilitá.
Tra la moltitudine scelsi i più logori e li sistemai nella mia bisaccia assieme al mio telo da bagno, infilai il cappotto e, proprio mentre ero alle prese con i vari bottoni, suonò il campanello.
Andai ad aprire sistemandomi la borsa su una spalla.





Azazel - Lucifer's SonWhere stories live. Discover now